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Max Verstappen, il campione di F1 forgiato dalla durezza di suo padre Jos e la ferocia per la vittoria

La conquista del quarto titolo in F1 di Max Verstappen è frutto di una carriera votata alla vittoria da inseguire con la massima determinazione, come gli ha insegnato il padre Jos. Ecco come Max è diventato il campione di oggi

Pubblicato:

Luca Santoro

Luca Santoro

Giornalista

Esperto di Motorsport ma, più in generale, appassionato di tutto ciò che sia Sport, anche senza il Motor. Dà il meglio di sé quando la strada fa largo alle due o alle quattro ruote

In una intervista dell’anno scorso Max Verstappen aveva rivelato una frase che soleva ripetergli il padre sin da piccolo, quando aveva iniziato a muovere i primi passi nel motorsport partendo dal primo gradino della scala, i kart. Ovvero quando si inizia qualcosa, lo si fa per vincere, non per partecipare. La mentalità di casa Verstappen sta tutta in questa massima eterna: il pilota Red Bull ha conquistato il suo quarto titolo mondiale in F1 anche per una questione di forma mentis, non solo perché i media lo hanno proclamato predestinato sin dal suo debutto nella serie avvenuto nel 2014, a 17 anni e 3 giorni.

Come Max Verstappen è diventato il campione di oggi

Dalle prove libere di quel GP del Giappone sino al quinto posto del GP di Las Vegas che dieci anno dopo gli è valso il trionfo iridato, Verstappen ha intrapreso un percorso di maturazione in pista che lo ha portato a scrollarsi di dosso la nomea di potenziale talento, per diventare un pilota solidissimo ed implacabile. Anche quando la vettura non gli ha reso la vita facile, come avvenuto quest’anno.

Si dice che suo padre Jos, ex pilota così come la madre Sophie Kumpen, usasse dei metodi educativi non esattamente alla Montessori per il proprio giovane virgulto. Metodi molto intransigenti, al limite del trauma infantile (come il famigerato episodio dell’abbandono di Max in una stazione di servizio dopo che il ragazzi non vinse un campionato di kart), ma il genitore ha sempre respinto l’accusa di abusi nei confronti del figlio, pur ammettendo di averlo cresciuto usando più il metaforico bastone che la carota. Questo per un fine supremo, ovvero primeggiare nello sport.

I chiaroscuri di Max Verstappen: vittorie ma anche condotte al limite

E questo ha forgiato Verstappen sino a renderlo quello che conosciamo oggi, nel bene e nel male. Soprattutto agli esordi in F1, ciò si è tradotto in una condotta in pista arrembante al limite della scorrettezza totale. Tra i vari episodi, quello legato al GP di Austin del 2018, con un sorpasso che costrinse la sua futura nemesi Lewis Hamilton ad andare largo e quindi fuori pista.

E in effetti uno come lui non poteva certo vincere il suo primo titolo in F1 in maniera serena. Nel 2021 all’ultimo appuntamento di Abu Dhabi Verstappen, reduce tra l’altro da una penalizzazione nel precedente GP in Arabia Saudita per condotta scorretta in gara, conquistò il trionfo iridato dopo una gara che scatenò un vespaio di polemiche soprattutto da parte Mercedes e da parte di Hamilton, in corsa anch’egli sino all’ultimo per il titolo. Certo, allora dipese dalle decisioni sbagliate del direttore di gara Michael Masi, poi defenestrato, che spianarono comunque la strada all’olandese. Ma quando si tratta di Verstappen, le cose possono prendere una piega incandescente.

Lo strapotere Red Bull a rischio e la reazione di Verstappen

O quasi, perché nei successivi anni lo strapotere Red Bull e soprattutto di Max (visto che il compagno di squadra Sergio Perez ha recitato più che altro il ruolo di comparsa) e della sua forza mentale hanno anestetizzato il campionato di F1, gettando nella prostrazione i tifosi delle altre scuderie ma in generale gli appassionato di questo sport.

Sino al 2024, quando il regno di Verstappen su cui pareva non dovesse tramontare il sole è stato messo a rischio dall’ascesa di McLaren e dal ritorno in pompa magna di Ferrari, e contestualmente da una seconda parte della stagione dove Red Bull si era letteralmente smarrita a causa di aggiornamenti alla vettura non proprio azzeccati.

E mentre Max dava il meglio di sé polemizzando sulla qualunque e prendendosela con i propri tecnici, messi alla frusta, l’amico Lando Norris diventava un rivale con cui darsele di santa ragione in pista, sino all’acme del GP del Messico in cui la condotta col coltello tra i denti dell’olandese gli fruttò una squalifica di 20 secondi. Ma nel finale di stagione c’è stato spazio anche per la notevole rimonta del GP del Brasile, da diciassettesimo a primo anche con la complicità di un clima che aveva sparigliato le carte in pista.

Max Verstappen è questo, un pilota non lineare né in pista né fuori. E che non ha mai avuto problemi ad ammettere che non corre per il gusto di farlo, ma per vincere (e se non ci riesce perde un po’ la brocca, difetto su cui dovrebbe un po’ lavorare). Può sembrare una banalità, ma questa molla ha caricato e carica tutt’ora il pilota Red Bull che non si preoccupa di sembrare affabile e simpatico, non gli interessa essere un modello di comportamento né un attivista civile. È semplicemente un pilota che vuole conquistare successi, come gli ha insegnato suo padre sebbene in maniera discutibile. E che tra l’altro non intende fermarsi, come ha dato ulteriormente prova in questa stagione (qualunque potrà essere la sua futura scuderia).

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