Un Sei Nazioni bello come questo l’Italia non l’aveva masi vissuto prima. E poco importa se la posizione finale non sarà la migliore di sempre: aver chiuso l’edizione 2024 al quinto posto sarà un dettaglio che non ricorderà quasi nessuno, perché le due vittorie ottenute contro Scozia e Galles e il pari conquistato in Francia bastano e avanzano per consegnare al pubblico italiano le risposte a lungo desiderate. Soprattutto quelle che cinque mesi fa, al ritorno da un mondiale in terra di Francia vissuto alla stregua di un’occasione sprecata, sembravano essersi dissolte nuovamente nei meandri di un movimento incapace di estrarre ragni dal buco.
- Dalla polvere alle stelle: la metamorfosi azzurra (in 5 mesi)
- Le tre partite che potrebbero aver cambiato la storia italiana
- Quesada elogia il gruppo: "Questa è una squadra completa"
- La filosofia di Quesada: "Coraggio e un nuovo approccio"
Dalla polvere alle stelle: la metamorfosi azzurra (in 5 mesi)
L’avvento di Gonzalo Quesada ha portato quella ventata di ottimismo e novità che molti invocavano da tempo. Di più: ha permesso a una generazione di giocatori di scrollarsi di dosso un po’ di quella polvere che s’era posata sulle loro spalle dopo un biennio nel quale il “vorrei ma non posso” era stato all’ordine del giorno. Crowley qualche merito in questo processo di crescita lo ha avuto, seppur sepolto dalle grandinate subite ad opera di Nuova Zelanda (96-17) e Francia (60-7).
Quesada ha saputo innovare mantenendo l’intelaiatura, ma dando alla squadra coraggio, sfrontatezza e uno spirito d’intraprendenza raramente visto prima. Uno spirito emerso nel corso del secondo tempo del match inaugurale contro l’Inghilterra, sparito del tutto nella debacle di Dublino contro l’Irlanda (36-0, ma poteva finire anche peggio).
La prima pausa del torneo, però, ha aiutato: è lì che il commissario tecnico argentino ha saputo toccare le corde giuste, e il pari di Lille con la Francia (con il rimpianto del palo colpito da Paolo Garbisi a tempo scaduto, senza il quale l’Italia avrebbe chiuso addirittura il torneo al terzo posto) è stata la scintilla che ha fatto scoccare un nuovo big bang.
Le tre partite che potrebbero aver cambiato la storia italiana
La settimana contro Scozia e Galles ha offerto al mondo la versione migliore dell’Italia. Quella che ha saputo rialzarsi e risalire la corrente contro gli scozzesi, per giunta resistendo al ritorno finale degli avversari (l’ultima azione, 24 fasi senza commettere fallo e resistendo in trincea, è il nuovo manifesto del rugby azzurro), e quella che ha demolito anche psicologicamente il Galles a domicilio nell’ultima partita del torneo, orfana di Capuozzo (ma Pani non l’ha fatto rimpiangere) e in generale mostrando un’attitudine alla battaglia e al controllo del gioco davvero notevoli, soprassedendo su qualche sbavatura nel finale che ha reso meno amaro il passivo per i Dragoni.
Tre partite che potrebbero aver cambiato per sempre la storia del rugby italiano, spedendo il XV azzurro per la prima volta all’ottavo posto del ranking IRB e mettendo a tacere una volta per tutte le voci di chi voleva l’Italia fuori dal Sei Nazioni, specie dopo il ko. di Batumi con la Georgia.
Quesada elogia il gruppo: “Questa è una squadra completa”
Il sorriso di Quesada a fine partita è l’emblema della gioia che ha pervaso lo spogliatoio azzurro. “Essendo l’ultima partita, ce la godremo per un bel po’”, spiega in conferenza stampa. “Siamo un gruppo bellissimo, tanto a livello tecnico quanto soprattutto a livello umano, con un’etica del lavoro incredibile.
I meriti vanno dati ai ragazzi: io sono felicissimo e soddisfatto nel vederli giocare in questo modo e per come hanno abbracciato la nostra metodologia di lavoro in queste prime settimane. Lamaro, da buon capitano, ha fatto emergere le migliori virtù di questo gruppo, che ha dimostrato di avere carattere e grinta da vendere. Siamo una squadra completa, che può attaccare, difendere e lottare in ogni zona del campo”.
La filosofia di Quesada: “Coraggio e un nuovo approccio”
Spiegare un salto di qualità così repentino non è impresa semplice: “C’è stato un gran lavoro per cercare di far approcciare meglio le partite, e credo che abbia pagato. Il gioco al piede è stato un altro aspetto fondamentale che ci ha permesso di mettere sotto pressione gli avversari. La seconda meta è stata preparata in allenamento: 5-6 passaggi perfetti ci hanno consegnato un’opportunità unica, ma solo una squadra che ha coraggio e non ha paura di vincere può riuscire a fare un’azione simile”.
Giovane, sfrontata e camaleontica: è l’Italia secondo Quesada, è l’Italia più bella mia vista su un campo da rugby, almeno da un lustro abbondante a questa parte. Chi l’avrebbe detto solo cinque mesi fa?…