Circa un mese fa si è conclusa la carriera di Rafael Nadal, leggenda del tennis e dello sport in generale, idolo in patria e all’estero e punto di riferimento per tantissimi ragazzi che grazie a lui si sono avvicinati al mondo della racchetta. Ragazzi e non solo che da Rafa hanno appreso la preziosa lezione del non arrendersi mai. Perché questa è la vera lezione trasmessa al mondo dal King of Clay, che in una lettera a The Players Tribune ha raccontato i momenti difficili della sua carriera, come la malattia che a 17 anni ha rischiato di stroncargli sul nascere la carriera.
- Nadal racconta il suo dramma: “Rischiai di dovermi ritirare a 17 anni”
- L’importanza del padre per Rafa
- Nadal e i problemi con l'ansia
Nadal racconta il suo dramma: “Rischiai di dovermi ritirare a 17 anni”
Quella di Rafael Nadal è stata una carriera costellata di successi con ben 14 Roland Garros, 22 titoli dello slam, un oro olimpico, 92 titoli nel circuito maggiore e 5 Coppe Davis. Carriera che però ha rischiato di venire stroncata sul nascere, quando a 17 anni a Rafa – che ai tempi era già considerato uno dei prospetti più interessanti del tennis mondiale – venne diagnosticata la sindrome di Mueller-Weiss: “Mi sono infortunato quando avevo 17 anni e mi dissero che probabilmente non avrei più potuto giocare a tennis a livello professionale. Questo mi ha insegnato che le cose possono finire in un istante. Non si trattava solo di una piccola crepa nel mio piede, ma di una malattia. Non c’è cura, ma solo la possibilità di gestirla. Avevo la sindrome di Mueller-Weiss. Sono passato dalla gioia più grande al risvegliarmi la mattina dopo senza poter camminare”.
L’importanza del padre per Rafa
Quella notizia avrebbe potuto portare molti a rinunciare al proprio sogno, ma non Nadal, per cui è stata fonte di un prezioso insegnamento anche grazie al padre, che come racconta lo stesso Rafa, ha sempre avuto un’influenza positiva su di lui: “Ho passato tanti giorni a casa a piangere, ma mi è servita come grande lezione di umiltà, e sono stato fortunato ad avere un padre, la vera influenza che ho avuto in la mia vita, che è sempre stato positivo. “Troveremo una soluzione”, mi disse. “E se non la troviamo, c’è comunque altro nella vita al di fuori del tennis.” Inizialmente non riuscii a elaborare quelle parole, ma per fortuna, dopo tanto dolore, vari interventi chirurgici, riabilitazione e lacrime, una soluzione si trovò, e per in tutti questi anni ho potuto continuare a lottare”.
Nadal e i problemi con l’ansia
La salute e tenuta mentale è un tema sempre più importante nel tennis, soprattutto grazie ai giocatori che raccontano i problemi da loro avuti con ansia e attacchi di panico prima e durante le partite – un ottimo esempio ne è il documentario uscito su Netflix qualche anno fa (Untold: Breaking Point) che racconta la storia di Mardy Fish -, ma probabilmente pochi si sarebbero aspettati che anche Rafa, uno che nella resilienza e forza mentale ha sempre avuto uno dei propri punti forti, avesse accusato lo stesso problema, come da lui rivelato nella lettera inviata a The Players Tribune: “Qualche anno fa ho attraversato un periodo molto complicato a livello mentale. Ero molto abituato a sopportare il dolore fisico, ma c’erano momenti in campo in cui avevo difficoltà a controllare il respiro e non riuscivo a esprimere il mio livello”.
“Non ho problemi a dirlo ora. Dopo tutto, siamo esseri umani, non supereroi. La persona che vedi al centro del campo con un trofeo rimane un persona. Stanca, sollevata, felice e grata, ma sempre una persona. Per mia fortuna non sono mai arrivato al punto di non riuscire a controllare cose come l’ansia, ma ci sono momenti con ogni giocatore in cui è difficile controllare la tua mente, e quando ciò accade è difficile avere il controllo totale del tuo gioco. Ci sono stati periodi in cui ho preso in considerazione una pausa completa dal tennis per la mia salute mentale. Alla fine ci ho lavorato giornalmente per migliorare. L’ho conquistato guardando sempre avanti e con il tempo sono tornato me stesso. La cosa di cui sono più orgoglioso è il fatto di non aver mai mollato. Ho sempre dato il massimo”.