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Juventus, l’intercettazione di Arrivabene sui trucchetti conferma i dubbi: tutti sapevano

Per i magistrati le parole pronunciate dall’a.d. rappresenterebbero una conferma che il metodo utilizzato dall’area finanza era noto e condiviso da Elkann e Agnelli

06-12-2022 12:45

Fabrizio Napoli

Fabrizio Napoli

Giornalista

Giornalista professionista, per Virgilio Sport segue anche il calcio ma è con la pallanuoto che esalta competenze e passioni. Cura la comunicazione di HaBaWaBa, il più grande festival di waterpolo per bambini al mondo

La Juventus aveva un modus operandi consolidato per sistemare il proprio bilancio: questa la tesi degli inquirenti della Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta che sta sconvolgendo il mondo bianconero. Una tesi che sembrerebbe essere confermata dalle parole pronunciate da Maurizio Arrivabene, a.d. della Juventus, in una delle ultime intercettazioni pubblicate dai quotidiani.

Juventus, l’intercettazione di Arrivabene

“Lì ormai son diventati talmente esperti a fare i trucchetti”. Questa la frase pronunciata da Arrivabene, amministratore delegato della Juventus, intercettata dagli inquirenti e pubblicata dal Corriere della Sera. Con la sua frase il dirigente bianconero farebbe riferimento all’area finanza del club che, secondo gli investigatori della Procura di Torino, avrebbe sviluppato un vero e proprio metodo per riuscire a modificare il bilancio della società, alleggerendone il passivo con il ricorso alle plusvalenze fittizie e, dopo lo scoppio della pandemia di coronavirus, alla ormai celebre “manovra stipendi”.

Per i magistrati Elkann e Agnelli conoscevano il metodo della Juventus

La tesi dei magistrati è che tale modus operandi fosse ben conosciuto all’interno del club, anche da parte dei massimi vertici della Juventus. Nell’intercettazione Arrivabene non avrebbe che affermato qualcosa che tutti sapevano nella Juve. “Si è trattato di una decisione aziendale complessiva, imposta e condivisa dai vertici”, si leggeva d’altra parte nella richiesta di misure cautelari presentata al gip – e respinta da quest’ultimo – dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Ario Bendoni e Ciro Santoriello.

Secondo i magistrati, dunque, anche la proprietà – rappresentata da John Elkann – e il presidente Andrea Agnelli erano ampiamente a conoscenza del ricorso abituale alle plusvalenze fittizie e ad altri artifici da parte dall’area finanza del club per migliorare il bilancio. “Tutti sapevano le ‘manovre correttive’ in questione – afferma la Procura nel documento presentato al gip -, tuttavia, sono ‘manovre illecite’ e Agnelli è pienamente consapevole di questo. L’azionista di maggioranza nelle persone del legale rappresentante Elkann o dei dirigenti di volta in volta interessati, appare pienamente a conoscenza delle problematiche finanziarie della Juventus e, soprattutto, delle manovre correttive (in particolare, plusvalenze), studiate al fine di consentire la permanenza ‘sul mercato’ di Juventus senza la perdita dei ‘prezzi pregiati’”.

Nei fatti, l’accusa qui esplicita da parte degli inquirenti è quella di “doping amministrativo”: i dirigenti della Juventus avrebbero adottato un’operazione “cosmetica” del bilancio al fine di permettere alla Juve di restare competitiva e non perdere i suoi giocatori migliori.

Per i magistrati la Juventus non poteva operare in Borsa

A ciò si aggiungono accuse, penalmente più gravi, riguardanti i riflessi che l’azione dei dirigenti bianconeri avrebbe avuto sugli azionisti della Juventus e al mercato in generale, essendo la Juve una società quotata in Borsa. “L’impatto delle condotte illecite appare di rilievo allarmante – si legge nella nota dei magistrati -. In ben due esercizi su tre (2018/19 e 2020/21) si avrebbe avuto un patrimonio netto negativo”.

Domenica Repubblica ha inoltre ricordato che i magistrati potrebbero avanzare una nuova accusa ai vertici della Juve, quella di aggiotaggio, per il comunicato stampa sulla “manovra stipendi” che nel 2020 avrebbe falsato l’andamento delle azioni della Juve in Borsa, con un repentino innalzamento del valore superiore al 5%. Di qui la conclusione degli inquirenti secondo cui “la Juventus non avrebbe potuto operare negli esercizi in discorso, né essere quotata in Borsa”.

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