Doveva essere una trasferta, s’è trasformata in un incubo, con la Nazionale della Nigeria bloccata all’aeroporto di Al Abraq, in Libia, tenuta letteralmente segregata all’interno dello scalo dai poliziotti del paese nordafricano a presidio delle uscite. Sta facendo scalpore e provocando un mare di polemiche, naturalmente, la clamorosa “Odissea” delle Super Eagles, come sono soprannominati i calciatori della Nigeria, che martedì dovrebbero giocare contro la Libia per le qualificazioni alla Coppa d’Africa 2025. Ma il condizionale è d’obbligo.
- Nigeria bloccata in Libia: la denuncia di Troost-Ekong
- Lookman, Okoye e Dele-Bashiru "prigionieri" in aeroporto
- Osimhen furibondo: ma l'ex bomber del Napoli non è in Libia
- La Nigeria: "Non giochiamo". Al massimo, in un paese neutrale
Nigeria bloccata in Libia: la denuncia di Troost-Ekong
Già, perché capitan Troost-Ekong e compagni minacciano di non scendere in campo, in segno di protesta per il trattamento ricevuto. La gara è in programma alle 18 del 15 ottobre a Benina, venti chilometri da Bengasi. E proprio nell’aeroporto della città della Cirenaica era atteso l’aereo della Nigeria. Come riportato dallo stesso Troost-Ekong, ex Udinese, sui social, il volo è stato però dirottato. “Quando abbiamo iniziato la discesa, ci hanno dirottato su un altro aeroporto: è stata una decisione delle autorità locali”.
I calciatori della Nazionale nigeriana sono stati fatti atterrare ad Al Abraq, a più di 200 chilometri da Benina. E tenuti letteralmente prigionieri all’interno dell’aeroporto, dove hanno trascorso la notte in condizioni di fortuna, guardati a vista dagli agenti e sprovvisti di cibo e acqua. “Il pilota del nostro volo, tunisino, è uscito e tornato diverse ore dopo”, ha aggiunto Troost-Ekong. “Gli è stato detto che in tutti gli hotel vicini avrebbero accettato solo lui e nessun altro, nemmeno gli altri membri dell’equipaggio, nigeriani”.
Lookman, Okoye e Dele-Bashiru “prigionieri” in aeroporto
Tra i “prigionieri” tre calciatori che militano in squadre di Serie A: Lookman dell’Atalanta, Okoye dell’Udinese e Dele-Bashiru della Lazio, autore del gol che ha deciso il match d’andata venerdì scorso: 1-0. E proprio alle ruggini della partita d’andata sembrano essere legate le “ritorsioni” contro i nigeriani in Libia. La scorsa settimana, infatti, erano stati i nordafricani a lamentare difficoltà logistiche, tra cui bus senza aria condizionata e spostamenti difficoltosi. Il capitano Faisal Al-Badri aveva accusato la Federcalcio nigeriana di “cattivo trattamento”.
Per i media libici, però, il blocco della squadra avversaria in un altro aeroporto, diverso da quello concordato in origine, sarebbe stato imposto da alcuni problemi coi passaporti, oltre che dall’assenza di un autobus in grado di trasportare i calciatori a Benina. Inoltre, lo scalo di Bengasi sarebbe stato “congestionato” dall’arrivo delle Nazionali di Ghana e Sud Sudan, pure impegnate in un match di qualificazione alla Coppa d’Africa.
Osimhen furibondo: ma l’ex bomber del Napoli non è in Libia
In difesa dei compagni e della sua Nazionale si è lanciato Victor Osimhen. L’ex centravanti del Napoli, oggi in prestito al Galatasaray, non è stato convocato ma ha tuonato su Instagram. “Sono deluso dal trattamento ingiusto che i miei fratelli e i miei allenatori hanno subito ieri sera all’aeroporto in Libia. Tali azioni vanno contro lo spirito sportivo. Il mio sostegno va ala squadra, so che saranno forti nonostante questi ostacoli”.
E ancora: “Chiedo alla CAF e alle altre autorità calcistiche di intervenire, perché i miei compagni di squadra e i funzionari sono ancora bloccati all’aeroporto in Libia. È inaccettabile e disumano. Rimaniamo uniti, più forti che mai”. Poi Osimhen ha pubblicato una seconda story, in cui ha definito i compagni “ostaggi” della Libia: “Questo tentativo della FA libica non è più solo un ritardo, è una tattica intenzionale per indebolire e rovinare il morale dei giocatori, e sta iniziando ad assomigliare di più a una situazione di ostaggi”.
La Nigeria: “Non giochiamo”. Al massimo, in un paese neutrale
“La sicurezza e il benessere dei miei compagni di squadra e di tutto lo staff della squadra sono le cose più importanti in questo momento”, ha aggiunto Osimhen. “Il nostro capitano ha detto che non giocheremo la partita e io lo sostengo pienamente, a meno che la partita non venga giocata in campo neutro. I miei fratelli e l’allenatore devono tornare a casa sani e salvi, non siamo criminali o prigionieri”.
Anche Osimhen, infatti, ha vissuto un’esperienza simile quando militava nelle giovanili: “Posso immaginare quanto si debbano sentire male in questo momento, dato che ho avuto un’esperienza simile durante i miei giorni nell’Under-17. Questo è totalmente ingiusto e straziante. Ancora una volta, invito la CAF, il governo nigeriano e le altre autorità competenti ad agire rapidamente e a garantire il loro ritorno in sicurezza”.