Due nomi per la storia: Julio Velasco e Paola Egonu, senza se e senza ma. Due che a Parigi avranno gli occhi puntati addosso come succede solo ai migliori: il commissario tecnico di La Plata da un lato, fautore della “generazione di fenomeni” del volley maschile al quale (ironia della sorte) è mancato solo il metallo più prezioso ai giochi olimpici. E l’opposto di Cittadella dall’altro, la giocatrice più discussa (non solo per motivi tecnici), ma anche quella che più di qualunque altra stimola la fantasia degli appassionati. Nonché il perno attorno al quale l’Italia al femminile intende costruire il proprio percorso olimpico: nella storia non è mai arrivata una medaglia dal settore delle donne, stavolta (si spera) ci sarà solo da capire di che colore sarà. Senza star lì a fare troppo gli scaramantici.
- Il cantiere "veloce" dell'Italia di Julio
- Maledetta pressione: "Crea solo effetti indesiderati"
- Il fattore Egonu: "Serena e felice, ma non si vince da soli"
- Godersi il viaggio, giorno dopo giorno
Il cantiere “veloce” dell’Italia di Julio
Velasco è l’uomo al quale la FIPAV ha affidato la missione. A volte divisivo, certamente deciso e determinato come pochi altri nel settore. Di più: autoritario quanto basta, feroce nel difendere le sue ragazze, consapevole però dei rischi e dei pericoli che un’olimpiade più nascondere dietro ogni scambio. “Un torneo come questo comporta oneri e onori, ma è comunque un privilegio poterlo vivere, specie alla mia età”, fa sapere il vate argentino. Che è però all’esordio olimpico nel settore femminile, dove sente di poter investire tanto del suo tempo in questo ultimo scorcio di carriera.
“Non volevo finire la mia avventura senza aver provato questa sensazione. Sono tranquillo, felice e fiducioso”. Quest’ultimo aggettivo, figlio della forza mostrata dalle sue ragazze. “Che sono state brave ad assimilare in fretta le novità e i metodi di lavoro. Pensavo potesse volerci di più, invece sono state rapidissime. E la vittoria in VNL sta lì a dimostrarlo”.
Maledetta pressione: “Crea solo effetti indesiderati”
Sembra un paradosso, ma a sentire Velasco è proprio per via della vittoria nel torneo che tradizionalmente precede i grandi appuntamenti estivi che l’asticella s’è alzata. “In Italia certe volte è meglio perdere certe competizioni piuttosto che vincerle. Mi spiego meglio: tutte le volte che si vince, in Italia si generano attese enormi e questo mi fa pensare che forse era meglio perdere per davvero. Guardate Sinner: ormai gli si chiede di vincere sempre… si genera un entusiasmo che il più delle volte produce gli effetti indesiderati”.
Velasco usa un termine perentorio: pressione. “Che non è mai una cosa gradita, almeno per quanto mi riguarda. Essere obbligati a vincere è una delle cose più difficili che esistano al mondo. Ripenso a Djokovic a Tokyo: tutti gli avevano messo la medaglia d’oro al collo, è andata a finire che ha perso semifinale e finale per il bronzo. Da quando abbiamo vinto la VNL sento parlare solo di Italia da medaglia d’oro e non va per niente bene. È un fatto culturale tutto italiano, ma mi manda in bestia”.
Il fattore Egonu: “Serena e felice, ma non si vince da soli”
Avere Egonu dalla propria parte, però, aiuta. Vero, magari carica un po’ di quelle “pressioni” di cui il CT avrebbe fatto volentieri a meno, ma è impossibile non pensare a un’Italia da medaglia quando a roster c’è una delle migliori giocatrici al mondo. “La vedo veramente bene, anche fuori dal campo con le compagne. Si è allenata con la giusta determinazione, nella VNL è stata la migliore, una trascinatrice sotto ogni punto di vista.
Ma le fortune di Paola dipenderanno da tutto il rendimento delle squadra. So che il 90% delle persone non credono a queste parole, ma io le faccio sempre mie: nessuno vince da solo, si vince solo giocando di squadra. Poi è chiaro che ci sono i fenomeni, come lo è Paola. Che finché fa tutto bene viene osannata, ma se poi sbaglia una palla viene massacrata da chi fino a pochi istanti prima la teneva su un piedistallo”.
Lavorare sulla testa diventa allora ancor più importante. “Cercherò sempre di difendere le ragazze, perché si vince e si perde insieme. Non può dipendere solo da un pallone o da una giocatrice. E in questo il web ha fatto danni enormi, anche perché è dura dire alle ragazze di non leggere quel che dicono sul loro conto”.
Godersi il viaggio, giorno dopo giorno
Per arrivare all’oro, Velasco sa che esiste una sola ricetta: “Giocare sei partite al massimo, a cominciare dalla prima contro la Dominicana. Squadra che va comunque rispettata: ricordate l’Arabia Saudita che ha battuto l’Argentina all’esordio al mondiale in Qatar? Ecco, lo sport è questo e non sempre vince la squadra più forte”.
Alle ragazze il CT ripete con ossessione un solo mantra: “Pensare soltanto di essere qui, ora. Non serve guardare oltre: giorno dopo giorno, abbiamo la possibilità di costruire il nostro successo. In questi tre mesi abbiamo lavorato tanto e bene, ora c’è solo da finalizzare quanto fatto. Ho cercato di dare delle regole, creare delle gerarchie e mettere tutte nelle condizioni di rendere al meglio. Poi però sarà il campo a dire chi avrà avuto ragione”. Se Velasco o i milioni di CT sparsi nei bar di tutta Italia. Il Paese che “ama” mettere pressione alle sue eccellenze.