Saluta anche Diegone Lenzi, e così il contingente italiano del pugilato a Parigi se ne torna a casa senza medaglie. Uno zero che pesa tanto: tra quattro anni a Los Angeles la nobile arte verrà messa in soffitta, complici i ripetuti scandali dei verdetti dei giudici e in generale le ingerenze di nazioni non propriamente allineate col CIO che già nei mesi scorsi avevano fatto arrabbiare il massimo organismo olimpico internazionale. L’Italia chiude un’edizione senza gloria, dove al netto di verdetti assai discutibili c’è stato da faticare non poco, col risultato di non aver centrato nemmeno una medaglia come già era accaduto soltanto a Rio 2016.
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Tiafack è di un altro livello: Lenzi fuori senza rimpianti
Il bronzo di Irma Testa a Tokyo 2020 resterà dunque l’ultima medaglia di una delle discipline che nel corso delle rassegne olimpiche avevano dato maggiori soddisfazioni allo sport italiano. Diego Lenzi era l’ultima carta da calare: affrontava il tedesco Nelvie Raman Tiakack, ma a dispetto di quanto visto nei precedenti incontro sul ring parigino non c’è stata davvero storia. Netta la vittoria del tedesco, che ha fatto leva sulla maggiore esperienza accumulata nel corso degli anni (Lenzi era soltanto al 43esimo incontro in carriera) riuscendo a indirizzare il match sui binari desiderati.
Al bolognese è mancata la rapidità d’esecuzione necessaria per riuscire a trovare la misura: non è mai entrato nella guardia del rivale, anzi ha finito per offrire spesso e volentieri lo spazio alla misura più lunga del’avversario, che ha sempre risposto presente quando s’è presentata l’opportunità di colpire. Lenzi soprattutto è sembrato stanco già nel finale della prima ripresa: è andato a sprazzi, dando qualche segnale di timido risveglio sul finire del secondo round, ma i giudici non si sono impietositi e hanno tenuto Tiafack costantemente a debita distanza, in vantaggio sopra ogni ragionevole dubbio.
Nell’ultima ripresa soltanto un ko. avrebbe potuto salvare la spedizione italiana a Parigi, e quindi consegnare a Diegone almeno una medaglia di bronzo (nel pugilato non c’è la finale per il bronzo: chi perde in semifinale è automaticamente sul podio). Ma contro questo Tiafack anche solo pensarla una cosa simile era troppo.
Spedizione senza gloria: Italia, finale da dimenticare
Lenzi è sceso dal ring con la consapevolezza di averci provato, ma di essere stato battuto da un avversario apparso superiore. La prima (e probabilmente unica) esperienza olimpica s’è chiusa con la sensazione di aver fatto il possibile per tenere su il carrozzone azzurro, anche se il “peso” delle eliminazioni di Mouhiidine e Testa in qualche modo ha finito per gravare sulle sue spalle in modo eccessivo.
L’Italia dei supermassimi (cat. 92 kg) non ha dunque trovato l’erede di Roberto Cammarelle, a medaglia in tre edizioni consecutive dei giochi da Atene 2004 (bronzo), Pechino 2008 (oro) e Londra 2012 (argento, ma con verdetto piuttosto rivedibile a favorire il beniamino locale Anthony Joshua). Insomma, c’era una volta la grande scuola del pugilato italiano (anche olimpico): resterà un ricordo, ed è un peccato aver chiuso senza un finale degno della storia che fu.