Champions League 2022/23 semifinale di ritorno Inter-Milan 1-0, Euroderby tinto di nerazzurro, la solfa non cambia. Al 29′ della ripresa un balletto in area rossonera mette Lukaku e Lautaro nella condizione di fraseggiare, il belga serve il Toro che non perdona. Quando parte, in simultanea, il coro “chi non salta è rossonero” cui partecipa tre quarti del tifo presente a San Siro, è perché la qualificazione ha preso una piega irreversibile.
L’Inter prenota un viaggio in Turchia, destinazione Istanbul. Il luna park del tifo interista sarà l’Atatürk Olympic Stadium, dove i nerazzurri giocheranno – il prossimo 10 giugno – la finalissima dell’Europa che conta contro la vincente tra Manchester City e Real Madrid. Gara tattica, intesa, agonistica e fisica: per nulla sul pezzo l’arbitro Turpin per una gestione a dir poco leggera che ha scontentato tutti. Pagelle con note di merito in casa Inter: Lautaro (8) troneggia e trascina, Acerbi e Bastoni (7) sono una saracinesca, Barella (7) infaticabile. In casa Milan giganteggia Maignan (7,5), Tonali è un’anima gigante in un corpo che fatica a contenerla, male Diaz (5), male Leao (5).
Simone Inzaghi fa il bis: dentro l’undici che ha blindato la prima delle due semifinali, solo panchina per Lukaku e Brozovic. Qui Milan. Dentro Leao e Thiaw, dal 1′ anche Messias: se il portoghese era annunciato e atteso, lo schieramento del tedesco ha sorpreso mentre l’innesto del brasiliano è il coupe de theatre studiato in silenzio da Stefano Pioli per provare a sparigliare le carte. Tentativo giusto, necessario: il tutto per tutto irrinunciabile.
Lo 0-2 dell’andata era risultato a tal punto netto da aver messo l’Inter nelle condizioni di giocare virtualmente col 12esimo uomo in campo: il divario di due reti, al cospetto di un Milan che, proprio nella fase offensiva, ha evidenziato il neo principale della stagione in corso era un vantaggio difficilmente colmabile. Per i realisti, per gli ottimisti, per i sognatori. Sarebbe servito un incrocio di fattori ineludibili che, alla fine, non si è verificato.
Il Milan delle grandi occasioni? Non c’è stato. L’Inter e il suo solito harakiri? Nonostante il ritardo del pullman – giunto a San Siro a un’ora dal fischio di inizio e rimasto imbottigliato nella bolgia del tifo che faceva da spartitraffico – sia sembrata una premonizione sinistra, nemmeno questo è accaduto. Inzaghi contro Pioli, ultimo atto: il rossonero ne esce male, in termini di risultati e di prospettive. Si vocifera anche di un fine rapporto, comincia a pesare l’ombra di Antonio Conte?
Di contro, il tecnico dell’Inter ha piazzato il colpo da 90 con cui riuscirà a ribaltare i propri e gli altrui destini: con un piede e mezzo fuori da Appiano Gentile sono un paio di mesi fa, Inzaghi jr. ha riscritto la sua personalissima storia professionale. Cacciarlo adesso, cacciarlo a prescindere non è più una opzione percorribile a cuor leggero: la verità è che l’ex Lazio è diventato artefice del suo destino. E se anche dovesse finire così, chi verrà dopo parte da un terreno impervio e in salita ripida.
- Le pagelle dell'Inter
- Le pagelle del Milan
- Le pagelle dell'arbitro
- Il nostro SUPERTOP
- Il nostro SUPERFLOP
- Inter-Milan coreografia dell'Euroderby
- Il calendario dell'Inter: Champions, serie A, coppa Italia
- Il calendario del Milan: resta solo la serie A
Le pagelle dell’Inter
- Onana 7: più sfrontato e appariscente dell’omologo rossonero ma anche la sua interpretazione del ruolo è degna di nota perché la spavalderia gli calza a pennello e non fa a pugni con la prontezza e l’efficacia. Dice no a Diaz che gli calcia tra le braccia e non sbaglia un intervento.
- Darmian 6: è il difensore che va più in difficoltà perché dalla sua parte agisce Leao che, quando lancia la fiammata, diventa imprendibile. Gli oppone resistenza in ogni modo, con le buone e con le cattive. Ha badato alla sostanza, ha fatto bene.
- Acerbi 7: un po’ è il fatto che Giroud non in condizione ottimale gli facilita il compito, un po’ è proprio lui che questa maglia l’ha cucita sulla pelle e ci vive in simbiosi. Sembra un veterano dell’Inter per la capacità di fare da riferimento al suo reparto e ai compagni in generale. Non sbaglia un intervento. Quando si affaccia anche dalle parti di Maignan, parte il boato del tifo di fede nerazzurra.
- Bastoni 7: stabilizza, normalizza, efficienta. Serata da grande difensore, non fa di più e non occorre che strafaccia.
- Dumfries 6,5: conferma la fesa di crescita e ripresa. E’ un altro calciatore rispetto a quello evanescente di qualche mese fa e i compagni mostrano di farci affidamento. Lui riesce a battagliare con Theo ad armi pari, a volte pasa lui e altre volte viene sorpassato.
- Barella 7: onnipresente. Lo trovi dappertutto e dà quasi la sensazione che sia ubiquo. Vale per lui, vale per Tonali. Sono calciatori imprescindibili perchè a qualità tecnica e senso tattico aggiungono tutta l’anima che hanno in corpo.
- Calhanoglu 6,5: agisce in sordina, è meno prorompente di altre volte e bada al sodo. Apporto sostanziale in retroguardia, smista meno palloni e agisce in manovra con evidenti limitazioni, dovute al fatto che la partita dell’Inter non è volta all’attacco come quella dell’andata ma impostata con intelligenza e gestione del 2-0.
- Mkhitaryan 6,5: è il pezzo dello scacchiere di cui non puoi fare a meno perché ha qualità esclusive che confluiscono in un unico calciatore. Palleggio, impostazione, marcatura e inserimento. Ce n’è pochi altri così. La buona novella in casa Inter è che quando si è costretti a farne a meno per infortunio, il rincalzo è un certo Brozovic.
dal 43′ pt Brozovic 6,5: prende in gestione le direttive speculari che Inzaghi aveva affidato a Chala e Mhky e ci si adagia con l’abilità di un campione. Tradotto: entra subito in partita e ci resta fino alla fine. - Dimarco 6,5: anche il cuore nerazzurro più nerazzurro tra tutti quelli scesi in campo non spicca per la capacità di spaccare in due la partita semplicemente perché non è quello che era chiamato a fare. Ha svolto con attenzione certosina e senso del dovere ogni disposizione tattica affidatagli da Inzaghi. Dalla sua parte, non scappa via nessuno. Fonte:
- Dzeko 6,5: non è la gara del fioretto, stavolta è un incontro di boxe in cui tattica e agonismo l’hanno fatta da padrona. Nella grande intensità e aggressività che ha contraddistinto il match, anche Dzeko si è ritagliato uno spazio importante leggendo al meglio l’incontro. Non ha fatto mancare il fisico, il pressing, le spallate e ha provato a farsi trovare lì, a due passi da Maignan, tutte le volte che ha potuto. Costringe Maignan al miracolo a fine primo tempo.
- Lautaro 8: altra partita rispetto a quella che ci si attende da un bomber di razza ma è stata la sublimazione delle doti che rendono un calciatore come il Toro unico nel suo genere. La fascia da capitano la porta con grande dignità e responsabilità: non molla un pallone, fa i chilometri in lungo e in largo per supportare i compagni e dare il là alle ripartenze. Fa movimento in maniera incessante, è una furia che la retroguardia e la mediana rossonera riesco ad arginare ricorrendo spesso al fallo tattico. Il gol è un premio che suggella una prova di enorme maturità.
- Allenatore Inzaghi 8: che sarà sarà. Ma qualunque cosa possa essere, ha dato una lezione a tutti. In primis, alla dirigenza nerazzurra per averlo lasciato solo nei momenti topici. Poi ai tifosi più scettici e polemici – molti da tastiera – che hanno lanciato hastag per farlo fuori anzitempo. Infine anche ai calciatori che, quando si sono compattati intorno al tecnico, hanno ripreso a volare. Merita la standing ovation di San Siro, meriterebbe qualche scusa, potrebbe accontentarsi di una conferma più che meritata.
Le pagelle del Milan
- Maignan 7,5: manona aperta su Dzeko, quasi a dirgli “ci sono, ci sono”. La sicurezza e l’autorevolezza dell’estremo milanista è davvero al di sopra della norma: padrone del ruolo, interprete corale dell’impostazione, saracinesca insuperabile anche stasera. parata d’istinto su Dzeko impressionante, da vedere e rivedere.
- Calabria 5,5: il problema non è tanto lui, Calabria, quanto piuttosto l’avversario che si trova a fronteggiare. Questo Dimarco versione satanasso è laterale che metterebbe in difficoltà difensori ancor più quotati. Calabria fa il massimo, dà il massimo, stringe i denti e non si risparmia mai. Limita tanto eventuali danni ma va anche in affanno e soffre le ripartenze nerazzurre.
- Tomori 6: qualche incertezza arriva, un paio di volte preso in contropiede dai movimenti di Dzeko e Lautaro nella prima razione, assestamento migliore nella ripresa quando l’Inter si affida solo a ripartenze che la difesa rossonera riesce a smorzare con prontezza.
- Thiaw 6,5: ha un perché la sua presenza. Tiene botta meglio di Tomori, decisivo in chiusura e in anticipo. Gioca con personalità e lucidità, sempre freddo. Prestazione di spessore. Ricorre al fallo per fermare Lautaro, è un giallo speso bene.
- Theo Hernandez 6: cosa gli è mancato? Sprint, grinta, carica. Non è il Theo trascinatore delle volte indimenticabili, il tandem con Leao non ha brillato però abnegazione e spinta non le ha fatte venire meno mai. Le ripartenze fanno male ma sono poche.
- Krunic 6: lavora nel silenzio e fa sostanza. Non lo noti ma c’è: in mezzo al campo fa la diga e il maratoneta, la sua quantità è la stessa che consente ai compagni di mediana di provare a sfruttare spazi e fraseggi.
- Tonali 7: accidenti, clonatelo! Infinito Sandro, ha preso alla lettera l’esortazione di tifosi e ha portato sulle spalle i rossoneri per tutto il match. Corre, si danna, raddoppia, si propone, se ne va, raddoppia (a volte triplica), quando ne ha l’occasione conclude. Prestazione magistrale,
- Messias 6: il tandem con Calabria non decolla in fase offensiva, funziona meglio in quella di retroguardia. Non aggiunge pepe, non ci mette fantasia, non piazza il guizzo che pure ha nelle corde. Però è presente, resta in partita, ci prova e ci riprova.
- Diaz 5: il primo tiro pericoloso è il suo, il primo errore clamoroso anche, conclusione telefonata a Onana a tu per tu. Però è un altro calciatore rispetto alla gara di andata: più vivo, entra nel gioco, partecipa alla fase offensiva e a tratti riesce anche ad avviarla e ravvivarla. Le pecche sono l’evanescenza, la fretta, l’imprecisione e la discontinuità. Fonte:
- Leao 5: sornione. Non esplode, lo stesso Pioli ha provato a più riprese a capire se ci fossero problemi fisici. Primo tempo alla Leao versione peggiore per tre quarti della frazione: spesso avulso dalla manovra con la tendenza a spaziare molto lontano dall’area nerazzurra. Poi la fiammata che può cambiare il match: anticipa Darmian e fugge via. Trenta metri di campo, tutto meraviglioso tranne il tiro che attraversa lo specchio e si spegne a lato. Ripresa anonima.
- Giroud 5,5: è da un po’ di tempo che viene dato in condizioni non ottimali e si vede. Non ha mai fatto mancare la presenza e la dedizione ma non ha mai vinto un contrasto contro Acerbi. L’infiammazione al tendine è un problema oggettivo ma la pecunia di attaccanti decisivi del Milan lo è altrettanto.
- Allenatore Pioli 5,5: parta – o prosegua, fate voi – da qui la difesa di Stefano Pioli. Che si può discutere, per carità, ma ha affrontato la stagione della consacrazione con una rosa nettamente più debole della precedente. Il banco di prova vero, a questo punto, sarà solo la qualificazione obbligatoria alla prossima Champions League. Si comincerà a parlare con insistenza di rinnovamento, di cambiamento anche in panchina. Eppure, a leggere bene i numeri e ad analizzare con occhio clinico la rosa di questa squadra, ci si renderebbe conto che il problema non sta in chi siede sulla panchina rossonera. Stavolta, se mai va giudicato qualche operato, occorrerebbe passare prima a raccolta gli uomini della dirigenza (e di mercato).
Le pagelle dell’arbitro
Il nostro SUPERTOP
Il Toro vede rossonero ma è come se vedesse solo il rosso. Partita incredibile per qualità e quantità. Onnipresente in ogni zona del campo, corre chilometri ed è sempre nel vivo del gioco. Fa il capitano fino in fondo, la sua serata è magica anche se in zona tiro lo si è visto meno del solito, anche se per una volta alla specialità della casa ha anteposto il sacrificio. Tradotto: il gol non manca mai, assistito da Lukaku si è ritagliato l’occasione della sera e l’ha sfruttata a dovere. Lautaro è diventato grande mentalmente: standing ovation.
Il nostro SUPERFLOP
Brahim Diaz, altra insufficienza piena a dimostrazione che: 1) la sua stagione si conclude in maniera involutiva; 2) il numero 10 del Milan finisca sulle sue spalle è elemento che fa distonia con la storia prestigiosa del club e dei suoi numeri 10; 3) in sede di mercato occorrerà inventarsi qualcosa per intervenire in quella zona del campo; 4) riscattarlo o no? Sarà uno dei dilemmi che la dirigenza dovrà provare a risolvere in fretta. quel che è certo, al netto di tutto, è che Diaz sta facendo poco, pochissimo per avvallare la sua permanenza.
Inter-Milan coreografia dell’Euroderby
Altro record di incasso a San Siro, stavolta il botteghino ha rimpolpato le casse nerazzurre: Meazza sold out, oltre 12 milioni di euro finiti al botteghino. La cornice è la medesima delle partite che non si possono più dimenticare: indelebile il racconto della Curva Nord, altrettanto memorabile la narrazione della Curva Sud.
Un biscione che striscia lungo tutto l’anello arancione mentre con i cartoncini è stata formata la scritta “avanti Inter”. Nel settore caldo del tifo nerazzurro campeggia l’immagine del cavaliere crociato che para con lo scudo le frecce rappresentate dalle rivali dell’Inter in Champions. Appena sotto, uno striscione enorme: victoria nobis vita, la vittoria per noi è la vita.
Versante opposto: lungo il settore blu del secondo anello, striscione altrettanto evidente. All’assalto, a caratteri cubitali, con l’effige di un pistolero tinto di rossonero.
Il calendario dell’Inter: Champions, serie A, coppa Italia
L’obiettivo Champions resta vivo, acceso e vive di luce riflessa. Da qui al 10 giugno – la grande serata di gala del calcio che più conta – sarà caccia al biglietto per accaparrarsi un seggiolino dell’Atatürk Olympic Stadium di Istanbul. Il tifo interista ha un sogno da poter cullare fino alla fine: Manchester City o Real Madrid, si parte con lo sfavore dei pronostici ma chissenefrega. Quante altre volte ci si è approcciati da sfavoriti al match clou e poi il campo ha detto l’opposto? Cose turche, dicono, mica a caso…
All’appello, per i nerazzurri, anche un’altra finale: quella di Coppa Italia – alla quale arrivano da campioni in carica – contro la Fiorentina, in calendario il prossimo 24 maggio a Roma. Inzaghi proverà a mettere nella bacheca dell’Inter il nono trofeo della storia del club, sarebbe il suo terzo personale dopo i trionfi con la Lazio nel 2018/19 e con i nerazzurri nell’edizione scorsa.
Ultimo versante, la serie A: conservare il posto per la qualificazione in Champions League è fondamentale, non ultimo anche per motivi di bilancio. La classifica dice Inter 66: terzo posto, a +5 dal Milan quinto. Ultimi tre banchi di prova: il 21 maggio contro il Napoli in trasferta, la gara casalinga del 28 contro l’Atalanta, chiusura a Torino il 4 giugno contro i granata.
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Il calendario del Milan: resta solo la serie A
Non resta molto, né in termini quantitativi che qualitativi. Tradotto: saltati tutti gli altri obiettivi, ne resta ora uno solo, irrinunciabile, ovvero il quarto posto.
La prossima partecipazione alla Champions League passa da qui e la situazione dei rossoneri è tutt’altro che semplice: quinti in graduatoria col paradosso di fare la corsa non solo sulla quarta (la Lazio che ha 4 punti di vantaggio) ma anche sulla seconda, la Juventus, a quota 69.
Sarà la Giustizia sportiva a garantire un bonus ai rossoneri: certa la penalizzazione in casa bianconera (arriverà), occorre solo capire di che entità sarà e se, oltre a ciò, alla squadra di Massimiliano Allegri verrà preclusa o meno dalla Uefa la partecipazione alle prossime coppe europee.
Le sfide che per il Milan, a questo punto del torneo, valgono altrettante finali, ono tre: il 20 maggio al Meazza contro la Sampdoria; il 28 maggio a Torino contro la Juventus; il 4 giugno a San Siro contro il Verona.
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