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Antonella Elia: "Agli Azzurri chiediamo di gioire dopo la pandemia"

La showgirl, reduce dal GF Vip, confida le sue aspettative sugli Azzurri, gli anni con Raimondo Vianello a Pressing e la paura del pallone. Che ha segnato il rapporto con il calcio

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Con la consueta leggerezza, quasi un effetto inevitabile della drammatizzazione che l’ha portata sul palcoscenico e in televisione, Antonella Elia affronta un rapporto irrisolto con il calcio in un’intervista spontanea, quasi ilare, con tratti di estrema malinconia – però – quando si tocca un passato quasi idilliaco dal punto di vista televisivo. Quando Pressing era uno degli appuntamenti fissi della domenica, Antonella Elia ha goduto dell’indimenticabile maestria di Raimondo Vianello, un modello ancora oggi inimitabile sul fronte del video al pari di Mike Bongiorno. A Virgilio Sport svela il suo rapporto complicato con il pallone e un episodio infantile che ha compromesso questa relazione.

Antonella, la stai seguendo questa Italia agli Europei?
No! (ride) Tutto quello che so, è per sentito dire. Il mio livello di approfondimento calcistico è rimasto a quando facevo “Pressing”, che ricorderete essere disastroso. A parte questo, sono arrivata a casa tardi perché ero prima in Valpolicella e prima ancora sul Monte Rosa.
Spero abbia vinto…

Ha vinto. E siamo qualificati per gli ottavi di finale.
Sì, questo l’ho sentito in radio. Possiamo dire che gli Azzurri stanno dando grandi soddisfazioni agli italiani. È un dono dopo la pandemia poter gioire con la nostra Nazionale: sono molto fiera di loro. Poter ambire alla vittoria è un dono.

Ci sono però molte altre squadre forti.
Ahimè, lo so. Per esempio il Brasile…

Il Brasile non gioca, sono gli Europei.
(Ride). Ecco, la prima gaffe che Raimondo avrebbe usato contro di me. Puoi farlo anche tu, fai la parte di Raimondo.

Già il fatto che riconosci la forza calcistica del Brasile è però un merito.
Meno male, grazie…sei troppo buono. Comunque secondo me ce la possiamo fare anche con le squadre forti in Europa, quest’anno la vedo bene.

Conosci qualcuno dei nostri giocatori convocati quest’anno?
Sono rimasta ferma a Roberto Baggio: ho visto anche “Il Divin Codino”.
Mi sono tanto appassionata vedendo quel film, mi ha fatto amare e capire la forza che ci vuole per essere un giocatore a quei livelli. Talento, passione e una forza da leoni.

Mancini invece, ti piace?
Mi piace molto, è anche un bell’uomo. È elegante, non dice parolacce, non è un troglodita che insulta gli avversari. Ha un’eleganza che secondo me nel calcio sta benissimo.

Torniamo un po’ indietro: non posso pensare che tu non abbia visto i Mondiali del 2006, quando l’Italia è diventata Campione del Mondo.
No, infatti li ho visti: mi ricordo anche la testata di Zidane a Materazzi. Ero in campagna in quel periodo e c’era una tv gigante che mandava la partita. Io stavo alla finestra e ogni tanto buttavo un occhio.

Hai festeggiato la vittoria poi?
Certo, ho festeggiato. Sempre in campagna con un gruppo enorme di amici. Il calcio è un grande sfogo, per cui ben venga festeggiare. Gli esseri umani devono pur sfogarsi in qualche modo, nei limiti della passione. Quando poi le tifoserie esagerano con la violenza, allora diventa ripugnante. Ma avere una passione è di per sé un dono, fa parte del nostro carattere caloroso. Gli idoli del calcio sono degli idoli potenti e se loro per primi danno un buon esempio, ben venga.

Questo è anche il primo europeo post Covid.
Quindi a maggior ragione gli Azzurri ci devono portare alla vittoria. Solo così l’Italia si potrà consolare un pochino. Occasioni come gli Europei e i Mondiali uniscono le Nazioni e le persone. Mi ricordo i Mondiali di quando abitavo a Torino da piccola, nel 1982: quando l’Italia ha vinto siamo scesi tutti per le strade ed è stata una festa bellissima, indimenticabile.

A parte lo sport guardato, tu ne pratichi?
Sì, pur di tenermi in forma pratico tutti gli sport possibili. La mia grande passione dopo la danza, che ho praticato dai diciotto anni fino a cinque anni fa, è diventata la pole dance. Mi sono dedicata a questa attività con grande passione, anche se per colpa del Covid è più di un anno che non la pratico. In questo periodo che la palestra era chiusa, ho fatto crossfit, TRX, Kick Boxing.

Tutti sport abbastanza solitari.
In realtà li pratico nelle classi, non amo fare sport da sola. Mi annoio a morte, ho bisogno di sentire la presenza delle persone, di guardarle, ridere e far fatica con loro.

Allora, avresti potuto giocare a pallavolo.
Mi fa paura il pallone, è un grande segreto che rivelo per la prima volta. Quando ero piccola, a sei anni, ho preso una pallonata in spiaggia guardando dei ragazzi che giocavano appunto a pallavolo. Da quel momento, ogni volta che vedo un pallone ho l’istinto di scappare.

Ti è rimasto lo shock.
Ma sai che son quasi svenuta? Mi hanno fatta sedere sua una sdraio e sono rimasta lì intontita. Da quel momento, tutto quello che si gioca con una palla non mi attira.

Quindi ecco perché non segui il calcio, abbiamo finalmente svelato l’arcano.
Non so dirti sinceramente se dipenda da quello, oppure dal fatto che vedo il calcio più come uno sport maschile e non ho la passione sufficiente per seguire una partita intera. E poi mi è sempre rimasta questa ignoranza congenita, per cui lo considero un mondo lontano da me.

La nostra Nazionale di calcio femminile però sta andando fortissima.
Lo so, infatti sono molto contenta. Ho visto anche la loro foto. Parità, evviva la parità!

In conclusione, Antonella, che ricordo hai di Raimondo Vianello e degli anni a “Pressing”?
Quello con Raimondo è stato un connubio affettivo e di lavoro bellissimo e ha definito il mio ruolo nel mondo dello sport: io ero la sua spalla che prendeva in giro e tutto era basato sulla mia assoluta ignoranza calcistica di cui vi sarete fatti un’idea anche durante questa intervista. Raimondo mi faceva sempre andare con loro in ufficio, poi loro guardavano le partite e a me diceva: “Ti faccio le unghie, ti faccio le unghie”. Stavo con loro, ma in realtà gli autori non mi dicevano niente. Per cui quando poi Raimondo mi interpellava la sera in studio, le battute venivano fuori in maniera naturale. Lui era un grande: il re della comicità e dell’autoironia. Sapeva prendere in giro chiunque con una classe e uno stile di altri tempi. Adesso la comicità è molto pesante, a volte anche troppo. Raimondo invece, con la sua comicità assoluta e perfetta, non ha mai offeso nessuno in ottant’anni di carriera.

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