Da lassù il Campionissimo avrà certamente apprezzato: perché avere Tadej Pogacar come compagno di record è un piacere riservato a pochi eletti, appunto come lo sono Fausto Coppi da Castellania e il corridore che nel 2024 ha completamente riscritto la storia del ciclismo moderno. Regalandosi un’ultima perla, preziosa tanto quanto lo sono state le altre: la quarta vittoria consecutiva al Giro di Lombardia, impresa riuscita soltanto a Coppi dal 1946 al 1949, impresa che da quattro edizioni a questa parte porta il nome di Tadej Pogacar da Komenda.
- La chiusura perfetta: solita fuga da lontano
- Ciccone, podio che vale. Pozzovivo si gode il finale
- Tadej elogia l'UAE: "Piano tattico eseguito alla perfezione"
- Il posto nella storia: "Ne riparliamo a fine carriera"
La chiusura perfetta: solita fuga da lontano
Che ha vinto l’ennesima corsa di un’annata unica e irripetibile (25esimo successo su 57 giorni di gare: ha vinto il 43,85% delle gare a cui ha partecipato, che includono anche tappe di grandi giri dedicate ai velocisti, tanto per intenderci…), e lo ha fatto una volta di più alla sua maniera, cioè salutando tutta la compagnia quando al traguardo mancavano poco meno di 50 chilometri.
Un marchio di fabbrica, come la Z di Zorro: Pogacar parte quando alla cima della Colma di Sormano mancano ancora 6.500 metri, ma nessuno si sogna di provare a tenere la sua ruota. Non ci pensa neppure Remco Evenepoel, che pure è il solo a provare a smarcarsi, a tentare di porre rimedio a una fine altrimenti scontata come poche. Va su del suo passo il belga, che all’arrivo paga 3’16”, impossibilitato a riportarsi a contatto neppure quando la strada spiana, e sulla carta quello sarebbe il punto più congeniale a un crono man che non a un passista scalatore come Tadej.
Remco primo degli umani, e tutto sommato a lui va bene così: dopo le olimpiadi era uscito con le pile scariche, conquistando la crono mondiale a denti stretti (davanti a Ganna e Affini) e poi tirando la carretta per onorare sponsor e quant’altro. Lui che al Lombardia nel 2020 ha visto la morte in faccia, alla fine sa che questo è un podio che vale (e pure tanto).
Ciccone, podio che vale. Pozzovivo si gode il finale
Su quel podio c’è salito anche Giulio Ciccone. Bravissimo nel finale a rimontare sul drappello degli inseguitori, sfruttando le sue innate doti di scalatore sul San Fermo della Battaglia, ultima asperità di giornata. Enric Mas, che aveva provato con Van Eetvelt (settimo) a tenere le ruote di Evenepoel (perdendole in discesa), ha chiuso quinto dietro al connazionale Ion Izaguirre, mentre Sivakov (ultimo uomo a lanciare Pogacar sulla Colma di Sormano) ha chiuso sesto, con Powless che dopo il Gran Piemonte si è preso l’ottava posizione davanti a Gaudu e Meurisse.
Menzione speciale per due corridori al passo d’addio: Bauke Mollema ha chiuso 12esimo a 5′ da Pogacar, mentre Domenico Pozzovivo s’è goduto tutta l’ultima parte di corsa arrivando 38esimo a 11 minuti e mezzo, applaudito da tutto il pubblico presente a bordo strada.
Era dal 2006 che un campione del mondo non conquistata Il Lombardia: allora fu Paolo Bettini a staccare tutti e a vincere tra le lacrime, ripensando al fratello Sauro morto pochi giorni prima in un incidente stradale. Bettini che fu anche l’ultimo campione olimpico a finire sul podio.
Tadej elogia l’UAE: “Piano tattico eseguito alla perfezione”
Pogacar a fine corsa è sembrato rilassato come poche altre volte. Sapeva che questa sarebbe stata l’ultima fatica della stagione, anche se vedendo i risultati quasi verrebbe voglia di chiedere agli organizzatori di anticipare le prossime corse. “Ogni vittoria è speciale e anche questa lo è a suo modo. La squadra ha fatto un gran lavoro, la fuga iniziale era composta da tanti uomini e c’è stato bisogno di aumentare il forcing presto per non rischiare che qualcuno potesse arrivare fino a Como.
Tatticamente non abbiamo sbagliato nulla e sono felice di aver ripagato il lavoro di tutti i miei compagni. L’avevamo studiata proprio così: la Colma di Sormano era il punto ideale per partire, anche perché negli ultimi 40 km ci saremmo marcati tutti e sarebbe stato più complicato. Poi i saliscendi che sono seguiti alla discesa della Colma mi hanno permesso di guadagnare secondi preziosi, che poi ho gestito nel finale. Volevo aumentare il mio vantaggio per scoraggiare gli inseguitori a venirmi a prendere, e direi che ci sono riuscito”. Questo gli ha permesso di godersi al meglio gli ultimi chilometri della sua stagione. “Pensavo alle vacanze, quindi è stato tutto più bello”, c’ha scherzato su lo sloveno.
Il posto nella storia: “Ne riparliamo a fine carriera”
Pogacar che proprio alla vigilia del Lombardia era tornato sulle accuse (velleitarie, per la verità) di doping arrivate da più parti. “Chi vince viene spesso considerato più incline a imbrogliare, è così da sempre. Ma il nostro è uno sport già pericoloso di suo, come purtroppo la stagione ha dimostrato con incidenti che si sono rivelati anche mortali.
Ci sono corridori che si dopavano 30 anni fa e che oggi cominciano ad accusare problemi di salute, ma mi chiedo se sia normale mettere a repentaglio la propria salute per qualche giorno di gloria. Il ciclismo sta soffrendo ancora per le colpe di quegli anni: molta gente non crede più in questo sport, ma non so come far riavvicinare chi ha deciso di allontanarsi. Posso solo fare il massimo e sperare che la gente ricominci a credere in noi”.
Al resto penserà la storia, quella nella quale Pogacar ha già prenotato un posto: “Lo vedremo a fine carriera”. Già, perché ci si dimentica che questo ragazzo ha solo 26 anni. E forse un decennio ancora per continuare a dominare e collezionare maglie di ogni colore. Con il 2025 che porta in serbo già un grande obiettivo: fa rima con Milano-Sanremo, l’unica monumento che ancora non è finita nel suo palmares (oltre alla Roubaix, alla quale non ha mai partecipato).