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US Open Arnaldi da sballo: Matteo batte Norrie, vola agli ottavi contro Alcaraz ed entra nella Top 50

Per Matteo tutto è filato via liscio come l’olio: 6-3 6-4 6-3 in meno di due ore di gioco e accesso nella top 50. Tra un paio di giorni lo attende lo spagnolo numero 2 al mondo

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Di questo passo, dovranno aggiungere una stella in più nei teatri di Broadway. Perché Matteo Arnaldi c’ha preso gusto: dopo Kubler e Fils, il 22enne di Sanremo sbatte fuori da Flushing Meadows anche Cameron Norrie, numero 16 del ranking, avanzando per la prima volta in carriera in un ottavo di finale di un torneo dello slam (in generale è soltanto la terza nel circuito ATP: c’era riuscito soltanto a Bastad a giugno e a Umago lo scorso luglio).

E se contro il francese c’era stato bisogno di spuntarla al termine di un’autentica maratona, vinta al quinto set, stavolta tutto è filato via liscio come l’olio: 6-3 6-4 6-3 in meno di due ore di gioco, nelle quali il ligure ha dimostrato una condizione di forma invidiabile, oltre che una sicurezza e una fiducia nei propri mezzi come mai gli era capitato di fare in tutta la sua carriera.

Matteo entra nella top 50

Che da qualche mese a questa parte ha spiccato letteralmente il volo: lunedì prossimo mal che vada sarà in top 50 (per il momento alla 47, poi chissà), quando un paio d’anni fa era addirittura oltre la 900. Una favola? Macché, un musical di Broadway. Elementare per uno nato a Sanremo.

Arnaldi in campo canta che è un piacere, e per ora ha azzeccato tutte le note. Contro Norrie la vulgata lo dava quasi per perso prima ancora di scendere in campo: troppo sfiancanti le quasi 5 ore di partita contro Fils, e poi Norrie è stato già in top ten, conosce i rischi e le insidie di certe gare, e mai avrebbe buttato al vento l’opportunità per avanzare nel torneo che chiude l’anno degli slam.

Il britannico è andato in tilt

Invece il britannico, che invero qualche problemino sul cemento nel recente passato l’aveva palesato (eliminato al primo turno a Los Cabos, Toronto e Cincinnati, avanti a Flushing Measows ma al cospetto di avversari non di primo piano come Shevchenko e Hsiou Hsu), è andato in tilt sin dai primi game di giornata: ha salvato una palla break nel quarto gioco, poi al settimo è precipitato 0-40 e Arnaldi non gli ha dato scampo.

Di più: quando Norrie ha provato a risalire, la furia del sanremese l’ha travolto, con 14 punti in fila che hanno sigillato un primo set praticamente a senso unico. Matteo è stato bravissimo anche nelle prime battute del secondo parziale, l’unico nel quale s’è ritrovato sotto di un break, che ha prontamente recuperato garantendosi una linea di crociera spedita.

Quando poi sul 5-4 e servizio Norrie ha spinto il rivale ai vantaggi, lì ancora una volta ha tirato fuori il coniglio dal cilindro: palla break procurata col dritto, set point mandato a referto con un lob morbidissimo. Coraggio, estro, fantasia: Italians do it better, Arnaldi docet.

Il terzo set, un musical

Il terzo set è un piccolo romanzo, anzi, un musical, vista la vicinanza con la mecca delle produzioni teatrali. Tutto sembra scontato quando Norrie perde ancora una volta la battuta, quasi scoraggiato di fronte all’incredibile sequenza di vincenti dell’allievo di Alessandro Petrone.

Che di colpo però comincia ad avvertire un po’ di quella tensione che a certe latitudini, se non si è abituati a percorrerle, inevitabile ti assale: la sfanga a fatica nel terzo game (ai vantaggi), riesce a venir fuori in modo quasi miracoloso nel quinto, salvando ben tre palle break (da 15-40 e poi una ai vantaggi).

Nel settimo è ancora musical drama: ha la palla per andare sul 5-2 ma la spreca, commettendo il primo doppio fallo della sua partita. Deve annullare allora un’altra palla break e grazie a un filotto di 4 punti consecutivi (due al servizio) riesce a mettere un’ipoteca sulla vittoria.

Che arriva una manciata di minuti più tardi, giocando un ultimo game senza i patemi che avevano contraddistinto i precedenti. Alza gli occhi al cielo e vede le stelle, come se fosse nel cuore della notte: gli brillano e lui sorride, perché sa cosa si prova ad essere una di quelle.

Una faccenda tra Next Gen

Può esserci un limite più alto del cielo? Probabilmente si, e fa rima con Carlos Alcaraz. Che tra un paio di giorni lo attenderà in quello che un anno fa fu il suo giardino di casa, il primo slam messo in bacheca di una (presumibile) lunga serie.

La sfida con il numero due al mondo (alla numero uno tornerà Djokovic, l’idolo di Matteo) servirà per fare altra esperienza e capire come ci si sente in mezzo al grandi della racchetta. Per cominciare a farci l’abitudine, pensando in fondo che a 22 anni c’è ancora una carriera davanti per continuare ad alzare l’asticella.

Sognare, adesso, non costa nulla

Che Arnaldi potesse avanzare alla seconda settimana a New York non era contemplato, ma per come c’è arrivato e per quello che ha dimostrato è giusto pensare che non ci siano limiti, né sfide impossibili.

Dopotutto ormai gli avversari farebbero bene a guardarlo con occhi differenti: non è tanto per chi ha battuto e per quante posizioni ha guadagnato nel ranking, quanto piuttosto per come lo ha fatto.

A volte senza coscienza, altre con una lucidità sfiancante (per i rivali), altre ancora con quel pizzico di sana follia e di puro estro e fantasia che solo i predestinati sanno di poter sfoggiare. Sognare, in fondo, non costa nulla. E un bel derby ai quarti (con Sinner) sarebbe il regalo più bello per ribadire per davvero che Italians do it better.

Arnaldi aspetta Alcaraz: “Speravo in un match del genere”

L’impresa di Matteo Arnaldi accende la fantasia degli appassionati italiani di tennis che ora sperano nella nascita di un altro talento azzurro e lo stesso Arnaldi ora si lancia verso il futuro e verso il match con Alcaraz.

Oggi ho giocato benissimo, mi ha dato fiducia battere Fils al quinto set nel turno precedente. Sono entrato in campo con l’obiettivo di essere io a fare il gioco, anche perché non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito alle 4 ore di partite. Alcaraz? Da quando ho visto il tabellone ho pensato che sarebbe stato bellissimo vivere un match del genere. Ma ora voglio godermi questa vittoria.

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