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Roma, Mourinho: "Non sono io il problema, ho detto no a offerta super. Alla squadra ho fatto un discorso"

José Mourinho rispolvera l'antica gestualità e ribadisce di non aver alcuna intenzione di lasciare la Roma: ecco cosa ha detto ai calciatori dopo il ko col Genoa.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

Sbatte la mano sul tavolo, come a voler ribadire il concetto. “Non sono io il problema”. E ancora: “Non me ne vado”. Il momento è delicato e José Mourinho rispolvera l’antica gestualità. La sua Roma è partita molto male, ma lo Special One è convinto di poterla risollevare. Non ha paura dei fischi, dei cori, o degli striscioni del pubblico: chiede solo di poter lavorare in pace, lui e la squadra, a cui ha fatto un discorsetto dopo la disfatta di Marassi col Genoa.

Roma, così Mou dopo il 4-1 col Genoa

Per Mourinho è tutta una questione di testa:

“Non dobbiamo cercare nessun tipo di alibi. Il solo punto conquistato prima della fine del mercato ha messo peso a tanti giocatori. Dopo l’incredibile risultato contro l’Empoli e dopo la vittoria in Europa League ho pensato che quel peso fosse uscito dalle spalle, ma non è stato così. Il pareggio di Torino in situazioni normali sarebbe stato un punto positivo, non per noi. Col Genoa mi aspettavo continuità, un miglioramento. Sono successi tanti episodi negativi, mancava il giocatore più consistente al centro della difesa e abbiamo peggiorato”.

È l’emergenza, secondo Mou, ad aver determinato problemi di natura tattica:

Cristante e Ndicka non hanno mai giocato nella difesa a quattro. Fischi? Dobbiamo avere coraggio di accettare una reazione di romanismo e avere rispetto per questa manifestazione dei tifosi, sia positiva che negativa. Dobbiamo soprattutto avere il coraggio di giocare contro una buona squadra, il Frosinone che sta psicologicamente molto bene. Avrei preferito giocare oggi”.

Mourinho e il futuro alla Roma

Lungo e articolato il discorso su rinnovo ed eventuali dimissioni, in cui il tecnico portoghese si aiuta con le mani:

Tre mesi fa, dopo Budapest, c’era quasi un dramma a pensare che io potessi andar via. In campo dissi ai giocatori che sarei rimasto. Tre giorni dopo abbiamo vinto contro lo Spezia e ho detto ai tifosi che sarei rimasto. Poco dopo ho dato la mia parola a Friedkin che sarei rimasto qui. In estate ho avuto la più grande, pazza offerta di lavoro che un allenatore abbia mai avuto nella storia del calcio. L’ho rifiutata per la parola data a calciatori, tifosi e proprietario. Ora sembra che il problema sia diventato io e non lo accetto. Io non sono un problema“.

E ancora:

“Il calcio è multifattoriale, nelle vittorie e nelle sconfitte il merito o la colpa non è mai di uno solo. Fino al 30 giugno sono qua a lottare ogni giorno, a lavorare ogni giorno per la squadra, la società e i tifosi. L’unico che può dirmi di andar via è Dan Friedkin. Non ho paura di pressioni esterne, di fischi. Se vogliono possono venirmi a trovare a Trigoria, dove vivo, oppure fuori a cena dove vado con gli amici, o negli alberghi dove a volte passo una o due sere, per non stare in questo ambiente chiuso. Stasera sarà con i miei giocatori, come sempre, a prendere la responsabilità di ciò che succede in questa partita”.

Col Frosinone giallorossi in emergenza

Col Frosinone potrebbero esserci delle novità:

“Quando Smalling si è infortunato siamo rimasti in tre proprio quando si gioca tanto. Ma ripeto, non cerco alibi o colpevoli: non è colpa di nessuno. Tutti conosciamo la situazione del FPF e come la Roma sia vincolata sul mercato. Cristante ha avuto un’evoluzione fantastica a livello tecnico, di capire il gioco. Per giocare a quattro col Frosinone devo convocare Joao Costa come ala destra ed El Shaarawy ala sinistra. Dybala non può giocare esterno. “Tra Ndicka e Ibanez come difensore puro non c’è confronto. Con la palla, Ndicka è molto meglio. Ibanez gli errori li faceva con la palla, in marcatura era un guerriero”.

Serve una risposta di carattere da parte della squadra:

“Mi aspetto di più dai giocatori e da me stesso. Ai miei non ho mai detto di fare i movimenti che ci sono costati dei gol contro il Genoa. Ma coi miei ragazzi sono amico, c’è empatia e questa è una base che non ha prezzo. Con loro non sono mai solo, anche se mi piace isolarmi nelle mie analisi. Ora mi aspetto di più, mi aspetto di vedere in campo le cose che prepariamo, una fame e una responsabilità diversa.

Le parole di Mourinho ai calciatori della Roma

Infine sul confronto avuto con la squadra dopo il ko di Marassi:

“La riunione che ho fatto con i giocatori l’ho iniziata dicendo: ‘farò delle domande e risponderò alle stesse domande, mi metto dove siete voi e se sbaglio nelle risposte, ditemelo’. Ho fatto dieci domande, ho risposto a tutti e nessuno mi ha detto mai che avevo sbagliato. Perché l’ho fatto? Primo perché li conosco molto bene, secondo perché non volevo sentire nessun tipo di opinione”.

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