Tutti a parlare di Sinner, che ha preso su di sé riflettori e click. Ma di Tyra Caterina Grant in tanti cominceranno a parlare, e pure presto: sin qui ha fatto notizia per la scelta (che poi scelta non è, come spiegato dalla giocatrice stessa) di decidere di giocare come atleta italiana e non statunitense, adesso però è il campo che potrebbe farlo per lei, col primo turno del WTA 1000 di Roma che l’attende nell’incrocio contro un’atleta proveniente dalle qualificazioni e con la canadese Leylah Fernandez (numero 26 del ranking) sullo sfondo al secondo turno.
- L'emozione del debutto romano: "Ma non sento la pressione"
- Una scelta che non è una scelta: "Io sono italiana..."
- Le similitudini con Sinner, il legame con l'Italia
L’emozione del debutto romano: “Ma non sento la pressione”
Tanto clamore forse non se lo sarebbe aspettato nemmeno Tyra, che pure nella sua prima conferenza stampa romana non s’è sottratta ad alcuna domanda. E anzi ha fatto capire di sapere bene ciò che l’aspetta, limitatamente all’aspetto tennistico.
“Sono arrivata in città da una settimana, mi sto allenando tanto e ho avuto modo anche di farlo sui campi dove presumibilmente andrò a giocare, quindi sul Pietrangeli o sul campo 2. Certo, sarebbe favoloso se alla fine capitassi sul Centrale, ma va bene qualunque campo, purché possa esprimere il mio tennis. So di avere un’opportunità unica, perché giocare questo torneo a 17 anni è qualcosa di sensazionale ed emozionante. Ma cercherò di farmi trovare pronta”.
Però il contorno in qualche modo è un po’ straniante. “Vero, non mi aspettavo tante attenzioni, e la cosa mi fa sentire un po’ in imbarazzo. Però se c’è questa tensione vuol dire che qualcosa di buono in me lo hanno visto, e questo mi fa pensare positivo. So che in tanti si aspettano cose importanti da me e allora spero che già al Foro Italico ci saranno tante persone a sostenermi e a farmi il tifo. Sarebbe certo un bel modo per cominciare”.
Una scelta che non è una scelta: “Io sono italiana…”
Sulla scelta di passare definitivamente alla nazionalità italiana, Tyra dice di non aver dovuto scegliere nulla di particolare. “L’ho già detto a suo tempo: sono nata e cresciuta in Italia, mi sento italiana e credo che fosse giusto fare questo passo. Perché prima giocavo da statunitense? Perché a un torneo mio padre disse che ero americana, ma lo fece di default, così, spontaneamente, senza pensarci su troppo. Da allora è rimasto, poi però ho capito nel tempo che mi sentivo più italiana e la mia famiglia mi ha appoggiato in tutto e per tutto. Avevo questa opportunità per “tornare italiana” e l’’ho colta, ma non c’è nulla di diverso da ciò che ho detto”.
Anche se qualche critica dagli USA s’è levata, quasi come se la scelta di Grant sia stata più “opportunistica” che realmente convinta. “Non è stata una scelta opportunistica. Con gli USA ho giocato in Billie Jean King Cup, penso che anche se avrei avuto più “concorrenza”, di sicuro non avrei avuto difficoltà a impormi. Nel senso: se dovessi riuscirci da italiana, allo stesso modo ci sarei riuscita da statunitense. La competizione non c’entra assolutamente nulla, sbaglia chi sostiene il contrario”.
Dagli USA però Tyra ammette di aver appreso tanto: “L’approccio alla pratica tennistica, che in Italia sta arrivando ora grazie ai risultati di Sinner e Paolini, ma che in America è insita nel tessuto sociale da sempre. Però l’Italia mi piace di più per il cibo, per come sono predisposte le città, e anche per la lingua. Il sogno di andare a vivere negli States lo avevo da piccola, poi col tempo ho cominciato a sentire la mancanza dell’Italia”.
Le similitudini con Sinner, il legame con l’Italia
A chi indica Grant come la Sinner dell’Italia del tennis al femminile, la diretta interessata risponde senza girarci troppo intorno. “Jannik è una cosa, Tyra un’altra. Ci conosciamo perché anch’io sono passata dall’accademia di Piatti a Bordighera, ma le nostre storie sono differenti. Io in famiglia ho vissuto due tipi di cultura differenti, e dall’uno e dall’altro ho potuto apprendere tanto. Anch’io come lui ho fatto tanti sport da piccola, poi quando ho cominciato a giocare a tennis ho iniziato a prendere lezioni di pianoforte, ed ero davvero brava. Alla fine ho scelto di diventare una tennista, ed eccomi qua”.
Italiana, con Tathiana Garbin che la terrà sicuramente d’occhio già in questa prima tappa romana. “Ho avuto modo di conoscerla, c’è un bel rapporto tra noi. Ma ripeto, non ho scelto di giocare da italiana perché mi trovavo bene con la federazione o cose simili…”.
Su una cosa però Tyra fa capire di avere le idee chiare: “Io mi sento italiana e ho sempre vissuto bene da italiana. Non ho mai ricevuto accuse di razzismo, quindi non so se ritenermi fortunata o se semplicemente non ho mai dato modo agli altri di attaccarmi. Ho tantissimi amici, amo questo Paese e sono felice di poterlo rappresentare. Spero di poter ripagare la fiducia che mi è stata data, anche se servirà tempo per imparare e per diventare una tennista di livello”. Tutti però sono pronti a scommettere sul talento di Tyra. E Roma vuole aiutarla a crescere ancora più in fretta.