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Morte Dupasquier, MotoGp travolta dalle polemiche: "Non è giusto"

Il Motomondiale si interroga e subisce aspre critiche per la scelta di correre dopo la morte del 19enne svizzero

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Mentre è ancora enorme il senso di tristezza e di commozione che ha invaso tutto il mondo dei motori per la scomparsa del giovane pilota svizzero Jason Dupasquier, morto domenica mattina in seguito alle ferite riportate per la rovinosa caduta al sabato durante le qualifiche Moto3, il mondo della corse e il Motomondiale in particolare si trova a dover gestire il fiume di critiche e di polemiche sull’opportunità di andare avanti nel week end del Gran Premio d’Italia al Mugello. Pareri discordanti tra i piloti, da Bagnaia e Vale Rossi, ma sui social in molti hanno criticato la scelta dettata dal “show must go on”.

MotoGp, la scelta dopo la morte Dupasquier

Tutti erano preparati al peggio ma dopo l’operazione nella notte a cui era stato sottoposto Dupasquier si sperava che la situazione potesse migliorare o almeno non tendere al peggio. Ed invece intorno alle 12 si è sparsa per il paddock la notizia della morte del 19enne svizzero. Con questo clima funereo la corsa di Moto2 ha avuto luogo. Nessuno, forse perchè travolto anche dalle emozioni e dalla professionalità, ha pensato di non correre. Aveva già deciso il suo team Prustel, al sabato, subito dopo l’incidente. Stessa cosa aveva fatto il suo idolo e grande amico Tom Luthi, pilota Moto2 corso al suo capezzale.

La Moto2 ha quindi corso, poi alle 13:45 il minuto di silenzio sulla griglia di partenza e quasi come nulla fosse, con la morte nel cuore, si è corsa la gara della MotoGp vinta da Quartararo in un clima di grande commozione. Qualcuno avrebbe preferito non correre, ma dalla Dorna non è arrivata nessuna richiesta di confronto con i piloti.

Da Bagnaia a Rossi a Miller: la scelta della MotoGP divide

Il fronte dei piloti si è spaccato sull’idea di correre la gara dopo la notizia dell’avvenuto decesso di Dupasquier. Valentino Rossi è stato serafico nel suo dolore: “Dopo una tragedia non ha senso né correre né non correre”. Più convinto dell’opportunità doverosa di non correre è stato Pecco Bagnaia “Non ha senso parlare della gara, abbiamo perso un ragazzino di 19 anni. Il minuto di silenzio prima della gara mi ha scosso parecchio, non ero per niente concentrato. Fosse stato per me non sarei partito”.

Miguel Oliveira critica la sicurezza della Moto3. Il portoghese della Ktm è andato oltre: “Sono sempre attaccati l’uno all’altro, soprattutto qui al Mugello, dove la scia fa la differenza. Se tutte le moto andassero un po’ più piano sarebbe meno pericoloso, ma non saprei come fare affinché questo accada”. Tremendamente cinico ma realista Jack Miller: “Nessuno ti punta una pistola alla testa. Se vuoi guidare, guidi. Il fatto che ci abbiano permesso di fare ciò che amiamo di più è tremendo“.

Il ricordo emozionante di Quartararo che dedica la vittoria Dupasquier, Aleix Espargarò in lacrime che dice che lo fa star male con se stesso vedere che ha fatto il minuto di silenzio e poi ha messo il casco e ha corso come se nulla fosse.

I social spaccati: giusto o sbagliato correre dopo la morte di un pilota?

Oltre alla commozione imperante, il web si è diviso, un po’ come i piloti sull’opportunità di correre o meno, di proseguire il week end “insanguinato” del Mugello. Già le prime polemiche erano scoppiate al sabato per l’indugiare delle telecamere sul luogo dell’incidente in attesa dei soccorsi. “Ma cosa deve succedere perchè uno sport si fermi?” si è chiesto più di qualche appassionato sul web; “i soldi comandano su tutto, anche sulle emozioni e sui sentimenti per la morte di un ragazzo di 19 anni” scrive un altro”. Qualcuno è più soft: “Sono consapevole del fatto che sono i primi a sapere cosa rischiano ma non hanno avuto il tempo di metabolizzare la notizia. In certi casi fermarsi per me è necessario”.

Perchè si corre dopo la morte di un collega. Ha provato a sintetizzare il modus opendi e vivendi di un pilota, il giornalista di Sky Sport MotoGP, Sandro Donato Grosso: “Per comprendere come fa un pilota a correre dopo che un collega di 19 anni è morto in un incidente sulla stessa pista, bisogna prima realizzare che questi ragazzi fanno un mestiere molto pericoloso, in cui la passione vince sul pensiero negativo “poteva toccare a me”. Professionisti di questo livello sono capaci di azzerare tutto non appena si abbassa la visiera del casco, anche se qualcuno non è riuscito a evitare comunque un calo di lucidità e concentrazione“.

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