La Juve e Massimiliano Allegri sono legati da un contratto fino al 30 giugno 2025 ma, per quanto la qualificazione alla prossima edizione della Champions League sia l’obiettivo stagionale dei bianconeri, la sconfitta nella sfida scudetto contro l’Inter non è stata affatto indolore.
Per capire quanto fosse bruciante è bastato vedere il volto di Allegri, carico di delusione, in diretta tv al termine del match a San Siro con i nerazzurri. Max per primo trasudava la consapevolezza di aver creato e deluso, suo malgrado, le aspettative.
- Juve, Allegri e il "corto muso" che non convince più
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Juve, Allegri e il “corto muso” che non convince più
Da una parte c’è l’oggettiva importanza di garantirsi partecipazione e gli introiti della massima competizione europea, dall’altra l’attitudine a vincere della Vecchia Signora che mal si sposa con l’avere pazienza prima di riuscirci. Arrivati al dunque, più che quanto fatto è diventato centrale quanto non si potrebbe riuscire a fare e le dichiarazioni di Allegri sono state passate al setaccio nella compulsiva ricerca di un segnale di debolezza mentale, non compatibile con l’universo Juve: “Ho pensato di giocare Chiesa e Yildiz insieme, ma Federico si è allenato solo due volte e mi sembrava un rischio”. Apriti cielo. Il futuro di Allegri torna a essere un rebus.
Inter favorita, ma alla Juve vincere è l’unica cosa che conta
Chi ha tempo non aspetti tempo e poco conta l’aver rimarcato come l’Inter sia a questo punto di maturità e forza avendo costruito negli anni uno degli organici più forti d’Europa. La linea di comunicazione basata sul ribadire che gli uomini di Inzaghi sono favoriti per lo scudetto, un dato che i numeri confermano essere oggettivo, ha retto fin quando non è arrivata la resa dei conti. La battuta d’arresto ha messo per la prima volta la Juve di fronte alla dura realtà di non essere realmente artefici del proprio destino. Difficile da tollerare in un club in cui “vincere è l’unica cosa che conta”.
Juve, idea Thiago Motta
Le squalifiche di Fagioli e Pogba, gli acciacchi di Chiesa, e le vicissitudini extra calcistiche che l’allenatore ha dovuto affrontare nella scorsa stagione passano in secondo piano di fronte alla dura legge del calcio: l’allenatore è sempre il primo a pagare se non ottiene i risultati sperati. Chi elogiava il “corto muso” oggi imputa ad Allegri di essere troppo legato al risultato per poter garantire alla Juve un salto di qualità tale da consentirle di essere al passo coi tempi rispetto a una nuova leva di allenatori che abbinano il bel gioco ai successi. Thiago Motta sarebbe così più di una semplice suggestione. La Juve ci starebbe pensando e, paradossalmente, ad Allegri potrebbe non bastare tagliare lo striscione del traguardo prefissato.