Una volta Gary Lineker, ex attaccante della nazionale inglese (oggi brillante commentatore), disse che il calcio era una gioco semplice, dove 22 uomini potevano arrivare a giocare anche 120’, e poi avrebbe vinto la Germania. Nel ciclismo manca un Gary Lineker, ma si potrebbero prendere in prestito le sue parole per dire che il Tour de France è una corsa semplice, dove oltre 150 corridori se ne danno di santa ragione per 21 tappe, poi alla fine vince sempre uno tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.
- Pogi e Vingo, la sfida infinita. Ma ci sono tutti i big
- Il danese ha un piano: "Più muscoli e più fiducia"
- Tadej elogia il rivale: "Lui è il più forte in salita"
- Sono 11 gli italiani al via: non vinciamo una tappa dal 2019...
Pogi e Vingo, la sfida infinita. Ma ci sono tutti i big
Non è un caso se si parla dei monopolizzatori del decennio in corso, coloro che si sono spartiti le ultime 5 maglie gialle assegnate alla grand boucle. Pogacar è avanti 3-2 nei confronti diretti, ma da quando Vingegaard ha alzato il proprio livello (stagione 2021) si può affermare che stiamo due pari. E “la bella” comincia domani, da Lille, teatro della frazione inaugurale di un Tour che si preannuncia spettacolare.
Anche perché tutti i big del pedale si sono dati appuntamento sulle strade di Francia, un po’ per fare un “favore” agli sponsor, un po’ perché esserci conta più che vincere (per il 99% della carovana, s’intende), o se preferite è già una vittoria. Pogacar e Vingegaard si giocheranno presumibilmente la vittoria finale, Van Aert e van der Poel aggiorneranno le statistiche della loro rivalità ultra decennale che spazia dal ciclocross alla strada, Evenepoel e Roglic andranno a caccia di un posto sul podio, Milan e Philipsen se le daranno di santa ragione nelle (poche) volate in programma e chi più ne ha, più ne metta.
Per rendere meglio l’idea: Simon Yates, recente vincitore del Giro d’Italia, correrà da gregario di Vingegaard. Così come Joao Almeida (vincitore al Giro di Svizzera due settimane fa) e l’altro Yates, Adam, faranno altrettanto per Pogacar. Pesci grossi per rendere ancora più affamati gli squali che puntano alla maglia gialla.
Il danese ha un piano: “Più muscoli e più fiducia”
A metà giugno al Delfinato, tradizionale antipasto del Tour, Pogacar ha vinto su tutta la linea quando la strada ha cominciato a salire. Vingegaard però aveva un’attenuante: era la prima volta che tornava in gara dopo la caduta (con annessa commozione cerebrale) rimediata alla Parigi-Nizza a metà marzo. A cronometro il danese era andato meglio, ma i chilometri contro il tempo saranno una cinquantina in tutto, e le montagne della seconda e terza settimana paiono destinate a fare molta più selezione.
“Abbiamo un piano e proveremo a metterlo in atto”, ha spiegato Vingo alla vigilia della partenza. “Sono più forte che mai, ho più muscoli e sono un po’ più robusto rispetto a un anno fa. Sento di avere più potenza e questo rappresenta un vantaggio sulle salite del Tour, spesso lunghe e pedalabili. Soprattutto mi consentirà di rispondere con più prontezza agli attacchi di Pogacar e di essere più esplosivo.
Ammiro molto Tadej: quando mi alleno lo faccio pensando a quanto mi abbia spinto a migliorare, giorno dopo giorno. Non siamo spaventati dalla sua forza perché qualche debolezza la tradisce, ma dovremo essere pressoché perfetti per provare a fermarlo”.
Tadej elogia il rivale: “Lui è il più forte in salita”
Pogacar s’è preparato a puntino per il Tour, ma ha detto di aver tratto giovamento soprattutto da una cosa: “Ho spento i social, li uso e soprattutto li guardo molto meno. Ho tolto anche il follow a tanti media e giornalisti e fidatemi, si vive molto meglio così”.
Su Vingegaard, solo elogi: “È il miglior scalatore al mondo e sulle salite lunghe sa essere molto continuo. A cronometro ce la battiamo, da 4 anni a questa parte con lui è una battaglia sempre molto serrata, ma ci sono tanti giovani che potrebbero inserirsi e preferisco pensare a una cosa alla volta. Soprattutto alla prima settimana, dove perdere secondi o minuti è un attimo…”.
Sono 11 gli italiani al via: non vinciamo una tappa dal 2019…
E con gli italiani al Tour come siamo messi? Intanto è già una buona notizia sapere che è stato scongiurato il pericolo di assistere al minimo storico di partenti (saranno 11: tre in più sul 2024, 50 in meno rispetto a 29 anni fa…). Ma non vinciamo una tappa da 106 frazioni (Nibali a Val Thorens nel 2019…) e per provare a rompere l’incantesimo ci si dovrà affidare alle volate di Jonathan Milan o ai numeri da crono man di Filippo Ganna.
Proprio nelle cronometro potremmo dire di più la nostra, essendo della partita anche Edoardo Affini e Mattia Cattaneo. Simone Consonni avrà il ruolo di lanciare le volate di Milan, Matteo Trentin sarà il solito regista in corsa della Tudor (e se ci fosse l’opportunità di uno sprint ristretto, chissà…), Alberto Dainese, Simone Velasco e Vincenzo Albanese potrebbero a loro volta tentare la sorte allo sprint.
Davide Ballerini e Gianni Moscon possono solo sognare di giocarsi qualche tappa, magari partendo da lontano. Già interrompere la striscia negativa che dura da 5 Tour (guarda a caso da quando è comparso Pogacar) sarebbe un bel modo per dimenticare i dolori del recente passato.