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McKennie: "Juve, deciderò il futuro dopo la Coppa America". Gli insulti dei tifosi e l'armadietto sparito

Lo statunitense, finito nel mirino dei sostenitori bianconeri, svela alcuni retroscena sul passato e accenna anche al futuro: per ora pensa solo alla Nazionale.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

Sul web è diventato una sorta di bersaglio per i tifosi bianconeri: il suo no all’Aston Villa ha messo in discussione l’arrivo di Douglas Luiz, poi sbloccato grazie all’inserimento di nuove contropartite tecniche nella trattativa col club inglese. Weston McKennie, però, da beniamino s’è ritrovato in discussione. Una buona fetta del popolo della Juve di lui non vuol proprio più saperne. Ma lo statunitense non ha alcuna fretta di fare le valigie. Deciderà con calma la sua prossima destinazione, senza forzature. Prima c’è la Coppa America in casa da vivere da protagonista. Il mercato può attendere.

McKennie e la Premier: l’esperienza al Leeds

In un’intervista a The Athletic, McKennie ha ripercorso le tappe più significative della sua carriera, soffermandosi a lungo sulla controversa esperienza al Leeds: “Probabilmente uno dei punti più bassi della mia carriera. Ero alla Juve, giocavo di settimana in settimana e forse avevo sviluppato un po’ di comodità. In Premier, dove abbiamo cambiato quattro allenatori in cinque mesi, niente è andato come me l’ero immaginato. Quando sono arrivato in Inghilterra, mi ripetevo: ‘Devo aiutare la squadra a rimanere in alto e sperare che una delle prime cinque arrivi, veda quanto ho giocato bene e mi compri’. Con tutto il rispetto per il Leeds e i suoi tifosi, amo il calcio della Champions. Sono andato lì più che altro per provare qualcosa di nuovo”.

Gli insulti dei tifosi: “Weston ciccione e bast…”

La situazione a Leeds è degenerata, McKennie si è ritrovato insultato sul web: “Quando apri il telefono e la prima cosa che vedi sui social è sempre qualcosa di negativo, è difficile non pensarci”. E ancora: “Dopo la retrocessione col Leeds, probabilmente è stata la prima volta, a parte l’uscita dalla Coppa del Mondo, in cui ho pianto. Odio perdere, mi sono sentito come se avessi deluso le aspettative che la gente aveva nei miei confronti. Ma quando hanno iniziato a dire “ciccione bast…”, “porco”, “str…” e cose del genere, è stato un po’ difficile“. Due le persone che gli sono state vicino in quei momenti: “Per fortuna avevo il mio chef personale, Patrick Contorno, che viveva in Inghilterra con me, e anche il mio assistente Charles”.

Il ritorno alla Juve e la parentesi con l’Academy

Anche il ritorno alla Juventus è stato traumatico: “Sapevo che sarebbe stato impegnativo, non pensavo così tanto però. Non avevo il mio armadietto, non avevo una stanza in albergo, non avevo un parcheggio. Mi sono cambiato negli spogliatoi con i ragazzi dell’Academy, anche quando nello spogliatoio principale c’erano giocatori che non avevano mai giocato una partita con la Juve perché erano sempre stati in prestito. Pensavo: ‘Sono stato via solo sei mesi. Torno e vengo trattato così‘. Non potevo nemmeno avere il mio numero di maglia, il 14, anche se nessun altro l’aveva preso. Mi sono detto: ‘Volete trattarmi così? Ok, vi dimostrerò tutto sul campo’. E così è stato”.

Il rapporto con Allegri e le discussioni sul futuro

Il racconto di McKennie è proseguito: “Dopo la tournée estiva Allegri mi ha ripreso in considerazione, mi ha messo in castigo“. E ancora: “Ho lasciato lo Schalke e sono andato alla Juventus e nessuno mi conosceva. Tutti dubitavano di me. ‘È un club troppo grande, non giocherai mai’, dicevano. Ma guardatemi ora. Ho più di 100 partite con i bianconeri. Mi sento bene quando sono con le spalle al muro e tutti dubitano di me. È così che sono diventato il giocatore che sono”. Quanto al futuro: “L’Aston Villa è stato uno dei club presi in considerazione, ma deciderò dopo la Coppa America“.

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