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La morte di Dean Berta Vinales riapre tema sulla sicurezza: l'accusa

Il pilota Michel Fabrizio ha deciso di chiudere qui la sua carriera per quella che definisce su facebook "un'ecatombe". E accusa la federazione; l'opinione del dottor Claudio Costa

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La tragica morte, in pista, di un pilota giovanissimo e talentuoso come Dean Berta Vinales ad appena 15 anni ha acuito e moltiplicato gli interrogativi sulla sicurezza delle gare, di SuperSport 300 come nelle altre categorie, nonostante gli innegabili progressi che nei motori si sono raggiunti in termini di integrità fisica negli ultimi decenni. Si può fare di più, in questo momento e per il futuro a venire per onorare la scomparsa di Dean Berta Vinales, Marco Simoncelli e i troppi ragazzi che hanno perso la loro vita per una passione?

La reazione di Michel Fabrizio alla morte di Dean Berta Vinales

C’è chi, dopo la notizia terribile, ha accusato il senso di impotenza, il dolore e ha deciso di rompere il silenzio esternando le proprie riflessioni: questo sport “non è più lo stesso”, regna “l’indifferenza della Federazione Internazionale” per i pericoli corsi dai piloti ogni volta che corrono. Il pilota italiano Michel Fabrizio ha scelto facebook per argomentare le sue riflessioni e la decisione di interrompere il suo percorso agonistico: “Ad oggi nella Formula 1 ci sono meno morti, invece nel motociclismo ultimamente c’è un’ecatombe. È il momento di dire basta“.

“Gare così ne ho viste tante in questa categoria e ogni volta che ne finiva una si tirava un sospiro di sollievo perché era andata bene. Ma purtroppo non sempre va bene e oggi è successo l’imprevedibile o forse quello che si sapeva potesse accadere – ha scritto –. Sono sdraiato da più di 5 ore sul letto del mio hotel a guardare il soffitto, ripensando ai momenti belli che questo sport mi ha regalato. Ma rientrando dopo sei anni ho visto questo mondo cambiato. Ho visto un’indifferenza da parte della Federazione Internazionale. Schierare 42 bambini nella Yamaha cup (fortunatamente è filato tutto liscio, nel 2021) e altri 42 nel Mondiale 300”.

“Troppi, troppi piloti con poca o addirittura pochissima esperienza e questo non succede solo nel mondiale, ma anche in campionati nazionali, dove per fare cassa si prende tutto, fino all’ultimo posto disponibile – continua – Valentino Rossi anni fa, quando Marquez è entrato in MotoGP, è stato criticato perché si lamentava per le manovre di Marquez ‘scorrette’. Bisogna dargli ragione. Marc è diventato un punto di riferimento, questi giovani emulano le sue gesta facendo sorpassi troppo al limite, appoggiandosi al proprio avversario, rischiando ogni centimetro. Aggiungiamo che mi ritiro dal mondo delle corse per mandare un messaggio forte di protesta! Affinché le regole cambino per la salvaguardia delle vite umane”, la sua denuncia maturata in una carriera lunga e tumultuosa.

Un percorso che ha fatto spinto dall’innamoramento per il motociclismo e la velocità, ma che lo ha messo davanti a una realtà forse meno raccontata, quella delle piste delle categorie minori, ma non solo:

“Vanno riviste anche le piste che devono prevedere spazi di fuga migliori! Vedi l’incidente di Valentino che ha rischiato di morire per una pista fatta male. Vedi il Red Bull Ring, dove i piloti cascano e rimangono fermi in mezzo alla traiettoria. Tutto ciò dipende dalla FIM che non svolge un ruolo di salvaguardia verso la vita, ma predilige semplicemente il business! È ora che intervenga la politica di ogni nazione. Il primo che lanciò un messaggio forte fu Ayrton Senna, che disse come alcune piste fossero pericolose, e solo dopo la sua morte si intervenne”.

La sicurezza in pista: il dottor Costa e la clinica mobile

La sua scelta è una denuncia, un appello, una richiesta di intervenire per sanare quel che ancora non si è riusciti a modificare con il grande lavoro anche di Claudio Costa, il medico che ha inventato la clinica mobile e che, in numerose circostanze, quei ragazzi li ha strappati alla morte.

Alla Gazzetta, il dottor Costa ha espresso il proprio cordoglio e lanciato un messaggio importante:

“Come cosa primaria e principale sono vicino a tutti i cari di questo ragazzo, soprattutto i genitori: ho purtroppo vissuto spesso questi momenti con dei piloti che amavo e che erano miei amici – dice il Dottor Costa -. Oggi la tragedia sconvolge perché fissa il limite delle corse di moto nella moto stessa. Tutti noi negli anni abbiamo lavorato, con l’aiuto dei piloti, di Loris Capirossi, Franco Uncini, la Clinica Mobile per promuovere la sicurezza, ma una certezza assoluta purtroppo non si avrà mai”.

Una constatazione che il medico dei piloti condivide, ancora una volta: poste le migliorie, purtroppo rimane quello che definisce l’ultimo ostacolo, ovvero la moto, la vulnerabilità che l’impatto in pista, cadendo o scivolando, può causare.

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