Gli arbitri delle Olimpiadi stanno danneggiano l’Italia? Se lo chiedeste a un appassionato di scherma, di boxe o di judo vi direbbe di sì. Tre indizi bastano a fare una prova? E se diventano quattro, quegli indizi, a quante prove siamo? Perché ai casi di Mouhiidine, Giuffrida ed Errigo se n’è aggiunto un altro. Ancora un judoka, stavolta si tratta di Manuel Lombardo che ha perso il suo quarto di finale contro il kosovaro Akil Gjakova per tre infrazioni non gravi fischiate a suo carico.
- Manuel Lombardo e la somma di shido
- L'Italia e gli arbitri: qualcosa non torna
- La sportività olimpica (e la coda polemica)
- Anche Malagò si fa delle domande
- Cos’è successo a Giuffrida?
- L’eliminazione di Mouhiidine
- L'affondo della federazione pugilistica
- Arianna Errigo e l’ultima stoccata
- Il bilancio parziale: troppi errori arbitrali evidenti
Manuel Lombardo e la somma di shido
La somma di shido (esattamente come avvenuto nel caso di Giuffrida) gli è costata l’eliminazione alla terza: contro Lombardo è stato fischiato un falso attacco in pieno Golden score.
Finisce così la sua prova ma comincia la trafila della contestazione per la decisione dell’arbitro ungherese. A dare man forte a Lombardo, prima ancora che la federazione si palesasse in sua difesa con parole pesantissime, è stato il pubblico parigino che non ha gradito né la sanzione, né la motivazione, né l’epilogo.
L’Italia e gli arbitri: qualcosa non torna
L’Italia federale alza la voce di fronte agli errori clamorosi dei giudici che alle Olimpiadi di Parigi hanno compromesso le prove degli azzurri del judo e della boxe (non esente da abbagli evidenti anche l’arbitraggio della scherma). Le eliminazioni del pugile Abbes Aziz Mouhiidine, dei judoki Odette Giuffrida e Manuel Lombardo e della portabandiera italiana, la fiorettista Arianna Errigo, si stanno portando dietro strascichi che è anche difficile affrontare e analizzare. Perché?
La sportività olimpica (e la coda polemica)
Sono pur sempre i Giochi olimpici, nascono e resistono nel tempo anche per la capacità di mettere in fila la scala valoriale di quel che conta e di ciò che conta meno. E se la sportività va giustamente anteposta alla competitività, ecco che il clima delle polemiche sembra fuori luogo.
È con eleganza che – finora – il Coni s’è rapportato alle topiche plateali degli arbitri olimpici. Giovanni Malagò ha fatto e detto quel che fa e dice un Presidente nel corso di un evento di tale portata: impossibile tacere, inopportuno andare allo scontro, si è rimasti nel terreno istituzionale dell’eleganze e della decenza.
Anche Malagò si fa delle domande
Nel caso della prova di Giuffrida, però, anche Malagò ha fatto fatica a non assumere una posizione più netta, forte del giudizio in tempo reale ricevuto dal presidente federale di Fijlkam, Domenico Falcone, con cui ha assistito alle due prove conclusive di Odette, la semifinale e la finale per il terzo posto.
Perché lo stesso arbitro per entrambe le sfide? Onestamente la cosa fa riflettere: è un fatto che si commenta da solo.
La perplessità di Malagò diventa rabbia quando a prendere la parola è Falcone:
Giuffrida è stata danneggiata. Non è contro il regolamento scegliere lo stesso arbitro per semifinale e finalina ma non è opportuno. Mi farò sentire nelle sedi competenti.
Il giorno dopo arriva un commento ancora più duro:
Il potere degli arbitri sta uccidendo il judo.
Quel che segue è un attacco ancora più determinato:
Si rovinano gli sforzi dei ragazzi e della Federazione. Viene voglia di mandare tutti a quel paese. Cosa ha fatto di male l’Italia? Siamo stati forse troppo bravi a portene tredici?
Cos’è successo a Giuffrida?
Odette Giuffrida ha cambiato avversaria ma non giudice. Ad arbitrare le prove di semifinale e finale per il terzo posto di Odette, sempre lei: Ioana Babiuc. In entrambi i casi Odette ha perso per tre shido. Contestatissimi.
L’eliminazione di Mouhiidine
Abbes Aziz Mouhiidine è uscito agli ottavi di finale del suo incontro di boxe categoria 92 chili per un verdetto contestato anche dal suo avversario, l’uzbeko Lazizbek Mullojonov. Il ring ha detto ben altro rispetto al 4-1 finale che ha consegnato la vittoria a Mullojonov cui va riconosciuta l’enorme sportività per il gesto successivo all’annuncio del verdetto. Ha fatto no col dito e non ha esultato.
Prima ancora, abbiamo registrato la protesta sul ring di Simone Cavallaro: il pugile gareggiava per la categoria degli 80 chili, è uscito al primo match in seguito a un verdetto contrario e netto. Non l’ha presa benissimo nemmeno lui, che ha riversato rabbia e amarezza contro le corde del quadrato.
L’affondo della federazione pugilistica
Il post gara di Abbes ha visto l’immediata presa di posizione del presidente della Federazione pugilistica italiana, Flavio D’Ambrosi. Toni e parole che non lasciano spazio alla fantasia:
Vergognatevi. Ancora una volta l’Italia è scippata. Siamo alle solite. L’incontro dominato da Abbes e perso con un verdetto sciagurato dimostra che niente è cambiato. Sono il Presidente e devo rispondere degli insuccessi anche quando non sono a me direttamente riconducibili ma non so se troverò la forza di ricandidarmi.
Arianna Errigo e l’ultima stoccata
Svincolando dagli sport di combattimento – ma non di contatto – c’è stato un caso arbitri anche nella sfida persa in maniera inattesa da Arianna Errigo. La fiorettista, con ogni probabilità all’ultima Olimpiade della carriera, non è andata oltre i quarti di finale contro l’americana Lauren Scruggs.
Grande rimonta per Errigo, sotto 11-7 e capace di trovare la stoccata del 14 pari. Fino a quel maledetto ultimo assalto: il punto viene dato alla statunitense, Arianna sarà la prima a ribaltare la decisione del giudice. “La stoccata era mia”.
Il bilancio parziale: troppi errori arbitrali evidenti
Che non torni qualcosa è un dato di fatto. Senza cadere nell’alibi – per esempio: la scherma finora ha deluso e gli arbitri, nella valutazione complessiva, contano fino a un certo punto – in relazione a specifiche discipline sta succedendo troppo spesso di cominciare a parlare di sport e finire a chiosare sui giudici di gara. Quando poi le parole dei referenti arrivano – forti e chiare – inequivocabili, la sensazione è che si giochi una partita nella partita. Che, a dirla tutta, non ci piace per niente.