Con un forcing inarrestabile negli ultimi tre giri Filippo Ganna ha trascinato Simone Consonni, Francesco Lamon e Jonathan Milan, gli altri componenti del quartetto azzurro dell’inseguimento a squadre, alla vittoria contro la Nuova Zelanda nell’eliminatoria, alla finale per la medaglia d’oro e al nuovo record del mondo sulla distanza dei 4 km in 3’42”307, battendo i kiwi per 90 millesimi.
Clamoroso invece l’incidente capitato nella sfida tra la Danimarca, alla quale l’Italia ha strappato il record del mondo, e la Gran Bretagna: il danese Frederik Madsen ha letteralmente tamponato il britannico Charlie Tanfield. Alla fine la Danimarca è stata ugualmente ammessa alla finale contro l’Italia ma sicuramente potrebbe esserci un ricorso da parte dei britannici prima della finale di domani.
La cosa importante però è che l’Italia tornerà a disputare una finale olimpica nell’inseguimento a squadre maschile dopo 57 anni, guarda caso l’ultima era stata proprio a Tokyo nel 1964 e allora gli azzurri avevano perso dalla Germania, che gareggiava in quelle Olimpiadi con una squadra unificata di atleti dell’est e dell’ovest. Quella era la decima finale olimpica consecutiva a partire dal 1920 per i nostri pistard dell’inseguimento, che di quelle finali ne avevano vinte ben sette.
L’ultima medaglia in questa gara invece, un bronzo, arrivò a Città del Messico 1968. Un digiuno eterno in una specialità nella quale avevamo una tradizione incredibile e che ora, finalmente, è stato rotto dopo oltre cinquant’anni soprattutto grazie a un fuoriclasse come il verbanese Ganna. Nella gara femminile il quartetto azzurro composto da Elisa Balsamo, Letizia Paternoster, Rachele Barbieri e Vittoria Guazzini ha chiuso al sesto posto.