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Marco Nosotti (Sky) racconta il dramma della moglie morta mentre lui è agli Europei

L'inviato di Sky si confessa a Walter Veltroni sul Corriere della Sera e parla dei giorni drammatici divisi tra il lavoro e l'assistenza alla consorte

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Dario Santoro

Dario Santoro

Giornalista

Scrive, commenta, racconta lo sport in tutte le sfaccettature. Tocca l'apice quando ha modo di concentrarsi sule interviste ai grandi protagonisti

Il dramma più grande nei giorni di festa. Mentre si celebra Euro2024, con i suoi colori e la gioia che sa portare il calcio, ecco che un giornalista ma soprattutto un uomo, vive il momento più difficile della sua vita. Marco Nosotti ha perso l’adorata moglie Silvia, da tempo malata di cancro, mentre era impegnato come inviato di Sky, lavoro che sta continuando a fare in questi giorni con la morte nel cuore. La moglie di Nosotti è morta la sera del 20 giugno al fischio d’inizio di Italia-Spagna e il giornalista confessa il suo dolore a Walter Veltroni sul Corriere della Sera.

L’abbraccio tra Nosotti e Spalletti

Nei giorni scorsi aveva commosso tutti il lungo abbraccio che gli aveva riservato Spalletti quando lo aveva incrociato prima di Croazia-Italia. Nosotti era scoppiato a piangere per un lutto che porterà per sempre nel cuore e che racconta al quotidiano milanese.

Il racconto di Nosotti è toccante: «Mia moglie Silvia, con la quale ero sposato da ventotto anni, è morta una settimana fa. Stava male da tempo. Tutto è cominciato alla fine degli altri campionati europei, quelli che l’Italia vinse. Tornai a casa, a Formigine, vicino Modena, e lei mi disse che dalle analisi risultava che era malata di leiomiosarcoma, un tumore dei tessuti molli. Mi disse “adesso togliamo tutto e vediamo cosa succede”. Purtroppo c’è stata la recidiva e si è ripresentato.

Gli ultimi giorni di Silvia, moglie di Marco Nosotti

Silvia ha affrontato la chemioterapia e le sue conseguenze. Ha sofferto molto e la situazione è precipitata negli ultimi quattro mesi. C’erano da fare le notti, con lei. Ha voluto restare a casa, nella sala, per partecipare alle cose della vita di tutti e noi abbiamo tenuto sempre aperta la nostra abitazione. Venivano le amiche, le colleghe, la gente le voleva bene. Lei era stata la maestra del paese, poi anche un’allenatrice di pallavolo, l’unico sport che le piacesse davvero. Dopo la prima partita della nazionale, quella con l’Albania, le cose sono precipitate. Ho fatto il collegamento la domenica mattina e sono tornato a casa. Sono stati giorni terribili e magnifici, abbiamo condiviso anche l’ultimo passaggio, come avevamo fatto per tutti i giorni di trent’anni della nostra vita. Ci siamo detti le cose che dovevamo dirci. Lei è morta il 20 giugno.

Era la sera di Italia Spagna, e ci stavamo preparando a vederla insieme, facendo finta che tutto fosse normale. Quella sera, prima che iniziasse la gara, Federica Masolin, dallo studio, mi ha mandato un abbraccio chiudendo la trasmissione. Mio figlio mi ha suggerito di dirlo alla mamma, ma nel momento in cui sono cominciati gli inni nazionali Silvia è spirata.

Ricordo che poco prima, tra un’iniezione e l’altra, il suo sguardo si era fatto di nuovo vivo e presente. Mi ha quasi chiamato a sé. Non poteva parlare, ma lo faceva con gli occhi. Le ho giurato amore per sempre e lei mi ha risposto con un bacio appena accennato, era troppo debole. Poi è tornata nel buio del suo dolore.

La scelta di Nosotti di tornare in Germania per Euro 2024

I miei colleghi di Sky sono stati sempre straordinari, siamo una comunità, più che una redazione. Al termine dei funerali il direttore, Federico Ferri, mi ha detto che avrei potuto fare quello che volevo. Restare a casa o tornare al lavoro. Mio figlio, eravamo sul sagrato della chiesa, mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto che era giusto andassi, che la mamma avrebbe voluto facessi così. Io ero combattuto, ma il gesto di Giulio mi ha convinto. E poi lavorare aiuta a non restare inchiodati al dolore, a non farsi risucchiare.

Quando sono tornato qui ho avuto una vertigine. Ero un uomo diverso, rispetto alla settimana prima, dovevo incollare i pezzi di me stesso e ripartire. Non sapevo se ce l’avrei fatta. Il mio antico direttore, Massimo Corcione, mi ha insegnato che “non si lascia mai una notizia a metà”, io sentivo, o forse mi dicevo, che il mio dovere era servire la comunità di chi lavorava con me, e quella degli spettatori e che dunque dovevo continuare a testimoniare. E ora lo facevo con il mio fardello di dolore, che forse mi avrebbe reso più consapevole, più lucido.

Marco Nosotti, le ultime parole di Silvia

Raccontare, in questi giorni, mi ha aiutato a non sprofondare. Come l’affetto di tante persone, qui. Dei giocatori, dei colleghi, dei tifosi che incontro per strada. E poi quell’abbraccio di Luciano Spalletti, prima di Italia Croazia. Non me l’aspettavo. In quel momento non eravamo più il ct della nazionale e il giornalista che deve parlare di lui. Eravamo due esseri umani. Lui aveva saputo della malattia di Silvia perché ero mancato a una partita della nazionale, nei mesi scorsi. Da allora si era preoccupato, e mi chiedeva di lei. Luciano è una persona con un cuore vero e in tutto mette passione e umanità. E poi conosce il dolore, ha molto sofferto per la morte di suo fratello Marcello.

Io ho bisogno ora di ricordare, ho una gran voglia di risentire la voce di Silvia, non voglio dimenticarla, mai. Lei voleva sempre che fossi chiaro, asciutto, senza fronzoli, nel raccontare. Mi raccomandava, da maestra, di limitare le incidentali e di andare al sodo. Prima che partissi per Dortmund mi ha detto “vai tranquillo, fai il tuo mestiere, io ti guardo in tv”. Ecco. Quello del giornalismo è un mestiere, più che un lavoro. È una cosa importante, antica. Fatta non solo di tecnica, ma, soprattutto, di etica e di umiltà. Per questo ora sono qui, col mio dolore, per raccontare ciò che vedo».

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