Inter-Juventus 1-0, decide Dimarco al 15′: la semifinale di ritorno di Coppa Italia decreta la squadra di Simone Inzaghi prima finalista della competizione. L’1-1 dell’andata era risultato apertissimo: l’Inter ha meritato e dato la sensazione che le bastasse alzare i ritmi per schiacciare i bianconeri nella propria metà campo.
Impalpabili i bianconeri nei primi 45′, l’innesto di Milik ha cambiato volto alla Vecchia Signora ma i nerazzurri hanno gestito senza patemi. Pagelle con pollice alto in casa Inter: Dimarco decisivo, Acerbi è una colonna della retroguardia, Calhanoglu è tornato e si è sentito. Versante Juve: che bell’impatto Miretti, molto convincente. Di Maria è un lusso a volte non meritato, Bremer inguardabile, Bonucci è un passato prossimo. Discutibili le scelte iniziali di Massimiliano Allegri.
San Siro, lo stadio: provate a svestire un monumento della sua gloria, provate a chiudere gli occhi e fare finta che non sia mai esistito. Ecco, sarebbe cancellare, d’un colpo, la memoria.
E, per quanto sia esercizio trasversalmente praticato, quello di sbiadire la gloria, è in serate come questa che se ne coglie la gravità: forse ci sarà ancora, il Meazza, forse sparirà. Forse gli cambieranno i connotati: diventerà luogo di concerti e grandi eventi ma la Scala del calcio italiano resta un filo conduttore irrinunciabile.
Lo sanno gli interisti, è casa loro; lo sanno gli juventini, che al Meazza sono di casa per la marea di tifo al seguito e hanno scritto pagine indelebili del club. Lo sanno gli amanti del calcio, indistintamente. Quando si apre il sipario, il Meazza di San Siro è un colpo d’occhio che non si dimentica. Oltre 60mila spettatori, quasi 7 milioni di incasso, l’azzurro e il nero a sovrastare sfumature bianconere che ci sono, non solo nel settore riservato agli ospiti.
Massimiliano Allegri decide di sparigliare: si mette a specchio, 3-5-2 speculare all’Inter con almeno due sorpresone. La prima: dentro Bonucci, rispolverato per l’occasione, e fuori Danilo. In attacco Di Maria e Chiesa spodestano Milik. Vlahovic messo ko da un infortunio. Simone Inzaghi, invece, si allinea alle previsioni, due dubbi risolti così: Brozovic escluso dall’11, c’è Calhanoglu. Davanti, se Gravina aveva graziato Lukaku con la revoca della squalifica, il tecnico gli sbarra le porte: giocano Dzeko e Lautaro.
- Le pagelle dell’Inter
- Le pagelle della Juventus
- La pagella dell’arbitro
- Il calendario dell’Inter: serie A e Champions League
- Il calendario della Juventus: serie A ed Europa League
Le pagelle dell’Inter
- Onana 6: un paio di parate facili facili, un altro paio ordinarie. Spesso si guarda la partita che si sviluppa 60 metri lontano da lui.
- Darmian 6,5: giornata dopo giornata, prestazione su prestazione si è cucito addosso una maglia da titolare per non lasciarla più. Il duello con Kostic è stravinto, bene anche nella ripresa, con la Juve che alza la pressione. Tiene la posizione e non lo saltano.
- Acerbi 7: è il muro maestro. Fa il pilastro. C’è sempre: puntuale, lucido, tempestivo, necessario. I fatti della difesa sono fatti suoi: i compagni di reparto lo sanno, lo seguono, lo sostengono.
- Bastoni 6,5: qualche iniziativa offensiva se la concede ma è infruttifera, la vera missione era rendere innocui Di Maria, Chiesa e poi Milik. Lavora di reparto: mossa vincente.
- Dumfries 6,5: attivo, mobile, si fa la fascia in un senso e nell’altro ed è tatticamente disciplinato. Partita più che positiva, a sprazzi s’è rivisto il calciatore che aveva illuso tutto l’ambiente nerazzurro (e fatto prregustare a Zhang una cessione a peso d’oro).
- Barella 6,5: anima e polmoni. Cade e si rialza, si infortuna e si rialza, lo buttano giù e si rialza. Poi si fa il campo, in lungo e in largo, dando sempre l’impressione di diventare un pericolo per la retroguardia ospite.
- Calhanoglu 6,5: è tornato l’uomo d’ordine di casa Inter. La presenza di Calha si sente fin dai primi minuti: inventa e detta i tempi. Mette i compagni davanti a Perin e arretra quando bisogna ripartire da dietro. Che Brozovic faccia panchina, ci sta.
- Mkhitaryan 6: ritrova il collega con cui ha più feeling e la mediana torna a essere un valore aggiunto che poche altre squadre possono vantare. Non è così efficace come gli è accaduto d’essere nelle gare più recenti ma resta un pericolo costante quando i nerazzurri alzano i ritmi. Fonte:
- Dimarco 7,5: chi spacca, per davvero, le partite è lui. Non c’è laterale in Italia più incisivo e devastante di Dimarco che, oltre a non spegnere mai il motore, riesce a vedere la porta con l’istinto dell’attaccante. Il gol ne è l’ennesima dimostrazione. Carattere di ferro, ha tenuta mentale, ha la gamba di marmo e i piedi fini. Altra partita da incorniciare.
- Dzeko 6,5: encomiabile, per senso del dovere e spirito di sacrificio. Ma anche impreciso: sbaglia qualche pallone di troppo. Il modo in cui si presta ad aprire varchi per Lautaro, dà ragione a Inzaghi. Non c’è, al momento, coppia più complementare per l’attacco nerazzurro.
- Lautaro 6,5: fa il Toro, il bianconero ha l’effetto del rosso e corre dietro ai difensori avversari, indistintamente. Pericoloso quando prende palla sulla tre quarti e ha spazio per andare al tiro. Ci prova ripetutamente, corre in supporto ai compagni della mediana e si spinge fino alla sua area di rigore quando la Juve prova ad alzare la testa. Fa il capitano.
- Allenatore Inzaghi 7,5: l’uomo della Coppa Italia non si smentisce. Altra finale. Eppure, se le cose si mettono in un certo modo, ridurlo a talismano per la coppa nazionale potrebbe stargli molto stretto. Lo danno per spacciato, dicono che su quella panchina siederà ancora per poco: può essere. Di sicuro Inzaghi proverà a uscirne a testa altissima.
Le pagelle della Juventus
- Perin 7: sta tra i suoi pali e li difende nel migliore dei modi. A tu per tu con Dimarco, si tuffa dall’altra parte ma non ha colpe sul gol subito. Su Mikhy compie un miracolo che tiene il punteggio in bilico.
- Bremer 5: pessima partenza, in ritardo negli anticipi e incerto nelle chiusure. Il primo intervento è duro, su Barella, Doveri lo grazia. Non brilla, fa fatica a contenere le incursioni di Lautaro e le spallate di Dzeko che lo salta con estrema facilità. In letargo.
- Bonucci 5: Allegri gli regala la vetrina in una sera messa lì per battere un colpo. Ma Bonucci non lo batte. Viene meno anche quale riferimento in fase di impostazione. Non difende bene, perde la marcatura. Resta un mistero la panchina di Danilo.
- Alex Sandro 5,5: spinge poco, rivedibile nel primo tempo ma è tra quelli che prova ad alzare il baricentro. Ci riesce? Più no che sì.
- De Sciglio 5,5: confuso, male in fase di contenimento e perde palloni in quella di impostazione dando il là alle ripartenze nerazzurre. Meglio, ed è un paradosso, quando si affaccia in area avversaria e cerca la conclusione.
- Miretti 7: il piglio è giusto. La partita non gli pesa, è intraprendente e prova a fare da collante tra mediana e attacco. Subisce fallo sistematico ma tra Barella, Calha e Mikhy spesso esce a capo chino. Ottimo l’approccio alla gara. Stavolta è sembrato un veterano.
- Locatelli 5,5: rischio immediato su Lautaro, perde palla al limite e il Toro sfiora il raddoppio. Si riprende col passare dei minuti e, stretti i denti nella fase di maggior pressione nerazzurra, è tra quelli che cerca di prendere per mano la squadra.
- Rabiot 6,5: mette le pezze, fa i ricami, cerca di dare del tu al pallone e provare a dialogare con il duo d’attacco per lanciare Di Maria e Chiesa negli spazi. Miretti, Di Maria, Milik e Rabiot: i migliori tra i bianconeri.
- Kostic 5,5: l’involuzione sembra un processo irreversibile. Ha dei sali e scendi, nel corso del match, che ne rendono indecifrabile lo stato di forma. A volte si propone e rilancia, altre si estranea e perde l’attimo.
Dal 1′ st Milik 6,5: cambia volto ai suoi. Costringe l’Inter a giocare bassa, aiuta la squadra a salire e rende la sera di Acerbi meno tranquilla di quella vissuta nei primi 45′.Fonte: - Di Maria 6,5: date palla al Fideo e qualcosa succede. Solo che Di Maria, così isolato e poco coadiuvato, può ben poco. Esaltante quando parte in velocità, il tocco di palla è ammaliante, la voglia di provarci sempre è encomiabile. Fuoriclasse anche nelle sconfitte.
- Chiesa 5,5: non fa la punta, sembra che l’indole sia quella di allargarsi oltremodo anziché andare a chiudere gli spazi e accentrarsi. Poco reattivo, soffre la marcatura a un’incollatura che gli riserva la retroguardia nerazzurra.
- Allenatore Allegri 5: stavolta gli esperimenti li si è capiti meno. Perché Danilo in panchina e Bonucci titolare? Perché rinunciare all’unica punta di ruolo, Milik, per tentare un inedito Di Maria-Chiesa? Ha scelto di rispondere a Inzaghi con lo stesso modulo anziché dare seguito al corso bianconero: scelta non convincente. E nemmeno vincente.
La pagella dell’arbitro
Quella di Daniele Doveri, sezione di Roma 1, è una designazione che non aveva esaltato i tifosi bianconeri, memori di qualche episodio contestato nel corso della Supercoppa italiana del 2022. Eppure, il primo episodio è favorevole alla Juve: Bremer duro su Barella, l’arbitro – tra le proteste dei nerazzurri – non sanziona. Rabiot duro su Lautaro: identico approccio da parte di Doveri. Il proseguo del match è sulla falsariga, decide di non ammonire e lasciar giocare. Nessun episodio critico, i ritmi alti della partita non gli creano difficoltà e segue gli sviluppi delle azioni con puntualità.
Il nostro SUPERTOP
Dimarco: prende la tavolozza dei colori, per ogni colore una specialità della casa. Così – tra dribbling, fughe, conclusioni, assist, cross, contrasti e raddoppi di marcatura – illumina e incanta San Siro. Dimarcobaleno.
Il nostro SUPERFLOP
Bonucci e Bremer, coppia bocciata. Incerti, quasi spaesati. Ha colpito la fragilità che non ti aspetti da un duo che è la summa di esperienza ed efficacia. Leo è l’ombra del grande difensore che è stato. Gleison è perso in una parentesi tra quel che è stato lo scorso anno, ovvero il difensore più forte della serie A, e quello che tornerà a essere presto (una pedina irrinunciabile).
Il calendario dell’Inter: serie A e Champions League
Come si misura l’annata dell’Inter? Difficile, soprattutto adesso. A metà aprile, tirare le somme della stagione è impossibile. Potrebbe succedere l’impensabile, in un senso (positivo) o nell’altro (fallimento?). C’è in ballo una semifinale di Champions League, traguardo cui nemmeno i tifosi più ottimisti avrebbero potuto pensare senza catalogarlo come un sogno.
Di contro, allo stato attuale, l’Inter è fuori dalla prossima Champions: sesta in campionato, sarebbe qualificata per la Conference League. L’altalena di prestazioni e l’epilogo indecifrabile spianano al strada ai più ottimisti (perché l’Inter è capace di tutto) e, al contempo, sono un campanello d’allarme per i più scettici (già, l’Inter è capace di tutto). Quel che resta dello scampolo di serie A: sette gare senza appello.
Complicate, delicate: quella dei nerazzurri non è missione semplice, la squadra di Inzaghi ha quattro big match. Il primo è alle porte: il 30 aprile, a San Siro, arriva la Lazio. Poi, due trasferte: la prima a Verona il 3 maggio, la seconda a Roma contro i giallorossi dell’ex Mourinho.
Si torna al Meazza il 14 maggio, arriva il Sassuolo; il 21 a Napoli contro la squadra che, per quella data, potrebbe già avere il tricolore in cassaforte. Il 28 l’ultima in casa, contro l’Atalanta; il 4 giugno a Torino, contro i granata di Juric.
I riflettori del palcoscenico più importante faranno luce sui nerazzurri in almeno due circostanze ancora, quelle della doppia gara di semifinale contro il Milan: andata in trasferta, il 10 maggio; ritorno in casa, il 16 dello stesso mese. Solo i rossoneri separano l’Inter dalla partita più importante: 10 giugno, Istanbul, finale di Champions League.
Prossime partite e calendario completo dell’Inter
Il calendario della Juventus: serie A ed Europa League
Orgoglio, carattere, dignità: il calcio si gioca con piedi e testa ma, qualche volta, il cuore fa la differenza. Juventus a targhe alterne: certe prestazioni sarebbe stato meglio non vederle, altre hanno esaltato la piazza. I bilanci si fanno alla fine ma stavolta, anche stavolta, le vicissitudini extra campo hanno toccato i bianconeri proprio lì.
Nell’orgoglio, nel carattere, nella dignità. La rivalsa, la voglia di esserci nonostante tutto potrebbe essere l’arma in più di una volata di stagione che può riservare grandi sorprese (o delusioni cocenti). La giustizia sportiva si esprimerà: qualche punto, conquistato sul campo, sparirà dalla classifica ed è lì che si riuscirà a capire se gli sforzi degli uomini di Allegri saranno bastati per assicurarsi comunque un posto nella prossima Champions League.
Non fosse così, ci sarebbe l’altra via: vincere l’Europa League e strappare un pass di diritto per l’Europa che conta. Si materializzasse lo spettro della terza via – quella per cui la Uefa potrebbe decidere di escludere la Vecchia Signora dalle competizioni europee per una anno – non resterà che prenderne atto. E stare fermi un giro.
Cosa dice il calendario? Mancano sette partite per archiviare la serie A: quattro lontane da Torino, tre allo Stadium. In sequenza: il prossimo 30 aprile a Bologna, il 3 maggio i bianconeri ospitano il Lecce, il 7 ci si sposta a Bergamo contro l’Atalanta per quello che è uno scontro diretto a tutti gli effetti.
Ancora: il 14 maggio contro la Cremonese allo Stadium, il 21 trasferta a Empoli, il 28 tocca al Milan saggiare l’atmosfera e il terreno dell’impianto juventino. Infine, il 4 giugno la Juventus archivia il campionato 2022/23 a Udine.
Le serate europee, invece, saranno sicuramente due: quelle della doppia sfida di semifinale di Europa League contro il Siviglia: andata allo Stadium l’11 maggio, ritorno a Siviglia il 18. Che i bianconeri abbiano cerchiato di rosso una data, è ovvio: 31 maggio 2023, finale alla Puskás Aréna di Budapest, in Ungheria. Dove, ad attenderla, ci potrebbe essere la Roma.