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Giro di Lombardia, Pogacar è sempre di parola: 48 km di fuga e poker (come Coppi). Evenepoel e Ciccone sul podio

Pogacar si regala l'ennesimo assolo nella gara che chiude un 2024 irripetibile, fatto di 25 vittorie in 56 giorni di gare. "Tattica perfetta, grazie alla squadra. Ora le vacanze..."

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Da lassù il Campionissimo avrà certamente apprezzato: perché avere Tadej Pogacar come compagno di record è un piacere riservato a pochi eletti, appunto come lo sono Fausto Coppi da Castellania e il corridore che nel 2024 ha completamente riscritto la storia del ciclismo moderno. Regalandosi un’ultima perla, preziosa tanto quanto lo sono state le altre: la quarta vittoria consecutiva al Giro di Lombardia, impresa riuscita soltanto a Coppi dal 1946 al 1949, impresa che da quattro edizioni a questa parte porta il nome di Tadej Pogacar da Komenda.

La chiusura perfetta: solita fuga da lontano

Che ha vinto l’ennesima corsa di un’annata unica e irripetibile (25esimo successo su 57 giorni di gare: ha vinto il 43,85% delle gare a cui ha partecipato, che includono anche tappe di grandi giri dedicate ai velocisti, tanto per intenderci…), e lo ha fatto una volta di più alla sua maniera, cioè salutando tutta la compagnia quando al traguardo mancavano poco meno di 50 chilometri.

Un marchio di fabbrica, come la Z di Zorro: Pogacar parte quando alla cima della Colma di Sormano mancano ancora 6.500 metri, ma nessuno si sogna di provare a tenere la sua ruota. Non ci pensa neppure Remco Evenepoel, che pure è il solo a provare a smarcarsi, a tentare di porre rimedio a una fine altrimenti scontata come poche. Va su del suo passo il belga, che all’arrivo paga 3’16”, impossibilitato a riportarsi a contatto neppure quando la strada spiana, e sulla carta quello sarebbe il punto più congeniale a un crono man che non a un passista scalatore come Tadej.

Remco primo degli umani, e tutto sommato a lui va bene così: dopo le olimpiadi era uscito con le pile scariche, conquistando la crono mondiale a denti stretti (davanti a Ganna e Affini) e poi tirando la carretta per onorare sponsor e quant’altro. Lui che al Lombardia nel 2020 ha visto la morte in faccia, alla fine sa che questo è un podio che vale (e pure tanto).

Ciccone, podio che vale. Pozzovivo si gode il finale

Su quel podio c’è salito anche Giulio Ciccone. Bravissimo nel finale a rimontare sul drappello degli inseguitori, sfruttando le sue innate doti di scalatore sul San Fermo della Battaglia, ultima asperità di giornata. Enric Mas, che aveva provato con Van Eetvelt (settimo) a tenere le ruote di Evenepoel (perdendole in discesa), ha chiuso quinto dietro al connazionale Ion Izaguirre, mentre Sivakov (ultimo uomo a lanciare Pogacar sulla Colma di Sormano) ha chiuso sesto, con Powless che dopo il Gran Piemonte si è preso l’ottava posizione davanti a Gaudu e Meurisse.

Menzione speciale per due corridori al passo d’addio: Bauke Mollema ha chiuso 12esimo a 5′ da Pogacar, mentre Domenico Pozzovivo s’è goduto tutta l’ultima parte di corsa arrivando 38esimo a 11 minuti e mezzo, applaudito da tutto il pubblico presente a bordo strada.

Era dal 2006 che un campione del mondo non conquistata Il Lombardia: allora fu Paolo Bettini a staccare tutti e a vincere tra le lacrime, ripensando al fratello Sauro morto pochi giorni prima in un incidente stradale. Bettini che fu anche l’ultimo campione olimpico a finire sul podio.

Tadej elogia l’UAE: “Piano tattico eseguito alla perfezione”

Pogacar a fine corsa è sembrato rilassato come poche altre volte. Sapeva che questa sarebbe stata l’ultima fatica della stagione, anche se vedendo i risultati quasi verrebbe voglia di chiedere agli organizzatori di anticipare le prossime corse. “Ogni vittoria è speciale e anche questa lo è a suo modo. La squadra ha fatto un gran lavoro, la fuga iniziale era composta da tanti uomini e c’è stato bisogno di aumentare il forcing presto per non rischiare che qualcuno potesse arrivare fino a Como.

Tatticamente non abbiamo sbagliato nulla e sono felice di aver ripagato il lavoro di tutti i miei compagni. L’avevamo studiata proprio così: la Colma di Sormano era il punto ideale per partire, anche perché negli ultimi 40 km ci saremmo marcati tutti e sarebbe stato più complicato. Poi i saliscendi che sono seguiti alla discesa della Colma mi hanno permesso di guadagnare secondi preziosi, che poi ho gestito nel finale. Volevo aumentare il mio vantaggio per scoraggiare gli inseguitori a venirmi a prendere, e direi che ci sono riuscito”. Questo gli ha permesso di godersi al meglio gli ultimi chilometri della sua stagione. “Pensavo alle vacanze, quindi è stato tutto più bello”, c’ha scherzato su lo sloveno.

Il posto nella storia: “Ne riparliamo a fine carriera”

Pogacar che proprio alla vigilia del Lombardia era tornato sulle accuse (velleitarie, per la verità) di doping arrivate da più parti. “Chi vince viene spesso considerato più incline a imbrogliare, è così da sempre. Ma il nostro è uno sport già pericoloso di suo, come purtroppo la stagione ha dimostrato con incidenti che si sono rivelati anche mortali.

Ci sono corridori che si dopavano 30 anni fa e che oggi cominciano ad accusare problemi di salute, ma mi chiedo se sia normale mettere a repentaglio la propria salute per qualche giorno di gloria. Il ciclismo sta soffrendo ancora per le colpe di quegli anni: molta gente non crede più in questo sport, ma non so come far riavvicinare chi ha deciso di allontanarsi. Posso solo fare il massimo e sperare che la gente ricominci a credere in noi.

Al resto penserà la storia, quella nella quale Pogacar ha già prenotato un posto: “Lo vedremo a fine carriera”. Già, perché ci si dimentica che questo ragazzo ha solo 26 anni. E forse un decennio ancora per continuare a dominare e collezionare maglie di ogni colore. Con il 2025 che porta in serbo già un grande obiettivo: fa rima con Milano-Sanremo, l’unica monumento che ancora non è finita nel suo palmares (oltre alla Roubaix, alla quale non ha mai partecipato).

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