Smile. Già dal titolo del suo primo libro è facile intuire il modo con il quale Rafael Leao approccia alla vita. Eh già, l’attaccante portoghese sbarca in libreria con una biografia che racconta le sue passioni più grandi: il calcio, la moda e la musica. Si tratta di una maniera di conoscere più a fondo il giocatore del Milan, capire come è stato il suo percorso fino alla realizzazione del sogno, nonché scoprire aneddoti delle sue esperienze magari rimasti nascosti. Leao a 360 gradi, insomma. Ma sempre col sorriso, tratto distintivo del 24enne di Almada.
- Il tema del razzismo e la critica al sistema
- Balotelli, Kean e le presunte provocazioni
- La gestione della celebrità e il consiglio di Maldini
- Il pensiero sugli allenatori: da Giampaolo a Pioli
Il tema del razzismo e la critica al sistema
Non manca un accenno al razzismo, probabilmente il tema più delicato affrontato da Rafael Leao. Lo spunto glielo offre ciò che è accaduto al compagno di squadra Maignan in occasione di Udinese-Milan con una ramanzina del portoghese all’intero sistema: “Se un calciatore viene continuamente bersagliato e si permette di esultare in maniera reattiva rispetto a quei tifosi, l’arbitro cosa fa? Lo sanziona? È una cosa che non ha senso, e anzi non fa altro che contribuire ulteriormente a un clima già abbastanza esasperato. Giustifica quei pazzi che pensano che al giorno d’oggi si possa ancora vivere in questo modo“.
Balotelli, Kean e le presunte provocazioni
I casi Balotelli e Kean, giocatori quasi accusati nonostante le offese ricevute, ha spinto Leao ad una riflessione: “Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: ‘Lui cosa ha fatto per provocare?’ è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista“.
La gestione della celebrità e il consiglio di Maldini
Per un campione affermato non è semplice gestire la fama. Rafael Leao ha saputo resistere alle tentazioni allontanando gli approfittatori e concentrandosi sulla famiglia: “La prima cosa che ho comprato con il primo vero stipendio al Lille è stata una casa per la mia famiglia. Mio padre e mia madre vivevano ancora in affitto e liberarli da quel peso economico dopo tutto quello che avevano fatto per me è stata la cosa più importante“.
Chi lo ha aiutato a crescere è stato Paolo Maldini definito dal portoghese come un pilastro perduto per il Milan. L’ormai ex dirigente rossonero lo invitò a giocare non per il suo Instagram, come accadeva in passato ad un talento spesso eccessivamente attratto dal lato estetico della professione.
Il pensiero sugli allenatori: da Giampaolo a Pioli
Dopodiché qualche parola l’attaccante portoghese l’ha spesa pure per gli allenatori che lo hanno avuto in gestione in Italia. Da Marco Giampaolo, con il quale non c’era rapporto, fino a Stefano Pioli: “All’inizio non eravamo in sintonia. Il segreto è stato trovare un modo chiaro e diretto di parlarci. Sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio ma anche quello che ha giocato più minuti in ognuna delle ultime stagioni. Credo che le due cose siano collegate, che abbiano formato un legame e ho sempre pensato di dover ripagare questa fiducia“.