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La posizione della Juventus sull'implacabile Allegri, perché è ancora in panchina

La Juventus affronta una delle fasi più difficili, tra inchiesta Prisma e risultati sportivi: contro il Napoli di Spalletti ha mostrato i suoi limiti

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Oltre al processo sui gesti, abbastanza eloquenti ad essere schietti, tra Luciano Spalletti e Massimiliano Allegri nel dopo Napoli-Juventus, sul piano mediatico il tecnico di questa compagine in cerca di identità è sopravvissuto ai giudizi sul non gioco per via della sua filosofia del corto muso e sulla sua impalpabile impostazione, soprattutto in Champions.

Stroncature che avrebbero sfiancato chiunque altro. Non Allegri, che è ancora lì, come baluardo di una squadra in evidente affaticamento.

Juventus, perché Allegri è ancora in panchina

Le otto vittorie consecutive, senza subire reti in campionato con quel dato sorprendente dell’85’ minuto, hanno concesso all’allenatore livornese il beneficio della tregua, forse anche a causa dell’esplosione dell’inchiesta Prisma che ha tagliato la dirigenza della Juventus e chiuso de facto l’era Agnelli.

L’allegrismo è stato accantonato, perché i risvolti si sono rilevati talmente straripanti da fagocitare qualsiasi allusione sul piano sportivo. Quelle incertezze, addirittura storture secondo alcuni sarebbero rimaste latenti, sopraffatte dalla prepotenza dell’inchiesta giudiziaria che ha travolto la società.

Il tracollo al Maradona di Allegri

Il tracollo di Napoli, davvero pesantissimo, ha innescato quel processo che dai social è rimbalzato negli studi televisivi e sui media con ritorno senza concedere ad Allegri altro che le briciole di un passato ingombrante per lui che è rimasto lì a difendere una panchina su cui è costretto a fare l’equilibrista.

In questa difficile stagione, spezzata da un Mondiale in Qatar che ha messo a dura prova i giocatori e i campionati, si sono registrati troppi punti bassi toccati: tra Monza e Napoli c’è stata pure Haifa e un’eliminazione anticipata dalla Champions oltre ad un treno scudetto su cui la Juve non è mai (o ancora) riuscita a salire.

Allegri Spalletti Fonte: ANSA

Max Allegri e Luciano Spalletti

Il ruolo del tecnico nella società

La proprietà, però, ha da subito ribadito come tutto il progetto sportivo faccia capo proprio a lui, l’incoronamento di John Elkann all’indomani delle dimissioni di Andrea Agnelli. E per quanto la storica sconfitta del Maradona non possa che lasciare sollevare i tifosi e porre interrogativi su un’assenza di gioco che non corrisponde a risultati, per ora non c’è alternativa possibile ad Allegri che rimane dove si trova. Di Zinedine Zidane si parla, ma perché dovrebbe rischiare così tanto?

Il contratto di Allegri e l’obiettivo Champions

Uno dei temi portanti è il contratto di Allegri che ha scadenza al 30 giugno 2025: contratto lungo e pesante, il suo dunque, con l’obiettivo minimo di raggiungere è sempre la qualificazione in Champions, fallirlo equivarrebbe a un default.

Su questo risultato, Allegri non può concedersi distrazioni per una questione di budget e di introiti e per una questione di attrattive che deriverebbero dalla qualificazione, agognata, nell’Europa che conta.

Il rischio Vlahovic in uscita

Si potrebbe dire, senza timore, che una simile rilevanza è dettata soprattutto dalla situazione attuale dalla società che potrebbe garantire inoltre ancora una certa qualità ai giocatori che altrimenti inizierebbero seriamente a valutare il trasferimento.

Vedi Dusan Vlahovic che, già in Qatar, ha esibito le sue qualità ma che alla Juventus in particolare dopo l’addio a Dybala ha registrato un innegabile calo che potrebbe indurlo a cercare in una squadra di livello, anche in Europa, l’ambiente ideale per ripartire.

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