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Rivera: "Porto il Milan alla Corte di Giustizia per i cimeli del museo di San Siro. E chiamo pure Mazzola"

Gianni Rivera non molla nella querelle sui suoi cimeli esposti a pagamento nel museo di San Siro: l'ex Golden Boy pronto a portare il Milan davanti alla Corte europea.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

Non è finita con la recente sentenza della Corte di Cassazione la vicenda che ha visto contrapposti Gianni Rivera e il Milan a proposito dell’esposizione dei cimeli dell’ex Golden Boy nel museo di San Siro. L’Abatino, come lo soprannominava il grande Gianni Brera, ha infatti assicurato che porterà il caso all’attenzione della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo: è sempre fermamente convinto che alcuni oggetti a lui attribuiti, esposti a pagamento nelle sale del museo rossonero, siano infatti esibiti senza il suo consenso.

Rivera-Milan, la querelle sui cimeli del museo

È proprio l’utilizzo di quelli che Rivera considera come “suoi” ricordi, dalle maglie agli scarpini, da trofei a opere d’arte, che l’ex campione contesta. Tanto da aver già portato il Milan in tribunale. In primo grado ha avuto ragione lui, ma successivamente in Appello e poi in Cassazione l’anno spuntata i curatori del museo. Per la Suprema Corte, in particolare, il Milan ha tutto il diritto di esporre i cimeli, anche attraverso il pagamento di una cifra che i giudici hanno valutato esigua: 7 euro (da cui sono esentati gli over 65 e gli under 14).

L’ex Golden Boy chiarisce: “Non ce l’ho col Milan”

In un’intervista a Repubblica, l’ex Golden Boy ha spiegato le sue ragioni: “Io non ce l’ho con il Milan, ma con chi lucra sulla mia immagine da anni, senza neppure chiedere il permesso. L’ho scoperto per caso, e ho scoperto che la gente paga pure il biglietto. Lo ritengo uno sfruttamento d’immagine indebito, e ora mi rivolgerò alla Corte di Giustizia europea. Questi signori del sedicente museo, in realtà un paio di sale raffazzonate, parlano di interesse didattico: e allora, perché il biglietto per entrare?”.

Museo di San Siro: ingaggiato un investigatore privato

“La verità è che fanno un sacco di soldi grazie a noi che non c’entriamo niente”, continua Rivera. “Allo stadio c’è una mia bacheca con una maglia rossonera, che secondo me non è neanche autentica, e ci sono delle scarpe spacciate per mie: impossibile, perché alla fine di ogni annata le buttavo via. C’è persino un busto che mi donò lo scultore Todeschini. Io l’avevo lasciato a Milanello, ma tutti sapevano che era mio. Scoprii che l’avevano esposto a San Siro, perché un amico mi ha mandato delle foto. Ho anche ingaggiato un investigatore privato per vederci più chiaro”.

La telefonata a Mazzola: “C’è anche una sua bacheca”

Nella sua battaglia, addirittura, Rivera è pronto a coinvolgere il rivale di sempre. Già, proprio quel Mazzola che lo confinò a una manciata di minuti nella finale mondiale del 1970 in Messico e che è stato simbolo e bandiera dell’Inter. Anche a Mazzola, infatti, sarebbe stato riservato lo stesso trattamento. “In quella specie di museo/non museo c’è anche la bacheca di Sandro Mazzola: ora lo chiamo”, la promessa di Rivera.

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