Un Fabio Paratici in attesa di un riconoscimento formale e concreto esterna, con dichiarazioni studiate e condivise, che ne sarà di questa Juventus alla deriva che, in appena due settimane, si è sgretolata. Fiducia, progetto, programmazione: sono i concetti espressi, nelle modalità note, dal dirigente al quale il presidente Andrea Agnelli ha affidato l’arduo mestiere del costruttore, alla ricerca di un’identità che stenta a essere tangibile, riconoscibile.
La Juventus si sgretola contro il Benevento
La macchina perfetta è quanto di più distante da quella compagine messa in campo da Andrea Pirlo, il predestinato, il prescelto e addirittura per alcuni l’uomo solo al comando, stretto da una dirigenza imperfetta e da una presidenza impegnata su questioni distanti dal campo. Così dopo l’eliminazione dalla Champions, che ha la sua centralità anche a livello finanziario, ecco che il Benevento trionfa a Torino come mai prima e suggella una spaccatura, una crisi che il più preparato sul fronte della comunicazione non può e non deve negare.
Incertezza e precarietà: i mali di questa Juve
Non si può negare l’incertezza che trapela dalle parole di paratici, anch’egli davvero incerto, e sul futuro di Pirlo e sul futuro di questa squadra che potrebbe ritrovarsi Ronaldo centrista eppure privata del suo riferimento e non solo di gioco. Cristiano non è un giocatore che, a 36 anni, può dirsi immancabile per questa Juventus: la decisione di rimanere o al contrario di partire sarà solo sua, a prescindere dalle conseguenze contrattuali che ne verranno.
Una constatazione che non riguarda solo CR7: i contratti in trattativa, a partire da quello che lega Paulo Dybala al club degli Agnelli, dovranno essere chiusi e i contatti tramutati in concrete operazioni di rinforzi. Acquisti e cessioni che – attendono presidente e tifosi – abbiano quel quid, quel valore aggiunto per rendere in campo con Pirlo o con chiunque altro.
La fiducia che non c’è, almeno per ora
Il termine che riecheggia, con una reiterazione che stupisce non poco, è fiducia: nel progetto, in Pirlo, nei singoli. Eppure la storia, che insegna ma che si stenta a ricordare con il giusto tempismo, indurrebbe a mostrarsi diffidenti e ad aspettare i risultati, almeno in campionato per ribadire e confermare ruoli e obiettivi.
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