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Reggiana, Portanova: proteste delle femministe al primo allenamento

Non inizia bene la nuova avventura dell'ex centrocampista della Juve. Che, in attesa dei prossimi gradi di giudizio, riceve il via libera per giocare

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Alessio Raicaldo

Alessio Raicaldo

Sport Specialist

Un figlio che si chiama Diego e la tesi di laurea sugli stadi di proprietà in Italia. Il calcio quale filo conduttore irrinunciabile tra passione e professione. Per Virgilio Sport indaga, approfondisce e scandaglia l'universo mondo dello sport per antonomasia

Fin da ragazzo Manolo Portanova è sempre stato considerato un talento. Una promessa, per certi versi inespressa, del nostro calcio. Sulle qualità del figlio d’arte, suo padre Daniele è stato un difensore con trascorsi anche in Serie A, ci aveva scommesso la Juventus con la Next Gen fino a farlo esordire pure in massima categoria. Dopodiché i bianconeri lo hanno ceduto al Genoa per una cifra vicina ai 10 milioni di euro trasformandolo in materiale da plusvalenza. Ma negli ultimi tempi, più che per le gesta in campo, il centrocampista è entrato nelle cronache per questioni che nulla hanno a che vedere col rettangolo di gioco.

Il passaggio alla Reggiana e il via libera: Portanova può giocare

Manolo Portanova è stato condannato in primo grado a 6 anni per violenza sessuale di gruppo. Per tale motivo era stato chiesto il deferimento, con conseguente blocco dell’attività agonistica. Una richiesta pervenuta dal Procuratore nazionale dello sport che però è stata respinta dal Tribunale federale nazionale, presieduto da Carlo Sica, che ne ha dichiarato il difetto di giurisdizione.

Al giocatore era stata contestata la violazione dell’articolo 4 comma 1 del Codice di giustizia sportiva. Insomma, allo stato attuale la sua carriera potrà proseguire. Non al Genoa, dal momento che il club ligure già dallo scorso 18 luglio aveva deciso di mandarlo in prestito alla Reggiana, neopromossa in Serie B.

La reazione delle femministe e il silenzio assordante del club

La notizia già in un primo momento non era stata ben accolta dalla piazza emiliana. Ma dalle polemiche in queste ore si è passati ai fatti, con la contestazione messa in moto dalle attiviste al centro d’allenamento del club per contestare questo trasferimento.

“Ci aspettavamo questo giudizio da parte del garante – ha detto Carla Ruffini in qualità di portavoce della protesta -, la giustizia sportiva non esiste. Lo stesso Coni aveva assolto cinque giocatori che avevano commesso un reato analogo, stupro di gruppo. Doveva essere la società a decidere e le istituzioni a farla recedere, invece niente. Siamo arrabbiati anche con gli sponsor, aziende che spesso sostengono cause civili ma in questo caso non hanno detto una parola“.

Al campo erano presenti anche tifosi del team granata, che non hanno però avuto contatti con le femministe. Che ce l’hanno soprattutto con la società, per quello che viene definito come un oltraggio alla città intera.

La difesa dell’avvocato del calciatore che non placano le proteste

Della vicenda ha parlato anche il legale del calciatore: “La decisione del Tfn significa che il tribunale non ha giurisdizione su un fatto che non riguarda la sfera sportiva“, ha spiegato l’avvocato Gabriele Bordoni -. “Il processo sportivo è finito e Manolo può andare tranquillamente in campo con la sua nuova squadra“.

Dichiarazioni che naturalmente non sono servite a placare gli animi delle donne appartenenti alle associazioni ‘NonDaSola’ e ‘Non una di meno’ che sono intervenute per ottenere giustizia. Anche se ci hanno tenuto a precisare: “Siamo garantiste anche noi, tutt’altro che giustizialiste e forcaiole, però in questo caso un giudizio c’è già stato e il calciatore è colpevole fino a prova contraria. Poi magari arriverà qualche altro giudizio a dimostrarlo innocente, ma oggi non dovrebbe calcare i campi. O volete dire che giudice e giuria sono stati infami?”.

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