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Vavassori: perchè ho sempre amato il doppio e dire che mio prozio era portiere della Juve

L'azzurro, vincitore nel misto assieme a Sara Errani agli Us Open, si confessa a La Repubblica e racconta la sua storia FIN dai sogni di bambino

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

La storia sono anche loro. Andrea Vavassori e Sara Errani, che agli Us Open hanno vinto nel doppio misto contro Townsend e Young sfatando un tabù per l’Italia. Un’emozione straordinaria che il gigante torinese (1,93) racconta in un’intervista a La Repubblica.

Il tifo per la Juve e il prozio portiere

Da torinese doc tifa per la Juventus, anche per motivi familiari («Un mio prozio era portiere della Juve…») ma quando si è trattato di scegliere lo sport da praticare non ha avuto dubbi. Dice Vavassori a La Repubblica: «Da bimbo guardavo i grandi tornei, gli Slam e sognavo di vincere Wimbledon. Poi sono cresciuto: mi piaceva tantissimo il doppio, avere un compagno mi dà energia. Sarà che mi sono sempre piaciuti gli sport di squadra anche non li ho mai praticati. Il prozio portiere della Juve? È successo che mio nonno Arduino avesse un campo fatto alla buona, dove si poteva giocare a tennis. Quel campo era il punto di riferimento del quartiere, a Rivoli, un po’ il fulcro della città dove ci si riuniva nei weekend. La vita di una volta, no? Dove ci si vedeva tutti dopo la scuola, nei pomeriggi, quando c’erano meno distrazioni».

Il prozio portiere però qualcosa gliel’ha trasmesso viste le sue acrobazie sotto rete: «Devo aver preso dal prozio Giuseppe, fratello di nonno Arduino: è stato in porta alla Juve dal 1955 al 1961, al Bologna e il Catania. Peccato non averlo conosciuto. Comunque la mia è una famiglia normale, non ho mai avuto soldi da investire. Io sono sempre stato una persona cresciuta piano piano, non ho avuto balzi incredibili. Sono un ragazzo umile, tutto è nato nel campo di famiglia. Poi c’è stato il Circolo Monviso, e il Pinerolo. Se sono qui è grazie a mio padre, a mia madre e alla famiglia. Papà Davide mi è sempre stato accanto, Poi il rapporto padre-coach non è sempre semplice, ma noi abbiamo un rapporto incredibile, anche se ci sono le sfuriate qualche volta. La cosa nostra bella è che mezz’ora dopo è finita. È un rapporto forte, nessuno dei due se la prende quando l’altro sbaglia. Io so benissimo che a volte con lui sono magari troppo severo, e allo stesso modo lui: ci veniamo incontro. Alla fine vuole solo il mio bene, mi ha dato una mano enorme…».

Il rapporto con Sara Errani

Da campioni nel doppio misto si sta bene: «Oh, bellissimo. Poi con Sara, un vero esempio. Per atteggiamento, positività. Posso solo prendere cose da lei: è nato tutto con le Olimpiadi, speriamo di continuare ancora. Come dice sempre mio padre, vincere aiuta a vincere. Sono sicuro che nella prossima finale, perché ci sarà una prossima finale, entrerò in campo con una fiducia diversa: alla fine tutto torna: se uno lavora bene, crede nel lavoro, nel processo, alla fine si toglie le giuste soddisfazioni. Le soddisfazioni stanno arrivando, piano piano mi sto togliendo tanti sassolini».

L’amore per il doppio

Vavassori spiega l’amore per il doppio: «Da piccolo mi mettevo sotto rete e sfidavo gli amici a colpirmi: non ci riuscivano quasi mai. Ho sempre creduto nel doppio, ha un uso didattico e penso sia poco valorizzato ad alti livelli. Eppure abbiamo singolaristi che si sono migliorati giocandolo, o che hanno trovato nel doppio una seconda carriera, una seconda vita. La svolta? Gli Australian Open, la finale giocata con Simone Bolelli. Da quel momento ci siamo concentrati sul doppio perché volevamo le Atp Finals». Nella sua Torino: «Giocare a casa mia, a Torino. Ormai dovremmo esserci dentro, e mi vengono i brividi solo a pensarci, sono veramente felice. Un altro sogno. Il segreto di tutto questo? La fiducia, l’amicizia nel team. Se non c’è l’armonia e ci si rimprovera, finisce la magia».

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