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Volley femminile Egonu-Mazzanti faccia a faccia. Cosa è successo nelle ore in cui Paola ha detto basta

La seconda vita in azzurro di Paola Egonu s’è chiusa, se possibile, peggio della prima. La 24enne ha deciso, in concerto con il ct e la federazione, di prendersi una pausa dalla nazionale. I retroscena sulle ultime ore

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Da un aeroporto a un altro. Si misura tra un paio di gate il peso di uno strappo nasato, acclarato e poi reso ufficiale: Paola Egonu ha deciso che basta così, la forza per reggere tutto non ce l’ha. Archivia temporaneamente la sua esperienza con la nazionale italiana di volley guidata da Davide Mazzanti. Cosa è successo nelle ore più incidenti? La ricostruzione dei momenti cruciali riporta in Belgio, dalle parti di Zaventem.

Il nuovo ruolo di Egonu

L’epilogo della spedizione europea della pallavolo femminile è un pasticcio sportivo che fa baccano: non fosse bastato il crollo mentale nell’ultimo set della semifinale europea persa contro la Turchia, non fosse bastata la tabula rasa della finalina, quella in cui l’Olanda ci ha preso a pallate.

Il nuovo ruolo ritagliato su misura da Davide Mazzanti per Egonu non poteva reggere, anzi: non ha mai retto, anche se i risultati sono riusciti a fare da velo intorno a una situazione che non stava in piedi.

Poi, però, quegli stessi risultati hanno fatto saltare il banco: ci sono decisioni che per sostenerle è un casino. O si incastra tutto o viene fuori tutto. Quando l’Italvolley ha cominciato a perdere, è venuto fuori tutto.

Il fardello di un dualismo annunciato – eppure va detto: Paoletta e Kate Antopova, forse, sono state quelle più capaci di viverlo con autorevolezza e professionalità – ha finito per schiacciare Ct e Federazione.

Mazzanti come De Giorgi: ma c’è un ma

La coralità prima deli personalismi, il gruppo da anteporre alle individualità: la strada tracciata da Mazzanti è stata chiara fin da principio. Ricalca in maniera fedele il medesimo approccio di Fefè De Giorgi con l’Italia maschile. Il guaio, però, è che sono situazioni completamente differenti.

Il punto è che De Giorgi una Egonu non ce l’ha, Mazzanti sì. E Paoletta non è solo il volto di punta del volley femminile italiano: è uno dei simboli più efficaci della pallavolo mondiale. Sta ai livelli di Melissa Vargas, il martello cubano che ha preso in spalle la Turchia e l’ha portata a vincere l’Europeo. Egonu, pur di esserci, se l’è fatto andare bene: ha fatto panchina, ha fatto il tifo, ha fatto la brava.

Ha fatto – dice lo score – la settima, ottava scelta. Mazzanti l’ha schierata col contagocce: quando serviva, quando c’era da sbrigare faccende delicate, quando bisognava risolvere problemi.

La seconda vita di Paola in Azzurro

La seconda vita in azzurro di Paola Egonu s’è chiusa, se possibile, peggio della prima. Perché un anno fa, dopo lo sfogo seguito al bronzo conquistato nei campionati mondiali, a vuotare il sacco era stata lei, al culmine di un periodo fatto di stress emotivo e pressioni provenienti da ogni parte che l’avevano logorata nella testa, prima ancora che nel fisico.

Stavolta è tutto diverso: Paola non parla da mesi, ha lasciato che per lei lo facesse il campo, dove pure è stata chiamata in causa troppe poche volte per riuscire a risolvere in un amen i problemi che la nazionale femminile si trascina dietro ormai da più di un anno.

Al termine di uno degli Europei più complessi e contorti della storia della pallavolo italiana, senza dar troppo nell’occhio ha deciso di farsi nuovamente da parte, aspettando tempi migliori e auspicando che, da qui a breve distanza, possa delinearsi all’orizzonte un futuro meno turbolento, fatto di certezze e non di precarietà.

Fonte: Ansa

Uno dei pochi istanti in cui Paola Egonu è stata impegnata nel corso di EuroVolley: qui al servizio contro la Spagna

C’è un solco tra Mazzanti ed Egonu

La rottura di Paola Egonu era scritta (Francesca Piccinini si è complimentata con lei per aver avuto una bella pazienza ed essersi fatta trovare sempre pronta): dopo essere stata un caso razziale è diventata un caso politico; poi è finita nei pensieri di un generale dell’esercito quale esempio di chi – o chi no – possa storicamente essere emblema di italianità. Ora il caso diventa sportivo: c’è un solco tra la visione di Mazzanti e la presenza di Paoletta.

Non è facile essere Paola Egonu nell’Italia del 2023. Sportivamente parlando, la sua è stata un’estate al limite della sopportazione: Mazzanti l’ha portata agli Europei, ma è sembrata più una scelta di altri (della FIPAV?) che non sua.

Un rapporto logoro da tempo

Il rapporto col commissario tecnico, del resto, è logoro da tempo: dietro la decisione presa nell’ottobre dell’anno scorso, dopo la finale per il bronzo mondiale contro gli USA, al netto delle critiche assurde ricevute (una su tutte le fece male: le chiesero “ma sei davvero italiana?”), Egonu volle mandare un segnale anche alla Federazione, lasciando intendere che per il bene di tutti fosse giunta l’ora di cambiare.

Messaggio recapitato ma non accolto, se è vero che 9 mesi dopo ci si ritrova punto e a capo: una convivenza forzata che non ha pagato dividendi, semmai alimentato caos. La versione “a mezzo servizio” di Paola o, come l’ha ribattezzata qualcuno, il suo ruolo di “sesto uomo” (nel basket è il primo in uscita dalla panchina, una sorta di titolare mascherato), ha generato confusione e non ha dato alla nazionale quelle certezze di cui aveva bisogno.

Una rinuncia che sta nella logica delle cose

La rinuncia a giocare il preolimpico non ha sorpreso nessuno, e appare anche piuttosto logica. Che poi sia stata concordata o meno, questo non aggiunge nulla alla discussione. S’è detto di un confronto con toni abbastanza duri e accesi tra giocatrice e allenatore prima della finale per il bronzo con l’Olanda, ma la verità è che in questa storia si naviga un po’ a vista, prendendo un pezzo di qua e un altro di là, senza sapere cosa si celi davvero dietro la rottura tra Egonu, Mazzanti e il mondo che li circonda.

Non sarà facile, da qui in avanti, nemmeno essere Mazzanti: nelle ultime 24 ore l’hastag MazzantiOut è decollato. Del resto, si diceva, questa è anche una storia di aeroporti.

Fonte: Ansa

Concentrato, pensieroso, preoccupato? Lo sguardo di Davide Mazzanti nel match contro le francesi

Belgio, aeroporto Bruxelles-National

Belgio, aeroporto Bruxelles-National, dalle parti di Zaventem. L’Italia si sta imbarcando per Roma: il viaggio di ritorno è u nnon-luogo nel quale i volti sono cupi, le teste chine, non c’è voglia di dire niente.

Solo soffiarsi via: staccare la spina per un po’. Paola Egonu è arrivata al limite: oltre non riesce ad andare. Il trattamento subito durante l’Europeo è indigesto.

Cosa è accaduto nelle ore dello strappo

La ricostruzione delle ore più calde è un rendiconto – l’ottimo Mattia Chiusano, su Repubblica, è analitico – nel quale si appuntano il primo faccia a faccia, quello tra Egonu e Mazzanti, poi l’altro, tra Paola e il presidente federale Giuseppe Manfredi. Egonu non ha mai detto di rifiutare l’Azzurro.

Non ha mai detto di non voler giocare per l’Italia: probabilmente non saprebbe nemmeno come pensarla, una roba del genere. Tutt’altro: Paoletta ha sempre cercato di farla grande, l’Italia ma ha detto basta. Basta a quest’Italvolley, alla situazione, all’inconciliabilità.

Faccia a faccia con Mazzanti, poi con Manfredi: ha trovato la sponda del presidente, che ha capito – riportano i quotidiani – e scelto la linea dialogante.

Il comunicato congiunto e un altro aeroporto

Concordano un comunicato: un periodo di riposo per Paola, il cui attaccamento alla maglia azzurra non si discute, che non prenderà parte al Preolimpico e non è nell’elenco delle 15 convocate dal ct che il prossimo 9 settembre si ritroveranno a Cavalese.

Il 14 settembre, quando le atterreranno all’aeroporto Władysław Reymont di Lodz, Polonia, Paoletta sarà altrove, lontano da lì.

Cosa succede adesso

Quello che accadrà, adesso, è imprevedibile ma una cosa è certa: non si tratterà più soltanto di sport. In molti predicono l’intervento più strettamente politico-istituzionale, qualcuno azzarda addirittura che il Coni proverà a infilarci il naso.

Altri ancora non reputano la posizione di Mazzanti così salda: potrebbe tornare in bilico anche il Ct su cui pesa come un macigno la gestione della vicenda che ha stravolto equilibri interni e inciso anche sulle relazioni tra le azzurre. Scrive il Corriere della Sera:

La sera prima di Italia-Olanda, dopo cena, la squadra si è ritrovata alle 20.30 in una delle quattro sale video un allestite al settimo piano del Van der Valk Brussels Airport Hotel per le ultime indicazioni sulle avversarie in vista della finale per il terzo posto. Lo staff tecnico era lì già dal primo pomeriggio a preparare tutto il materiale. Qualche minuto prima dell’orario prefissato arrivano le ragazze. Escono dai due ascensori a gruppetti di 3-4. E poi c’è Paola Egonu, da sola a chiudere la squadra.

Una ragazza divisiva

Paola Egonu compirà 25 anni a dicembre, eppure è da un decennio che è sulla bocca di tutti. Da quando realizzò 46 punti contro San Casciano che non era ancora maggiorenne (ottobre 2016), lasciando intravedere sprazzi di classe assoluta.

In un movimento che cercava non senza fatica di tornare ai fasti di inizio millennio, Paola ha fatto irruzione sulla scena come un’onda che s’infrange sugli scogli. Ha mosso le acque, poi ha preso piena coscienza dei propri mezzi: l’argento mondiale della nazionale azzurra del 2018 l’ha rivelata al mondo, e da allora niente è stato più lo stesso.

Dopotutto Paola è la classica ragazza divisiva e, per quella porzione d’Italia rimasta ancora impantanata negli stereotipi, è diventata più un bersaglio che un esempio. Lei che è nata a Cittadella, provincia di Padova, da genitori nigeriani regolarmente immigrati anni prima, ma che ha dovuto attendere 14 anni prima di vedere riconosciuta la propria cittadinanza italiana.

Lei: forte, fortissima e senza alcuna paura a essere se stessa. Dopo il mondiale 2018 ha dichiarato di amare una donna per uscire allo scoperto qualche anno più tardi, con un nuovo amore, stavolta un uomo, quasi a voler confondere e rivendicare.

Il volto del volley

Per il movimento nazionale è una sconfitta senza attenuanti: l’Italia ha dimostrato di saper gestire e tantomeno a sfruttare quello che viene universalmente riconosciuto come il migliore opposto al mondo (se non lo è, comunque è da top 3 mondiale con Vargas e Boskovic), capace di segnare 42 punti in una finale di Champions League (ne ha tre in bacheca: una con Novara, una con Conegliano, una con il VakifBank, e in tutte tre le occasione è stata eletta MVP della competizione) e in grado di fare incetta di trofei con le squadre di club come se non ci fosse un domani.

In nazionale però Paola deve sempre dimostrare qualcosa di più, quasi costretta a giocare una “partita doppia”: non ci sono soltanto le avversarie dalla parte opposta della rete, ma anche una selva di aspettative, pressioni, attese e giudizi che precedono l’inizio stesso di una partita.

Qualcuno dovrà decidere da che parte stare

La volontà di prendersi un’altra pausa dall’azzurro è figlia anche della consapevolezza che senza una ritrovata serenità il suo ruolo di faro e di guida del movimento non potrà mai ritrovare lo slancio di un tempo. La scelta di trasferirsi in Turchia era sembrata un punto di non ritorno, quasi una liberazione per tenersi lontana da quei riflettori che in Italia avevano finito per accecarla.

Ora che ha deciso a tornare in Serie A (sarà la punta di diamante dell’ambiziosa Vero Volley Milano) sa che la vita potrebbe riservarle altre montagne, ma questa estate potrebbe averle tolto un po’ di pressione dalle spalle. Paola rimane il volto del volley azzurro: a presentare Sanremo hanno chiamato lei, mica Mazzanti. E prima o poi qualcuno dovrà decidere da che parte stare.

Ha collaborato Roberto Barbacci

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