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Inter, il City ai raggi X: pregi (tanti) e limiti (pochi) del dream team di Guardiola

I Citizens sono la sublimazione delle idee di calcio del catalano e possono colpire in qualunque modo. Ma nel meccanismo di contropressing c’è una falla che Inzaghi può sfruttare

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Fabrizio Napoli

Fabrizio Napoli

Giornalista

Giornalista professionista, per Virgilio Sport segue anche il calcio ma è con la pallanuoto che esalta competenze e passioni. Cura la comunicazione di HaBaWaBa, il più grande festival di waterpolo per bambini al mondo

Il Manchester City ha vinto la Premier League con una rimonta strepitosa sull’Arsenal e ha impressionato in Champions League raccogliendo risultati clamorosi, come il 4-0 rifilato in semifinale al Real Madrid: la squadra di Pep Guardiola che domani affronterà l’Inter in finale di Champions League ha tanti pregi e pochi difetti.

Il City di Guardiola: campioni a caccia dello spazio

Il Manchester City 2022/23 potrebbe definirsi la sublimazione perfetta delle idee di Pep Guardiola, un allenatore che persegue la vittoria attraverso il gioco e il dominio del campo, ma che rifugge lo sterile possesso palla orizzontale in favore di improvvise accelerazioni e palloni filtranti per il suo terminale offensivo principe, l’eccezionale Erling Brut Haaland.

È dunque una squadra diversa dal Barcellona con cui il tecnico catalano ha scritto la storia del calcio: il centravanti non è più lo spazio, come Guardiola predicava allora, ma l’occupazione degli spazi rimane vitale per il calcio del catalano. Occupazione degli spazi che non è più teorica, calata dall’alto dall’allenatore ai giocatori: nel City di Guardiola ogni uomo è responsabilizzato, grazie a tecnica e intelligenza individuale deve trovare lo spazio giusto per muoversi e muovere la palla. La fortuna del City di Guardiola si fonda dunque sulle idee del suo allenatore, ma parimenti con la straordinaria qualità degli interpreti.

I pregi del il City: il calcio fluido di Guardiola

Questa ricerca degli spazi ha portato Guardiola a rompere ogni dogma sul sistema di gioco, che è fluido. Difensivamente il City si dispone con una sorta di 4-1-4-1, ma una volta riconquistata la palla il compito di ogni giocatore è quello di occupare lo spazio più funzionale allo sviluppo della manovra. Ecco allora Rodri, perno del centrocampo, arretrare in mezzo ai centrali e i terzini accentrarsi in posizione di mediani o addirittura di mezz’ali, soluzione vista in Italia anche con Di Lorenzo e Mario Rui nel Napoli di Spalletti.

Rodri è il perno del posizionamento del City, si potrebbe dire che i compagni si muovono in conseguenza dei suoi movimenti. Tutti, eccetto De Bruyne, l’uomo che ha maggiore libertà: il belga può accelerare palla al piede o verticalizzare di prima, cercare lo scambio corto o sventagliare il pallone sulle fasce con precisione estrema, sfruttando ambo i piedi. De Bruyne agisce da facilitatore di gioco, ma è in rifinitura che fa davvero danni: addirittura 31 i suoi assist in stagione (!), ma i 10 gol ricordano anche quanto sia pericoloso al tiro, soprattutto dal limite dell’area. Vicino a lui agiscono gli altri fantasisti: l’Inter dovrà badare soprattutto a Bernardo Silva, l’uomo che ha affondato il Real Madrid, protagonista di una stagione sontuosa.

I pregi del City: l’arma del contropressing

In comune con il Barcellona di Guardiola, questo City ha la furia nel contropressing. Quando perdono palla, i Citizens aggrediscono l’avversario, facendo densità attorno al portatore di palla, soffocandolo e preparandosi al tempo stesso a colpire: chi non partecipa direttamente alla pressione va infatti a posizionarsi nel punto migliore per sfruttare la transizione offensiva una volta completato il recupero. È una fase di gioco in cui il City mostra tutta la sua organizzazione e il suo coraggio nell’attaccare il pallone, ma nasconde al tempo stesso anche il suo unico vero difetto, che l’Inter potrebbe sfruttare nella finale di Champions League.

I difetti del City: il campo aperto nella riaggressione

Per recuperare il pallone Guardiola concentra più uomini vicino al portatore di palla avversario, sbilanciandosi su un fronte del campo. Se dunque l’Inter riuscisse a conservare il possesso sul contropressing del City e poi cambiare versante di gioco rapidamente, potrebbe trovare tanto campo per sfruttare fisicità e velocità, qualità che non mancano ai nerazzurri.

L’uomo chiave, in questo lavoro, è il centravanti: se l’Inter si appoggerà sulla sua punta e questa riuscirà a resistere al pressing e scaricare a un centrocampista, allora i nerazzurri potranno sorprendere il City. Dzeko e Lukaku sono entrambi forti nel gioco spalle alla porta, con il primo in grado anche di compiere egli stesso cambi di gioco, per di più con entrambi i piedi: la scelta più importante di Simone Inzaghi nel comporre la formazione sarà dunque quella del centravanti, indovinare l’uomo giusto potrebbe fare la differenza per l’Inter.

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