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Pagelle Fiorentina-Inter 1-2: Lautaro (8) Re di coppa Italia. Bonaventura (7) ovunque. Dodò (7) decolla, Dimarco (5,5) plana

I nerazzurri vincono il nono trofeo della storia, secondo consecutivo. Terzo successo personale per Simone Inzaghi, da applausi il debutto in una finale di Vincenzo Italiano

24-05-2023 22:55

Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Finale coppa Italia 2022/23 Fiorentina-Inter 1-2: i nerazzurri ribaltano la Viola e conquistano la nona coppa Italia della loro storia, seconda consecutiva, la terza in carriera per Simone Inzaghi. Appunto irrinunciabile: è stata una finale intensa, giocata magnificamente dalla Fiorentina, gestita dall’Inter: spazi aperti, ripartenze costanti, ritmi elevati.

Bastano 2′ e una manciata di secondi a Nico Gonzalez per far esplodere la metà dell’Olimpico colorato di Viola. Affondo di Ikone sulla fascia sinistra, palla a tagliare l’area di rigore, inserimento vincente dell’attaccante. La difesa dell’Inter ha fatto a gara tra chi dormiva più dell’altro.

Il pareggio di Lautaro al 28′ è un diagonale su assist di Brozovic su cui Terracciano non ha potuto nulla. Centesimo gol in nerazzurro per il Toro che al 37′ griffa la 101esima rete e regala la coppa ai nerazzurri.

Le pagelle consacrano ancora una volta Lautaro, prova da 8: segna, decide, trascina. Infaticabile Barella (7). Gran bella prova della Viola: Bonaventura (7) uomo ovunque; spiccano le prestazioni di Dodò, Castrovilli e Biraghi, tutti da 7.

Fonte:

Fiorentina-Inter, il minuto di silenzio dedicato alle vittime dell’alluvione in Emilia Romagna

Lo stadio Olimpico si raccoglie, si unisce, spazza ogni diversità e, emulando i calciatori abbracciati a centrocampo, regala un lunghissimo minuto di incitamento nei confronti della popolazione alluvionata dell’Emilia Romagna. La cartolina che fa da proscenio al match è di quelle che valgono più di qualunque gol. La vittoria più bella.

La prima volta di Vincenzo Italiano meriterebbe una narrazione a sé: quella che si riserva a chi arriva dove non si credeva fosse possibile. Il tecnico della Viola e Simone Inzaghi, in questo, trovano un punto in comune: processo di crescita molto simile, storie identitarie eppure assimilabili, ciascuno artefice dei propri destini attraverso i successi. Seconda analogia: entrambi hanno conquistato due finali in un anno da ricordare. Coppa Italia – uno contro l’altro – poi Conference League per il tecnico della Fiorentina e Champions League per il nerazzurro.

Solo conferme in sede di formazioni ufficiali: nel 4-2-3-1 di Italiano c’è spazio per Amrabat e Castrovilli in mediana; il terzetto composto da Ikoné, Bonaventura e Gonzalez ad agire alle spalle di Cabral.

3-5-2 per l’Inter: centrocampo fitto con Dumfries, Barella, Brozovic, Calhanoglu e Dimarco; in attacco largo a Dzeko e Lautaro. Solo panchina per Lukaku.

Non c’è il Presidente, Sergio Mattarella, in tribuna allo stadio Olimpico, aveva ricevuto delegazioni delle due squadre alla vigilia e dettato una linea di condotta: “Le simulazioni nel calcio sono un virus, si propagano come ha fatto il Covid”. Parole con cui andrebbero marchiate le pareti di tutti gli spogliatoi.

Coppa Italia Fiorentina-Inter 1-2: rivivi la diretta live della partita

Le pagelle della Fiorentina

  • Terracciano 6: non gli riesce la prodezza in occasione delle due reti nerazzurre. Non era facile in entrambi i casi, non ha colpe sui gol incassati. Per il resto, fa la guardia alla porta con attenzione.
  • Dodo 7: è una scheggia impazzita. Pericolosissimo. Provateci, a giocare sulla fascia custodita da Dimarco e Bastoni, con l’ausilio costante di Calhanoglu, e non solo non sfigurare ma riuscire anche a creare situazioni favorevoli per la squadra e alimentare le ripartenze. In chiusura gli riescono un paio di recuperi da applausi.
  • Milenkovic 5,5: magistrale fino al minuto 37, poi qualcuno dirà che gli si piazza sulla coscienza il secondo gol di Lautaro che lo anticipa e segna. Tutto vero ma la giocata del fuoriclasse non può essere elemento eccessivamente penalizzante per il centrale che, anche dopo lo svantaggio, resta lucido e preciso negli interventi. Prova di grande dignità, come quella di tutta la squadra. Dove e quando non arriva è perché non può. Perché non ce la fa, perché non ne ha.
  • Martinez Quarta 5,5: spesso e volentieri in difficoltà ma stringe i denti e aggredisce gli spazi con abnegazione. Se la Fiorentina ha pagato in qualche settore nevralgico, è proprio quello gestito dalla sua coppia centrale.
  • Biraghi 7: si francobolla su chiunque gli capiti a tiro. Tiene la corsia sinistra da veterano, Dumfries si fa ipnotizzare più di una volta. Spinge e torna, marca e si smarca: non molla un pallone, fa il Capitano.
  • Amrabat 7: prende in mano le redini del centrocampo Viola, macina chilometri e ha un impatto con la gara devastante in termini quantitativi. Sfiora il raddoppio all’11’ con una conclusione dal limite che ha poca potenza. Non si spegne.
  • Castrovilli 7: agonismo e senso della posizione, gara più raccolta con baricentro basso. Resta più arretrato e gioca a uomo sui mediani nerazzurri. Lavoro asfissiante in pressing senza disdegnare l’impostazione del gioco.
  • Ikoné 6,5: si invola al primo pallone utile, la Viola trova il gol e buona parte del merito se lo prende. Crea e inventa, ci prova in continuazione e tiene sveglia la difesa dell’Inter che non può concedergli spazi.
  • Bonaventura 7: tatticamente prezioso, gioca a testa alta e manovra con intelligenza. Fa viaggiare palla, la smista, la difende ed è il più esperto tra i suoi, abile ad alzare il baricentro della squadra e dialogare con il reparto offensivo. Uomo ovunque.
    Fonte:

    Fiorentina-Inter, la Viola festeggia il gol del vantaggio di Nico Gonzalez

  • Gonzalez 7: chiamato a fare la differenza, ci mette una manciata di secondi per entrare in partita, prendere le misure alla difesa avversaria e trafiggere Handanovic con un tocco da ottima posizione. Fa male solo quando prova a strafare, fortunatamente solo vezzi estemporanei.
  • Cabral 6,5: impeccabile in un lavoro certosino e incessante di raddoppi e assistenza. Quanto ha corso Cabral, senza rinunciare alle sortite offensive e alle giocate personali che pure hanno creato scompiglio nella difesa avversaria.
  • Allenatore Italiano 7,5: Fiorentina strepitosa. Ha cuore, ha idee, ha gambe. Mister Italiano adesso non è più una sorpresa, semmai una certezza del calcio nazionale e internazionale. Paga l’assenza di un reparto di difesa all’altezza ma beneficia di una proprietà che ha mostrato lungimiranza e attenzione. Saprà ripagare alla grande un allenatore cui bisogna assolutamente consentire di dare il via a un ciclo che può portare lontano.

Le pagelle dell’Inter

  • Handanovic 7: nessuna responsabilità in occasione del gol subito, molta attenzione e solita partecipazione al gioco corale della retroguardia. Poi, la paratona su Jovic nella ripresa salva il risultato.
  • Darmian 5,5: Ikone punta e se ne va, la Fiorentina sfonda. Il peso specifico dell’errore di reparto ricade anche sul suo groppone. Come i colleghi, cresce alla distanza e, prese le misure, diventa più difficile fuggirgli via. Ma non impossibile.
  • Acerbi 6,5: baluardo che, nelle difficoltà, barcolla ma non molla. Nello specifico, 10′ di assestamento poi prende per mano il reparto e lo accompagna passo passo, minuto dopo minuto.
  • Bastoni 6: nella dormita generale della retroguardia nerazzurra, in occasione del gol del vantaggio Viola, il suo è tra i sonnellini più profondi. Cresce alla distanza e torna a marcare il territorio con lucidità.
  • Dumfries 5,5: tanto movimento senza palla ma con il pallone tra i piedi non incide. La resistenza di Biraghi e Bonaventura – che si muovono da coppia collaudata – è un ostacolo troppe volte insormontabile.
  • Barella 7: non verrà mai meno per grinta, carattere, determinazione. Sono marchi di fabbrica inscalfibili. Rispetto al solito, però, è impreciso in fase di impostazione e perde qualche pallone di troppo. L’assist per il pari di Lautaro è una perla. Martello fino al triplice fischio.
  • Brozovic 6,5: sboccia dopo aver messo sui piedi di Lautaro il pallone dell’1-2. Filtrante a occhi chiusi, dettato dall’argentino e intuito al volo. Ordine e geometria sono marchi di fabbrica. Rallenta i tempi e li aumenta a piacimento: è un talento che condivide con pochi altri calciatori.
  • Calhanoglu 6,5: dà origine alla manovra nerazzurra che parte soprattutto dai suoi piedi. Grande senso della posizione, si alterna con Brozovic nelle sortite offensive. Lettura del match magistrale, quando la Fiorentina alza la pressione si abbassa e lavora d’intesa con la difesa.
  • Dimarco 5,5: è una delle pochissime partite in cui non solo smette di essere un fattore determinante ma pare essere fuori giri. La gara di Dimarco non decolla, è una novità e, per fortuna dei nerazzurri, la prestazione incolore non incide in negativo.
  • Dzeko 6,5: per 45′ è tra i migliori dell’Inter. Si fa trovare sempre pronto, è il più pericoloso, si infila negli spazi e cerca l’affondo. Sbatte contro il muro di una difesa che non ha sbagliato nulla, ha un paio di buone occasioni: una la spreca calciando alto, l’altra se la costruisce con classe ma non finalizza. Fa a sportellate, arretra e avanza a seconda delle esigenze.
    Fonte:

    Fiorentina-Inter, Lautaro festeggia il gol del pareggio momentaneo. Da lì a breve, arriverà la doppietta

  • Lautaro 8: silente per 28′, si camuffa, si nasconde. Si risparmia, fa il diesel. Poi, alla prima palla giocabile, infila Terracciano invitando Brozovic, con un movimento repentino e puntuale, all’assist. Il Toro firma il gol numero 100 con la maglia nerazzurra e si scuote. Diventa assistman, poi ancora goleador. La rete della doppietta è incredibilmente bella e racchiude l’essenza di un calciatore unico nel suo genere: fiuta l’opportunità, si infila, si coordina, gioca d’anticipo e trafigge i Viola con una girata volante da vedere e rivedere.
  • Allenatore Inzaghi 7,5: si gode la festa con i tifosi. Ha messo in bacheca il secondo trofeo stagionale, due finali vinte su due. Ha allontanato con tutte le forze un periodo negativo nel quale nessuno – eccezion fatta per gli stretti collaboratori – ne ha sostenuto le parti con convinzione. Ha riscritto la sua storia e quella del club: Marotta lo ha riconfermato pubblicamente, lui si è accodato alle parole del dirigente e ha parlato del suo futuro nerazzurro. Sono saliti sul carro anche i tifosi più scettici. Ora la coda di una serie A che lascia tranquilli e il sogno Champions. Dicevano che non era pronto per certi scenari. Ora in tanti si zittiranno.

Le pagelle dell’arbitro

Massimiliano Irrati non ha sbagliato nulla. Graa di personalità e presenza, lascia giocare e interviene in maniera autorevole senza l’ausilio dei cartellini, che espone in maniera centellinata. Buona anche l’assistenza di Carbone, Lo Cicero e del quarto uomo Fabbri. Al Var il lavoro di Mazzoleni non è stato necessario.

Il nostro SUPERTOP

Occorre ripetersi o coniare neologismi. Lautaro è l’Inter: una simbiosi sempre più evidente, necessaria, reciproca. Il calciatore è un fuoriclasse, unico nel genere. Eppure, c’è qualcosa di più: sensazioni. Non esistono più le bandiere? Possibile sia così ma l’argentino fa di tutto per somigliargli ogni gara un po’ di più. La fascia da capitano (non stasera, c’era Handanovic) sta dove dovrebbe stare, i tifosi lo adorano, lui riesce a mixare con naturalezza una tecnica sopraffina a un senso di appartenenza e immedesimazione che, di questi tempi, colpiscono.

Il nostro SUPERFLOP

Dimarco, per una volta. Anzi, per la prima volta. Mai accaduto di annoverarlo nelle file dei peggiori in campo. Divide il demerito con altri colleghi ma, nel suo caso, la prestazione negativa spicca di più perché non te lo aspetti mai nella vita. Ha bisogno di rifiatare, di staccare. Forse gli è pesato psicologicamente quanto accaduto in settimana, finito inconsapevolmente in una disquisizione tra curve che lo ha sicuramente messo alla prova.

Albo d’Oro coppa Italia

Juventus ancora irraggiungibile: spicca il nome dei bianconeri in testa all‘albo d’Oro dei club vincitori della competizione. 14 trofei in bacheca creano un evidente squilibrio rispetto a chi segue: 9 coppe per la Roma, raggiunta dall’Inter stasera; 7 per la Lazio. A ruota le sei vittorie di Fiorentina e Napoli, le 5 di Milan e Torino, le 4 della Sampdoria.

La coreografia di Fiorentina-Inter

Sciopero del tifo in casa nerazzurra: la protesta della Curva Nord, legata alle difficoltà di reperire i biglietti per la finale di Champions League, era annunciata ma sembrava scongiurata. Nel primo pomeriggio, il tifo caldo dell’Inter aveva confermato una coreografia pre gara per poi fare marcia indietro e dichiarare l’astensione dal tifo per i primi 45′.

L’auspicio, a questo punto disatteso, era che il club lanciasse qualche segnale positivo, per la Curva non è arrivato. Il comunicato a poche ore dal fischio di inizio:

La misura è colma, oggi astensione dal tifo. Le auspicate rassicurazioni invocate in diverse sedi non hanno sortito alcun effetto su una società che evidentemente è disposta a privarsi dei propri tifosi più fedeli per agevolare gente che la fedeltà non sa neppure cosa sia.

Quello della distribuzione dei biglietti in casa Inter, per la finale di Champions League del prossimo 10 giugno a Istanbul, sarà argomento di sicuro dibattito nei prossimi giorni.

Fonte:

Fiorentina-Inter coreografia della Curva Nord nerazzurra

In realtà il silenzio assoluto è durato 25′ e la protesta non ha cancellato la coreografia. Al solito: da godere.

Chi non ha fatto mancare un incredibile supporto nel pre partita è stato il pubblico di fede Viola: stipati in una curva Sud gremita e bicromatica – dove i bianco e il viola si mescolavano in un abbraccio – le migliaia di sostenitori della Fiorentina non hanno smesso di cantare neanche un minuto.

Striscione esposto lungo tutta la Sud, in maiuscolo: “Entra nel mito, sconfiggi il nemico“. Poi, una miriade di cartoncini bianchi e viola a comporre la scritta: “Per noi“.

Fonte:

Fiorentina-Inter, la coreografia della tifoseria Viola

Il calendario dell’Inter: serie A e finale Champions League

Ancora due i fronti aperti: il realismo della serie A e l’utopia della Champions League. Il campionato ha già detto gran parte di quello che andava deciso: resta aperta la volata Champions, competizione riservata alle prime quattro squadre della classifica e per i nerazzurri è pratica quasi archiviata.

Terzi a quota 66 (la quinta, l’Atalanta, segue distaccata di 5 lunghezze), agli uomini di Inzaghi è chiesto l’ultimo sforzo. Due gare, ma potrebbe essere già decisiva la prossima: il 27 maggio è scontro diretto contro l’Atalanta al Meazza, un punto garantirebbe a Dimarco e compagni la qualificazione matematica alla prossima Europa che conta. Serie A archiviata definitivamente il 4 giugno con la sfida esterna contro il Torino.

Chiuse le porte alla spiccia realtà, ci si addentra nei meandri di un sogno cui pochi avevano saputo garantire linfa. Non la squadra, ha rimarcato Inzaghi nella conferenza della vigilia della finale di coppa Italia:

Ci abbiamo sempre creduto, dall’inizio.

La finalissima di Champions League è una ciliegina dolcissima che, sebbene non veda l’Inter quale commensale col favore dei pronostici, andrà a impreziosire l’epilogo di un anno intenso. Istanbul, Atatürk Olympic Stadium, 10 giugno: il Manchester City di Pep Guardiola di fronte ai nerazzurri. Sulla carta è Davide contro Golia. La storia dice che Davide lo ha battuto.

Pagelle Fiorentina-Inter 1-2: Lautaro (8) Re di coppa Italia. Bonaventura (7) ovunque. Dodò (7) decolla, Dimarco (5,5) plana

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