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Pagelle di Juventus-Inter 1-1: faro Rabiot. Lukaku, gol e disastri. Bremer ingenuo. Lautaro sparisce

Coppa Italia 2022/23 semifinale di andata: top e flop. Cuadrado e Lukaku in gol in un finale thrilling: entrambi espulsi insieme ad Handanovic. Il francese deli bianconeri migliore in campo

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Ultima parte di gara thrilling: Juventus-Inter si conclude 1-1 ma l’epilogo è un’altalena di emozioni. Sesto gol in 26 partite contro l’Inter: Juan Cuadrado indirizza la sfida di andata valevole per la semifinale di Coppa Italia 2022/23 e prova a garantire alla Juventus un vantaggio importante in vista della sfida di ritorno: l’1-0 dei bianconeri svanisce nel finale, al 4′ di recupero Lukaku rimette tutto in parità trasformando un calcio di rigore per ingenuità di Bremer.

Finale incandescente: per il belga due ammonizioni in pochi minuti ed espulsione, poi si chiude in rissa. Rosso anche per Handanovic e Cuadrado a gara già conclusa. Il ritorno è in programma a San Siro il prossimo 26 aprile.

Partita tattica che Massimiliano Allegri e Simone Inzaghi hanno affrontato con identico modulo, un 3-5-2 nel quale le retroguardie e le rispettive mediane hanno riservato soddisfazioni mentre i due attacchi – con Vlahovic da una parte e Lautaro dall’altra, il peggiore l’argentino – hanno deluso ampiamente.

Nota di merito per Rabiot, ennesima prestazione di grande sostanza e qualità, bene anche Brozovic che è tornato perno del centrocampo dell’Inter e ha portato per mano i compagni.

Juventus-Inter semifinale andata: diretta live e cronaca testuale

Le pagelle della Juventus

  • Perin 6,5: una sola vera parata nella prima frazione, quando dice no a Brozovic che ne agevola il compito con un tiro debole e centrale. Puntuale anche su un paio di conclusioni nerazzurre dalla distanza. Controlla senza difficoltà, bene nelle uscite e sicuro coi piedi.
  • Danilo 6: qualche incertezza che non incide perché a beneficiarne dovrebbe essere Lautaro, ma il Lautaro di stasera è il peggiore in campo e non avrebbe mangiato il boccone nemmeno se imboccato. Se la cava con l’esperienza in più di una occasione ma non è una serata in cui gli tocca fare gli straordinari.
  • Bremer 5: il muro bianconero è lui. Sempre pronto, nessuna sbavatura. Ci prova Lautaro e va a sbattere, ci prova Dzeko e va a sbattere, ci prova anche Lukaku negli scampoli di minuti concessi da Inzaghi. Il risultato? Va a sbattere anche Lukaku. Poi, la follia finale: un tocco di mano in area al 4′ di recupero. Perché?
  • Gatti 6,5: lavoro di grande abnegazione eseguito con ordine e personalità. Questo è l’elemento focale: Gatti sta incessantemente e inesorabilmente acquisendo piglio, carattere e titolarità. Era il tassello mancante per completare un reparto ora nuovamente in assetto da muraglia. Lautaro e Dzeko gli ronzano intorno ma non fanno rumore e non fanno male.

    Fonte:

    Juventus-Inter gol Cuadrado ed esultanza bianconera

  • Cuadrado 7: gli tocca, sulla carta, il cliente più ostico perché Dimarco mette paura quando si invola. Per questo, rispetto alle potenzialità, tiene a freno la voglia di strafare, sfrecciare, attaccare: si modera per concentrarsi sulle disposizioni tattiche di Allegri e si conferma uno dei riferimenti di fiducia del tecnico. Gara di grande intelligenza tattica, nessuna sbavatura e ciliegina finale: un gol pesantissimo che l’erroraccio di Bremer vanifica, rimettendo i giochi in parità.
  • Locatelli 6,5: sostanza e quantità. Lavoro sporco e di fino. Incontrista e uomo d’impostazione. Il duello con Brozovic è una partita nella partita: Loca gioca a scacchi, usa il cervello e non tira indietro la gamba.
  • Fagioli 6: altro tassello di crescita nel bagaglio di una stagione che è uno stage al quale sta rispondendo benissimo. Si fa trovare, cerca i compagni, lotta come un leone e usa la testa.
  • Rabiot 7,5: il migliore in campo. Un baluardo, riferimento irrinunciabile per i compagni. Calciatore d’altri tempi: ha fisico e talento, mette la testa in ogni giocata e sembra danzi sulla palla.
  • Kostic 5,5: sarebbe dovuto essere il vero fattore bianconero, l’uomo in grado di cambiare ritmo e stravolgere i piani nerazzurri, invece Kostic ha fatto come Godot. Aspetti e non arriva, aspetti e non arriva. A tratti appannato, non riesce ad accompagnare la fase di costruzione e non salta l’uomo. Qualche lampo non basta per portarlo alla sufficienza.
  • Di Maria 6: la classe del Fideo è un valore aggiunto sempre. Lo temono a prescindere e per la Juventus è un grande vantaggio. Lui parte alla grande, con un’occasione che si costruisce da solo dopo 4′, ma col passare dei minuti stavolta si spegne pur restando sempre in partita. Perfetto nella fase di sviluppo della manovra, gli manca il colpo dal cilindro.
  • Vlahovic 5,5: tanto movimento, pochissimi palloni giocabili. Nei primi 45′ è la copia dell’ultima versione di un calciatore che si colloca a metà strada tra il vorrei ma non posso e potrei ma non voglio. A volte lo aspetti proprio lì dove dovrebbe essere, in attesa dell’ultimo passaggio, e non c’è. Altre è proprio lì dove dovrebbe stare ma l’ultimo passaggio non arriva mai.
  • Allenatore Allegri 6: alcune scelte le dovrebbe spiegare, non perché incomprensibili ma per il fatto che potrebbe in tutta tranquillità optare per uomini e scelte differenti. E non lo fa. Vlahovic sì e Milik no, per esempio. Lo si capisce fino a un certo punto. Di Maria fino a un certo punto, per esempio. Uno scampolo (e basta) per Chiesa. Kean che stavolta non ha minutaggio. Che la squadra sia solida dietro, ormai è consolidato. Ma che davanti si faccia troppo poco è un assioma altrettanto evidente.

Le pagelle dell’Inter

  • Handanovic 7: lancia il primo segnale al 4′. Di Maria salta Bastoni e conclude a incrociare. Handa si allunga e la mette in corner. Prosegue sulla falsariga, a dimostrazione del fatto che l’Inter, in questo reparto, di problemi non ne ha. Nella fase conclusiva della carriera, sta dimostrando di essere ancora un validissimo elemento, nonostante gli si contesti spesso qualche incertezza di troppo. Stasera, per inciso, nemmeno una.
  • D’Ambrosio 6: fa l’esecutore, non sfonda e si preoccupa di tenere a bada le punte bianconere. Affidabile, concreto.
  • Acerbi 6,5: si mette in cabina di regia nella retroguardia nerazzurra e fa da trade d’union tra Bastoni e D’Ambrosio. Il perno della difesa è lui: detta i tempi e chiama le giocate, gioca spesso d’anticipo ma non si perde via nemmeno in fase di marcatura. Non gli viene chiesto di fare Beckenbauer, non lo è: eppure continua a garantire una continuità e una affidabilità che, a conti fatti, lo hanno reso il più concreto degli uomini di retroguardia nerazzurri.
  • Bastoni 5,5: è il difensore che si sgancia e tenta le sortite offensive, in fase di costruzione del gioco sbaglia poco ed è un riferimento. Il problema sta quando si tratta di difendere: lo fa con qualche affanno, Di Maria in versione “normal” reta comunque un cliente scomodo. Impreciso.
  • Darmian 6,5: limita al massimo Kostic e già così la prestazione è di rispetto. In più, gli va riconosciuto il merito di non essersi limitato a difendere e contenere ma aver provato a sortire effetti nella tre quarti bianconera. Lucido e presente, è uno dei migliori dell’Inter dell’ultimo periodo.
  • Barella 6: non fa sfracelli e, rispetto ad altre volte, riesce a gestire la rabbia e la trasforma in grinta propositiva. Tanta corsa, tanta marcatura, qualche iniziativa d’attacco che prova a impreziosire con assist filtranti. Ma è un Barella “umano”, non l’extraterrestre di altre volte.

    Fonte:

    Juventus-Inter, Marcelo Brozovic è uno dei motivi per cui i nerazzurri possono sorridere

  • Brozovic 7: si capisce bene che ha rimesso minuti nelle gambe, ritrovato il ritmo partita, cominciato ad alzare lo sguardo palla al piede – come faceva ai bei tempi – per tessere la tela della manovra. Imposta e si propone, arriva anche al tiro ma, da buona posizione, gli esce una carezza al pallone che finisce lento e centrale tra i piedi di Perin. In crescita, servirà come il pane per il (gran?) finale. Ruggisce sugli avversari, a volte esagerando. Infatti si porta dietro il fardello di un’ammonizione rimediata a fine primo tempo che un po’ – e inevitabilmente – lo condiziona nella ripresa. Resta il cervello della mediana nerazzurra, l’uomo d’ordine che era insostituibile qualche mese fa e che adesso reclama il suo posto.
  • Mkhitaryan 6,5: primo tempo da rivedere, gli mancano i tempi di gioco con Brozovic ed è spesso il compagno a portarlo per mano. Nel secondo tempo cambia tutto: è lui il perno della mediana, si accolla la parte di fatica e quella di efficacia. Si infila negli spazi, crea scompiglio nell’area bianconera, apre varchi ai compagni e non disdegna la conclusione.
  • Dimarco 6: palla al piede, ha la straordinaria facilità di guardare avanti e lanciarsi negli spazi come fossero praterie. Arriva al tiro un paio di volte: bene Perin in una circostanza, impreciso lui al tiro nell’altra. Vale il discorso di Kostic: è il fattore che avrebbe potuto cambiare il match, c’è riuscito più del bianconero ma non abbastanza da incidere. Inzaghi lo sostituisce a metà ripresa.
  • Dzeko 6,5: mobilità, sacrificio, senso della posizione, va alla conclusione tutte le volte che gli si apre uno spiraglio. Poco coadiuvato da un Lautaro sottotono, è l’uomo d’attacco che per lunghi tratti della gara fa reparto da solo. Inossidabile, una certezza granitica.
Fonte:

Juventus-Inter, l’esultanza polemica di Lukaku dopo il gol dell’1-1

  • dal 69′ Lukaku 5: dai insufficiente a uno che ha fatto l’1-1? Sì, senza quel rigore ma con tutto il resto, prova da 4. Ha fatto in tempo a entrare in campo, entrare sugli avversari e imbattersi in una personalissima guerra personale – lui contro tutti – che non fa il bene della squadra. Espulso a partita conclusa, emblema di un approccio e di una condizione psicologica che lascia perplessi.
  • Lautaro 5: irascibile e irritante. Tocca palla e, anzichè impreziosire le trame nerazzurre, crea danni: perde la sfera nelle fasi topiche, non si libera per il tiro, si lascia anticipare con frequenza certosina, appare svogliato e sottotono. Il peggiore in campo, bruttissima copia di quel che potrebbe essere.
  • Allenatore Inzaghi 6: replica, a campi alterni, di quanto detto per l’omologo bianconero. Dimarco e Gosens sono diventati una staffetta ormai certificata, ma perché se gli effetti non sono quelli sperati? Toglie Dzeko, tra i migliori dell’Inter, e lascia in campo l’ombra di Lautaro, perché? per il resto, gli si può dire poco. La prestazione stasera c’è stata e c’è stata anche la reazione. Il pari in extremis è un purgatorio che allontanerà le critiche feroci per qualche giorno. Fino al prossimo passo falso, ovvio.

La pagella dell’arbitro

Davide Massa della sezione di Imperia, ha un ottimo impatto con la partita. Mostra subito grande personalità e si fa rispettare dai calciatori. Fischia con puntualità, lascia giocare quando c’è vantaggio e sceglie, con intelligenza, di centellinare i cartellini anche perché interventi meritevoli di sanzione ce ne sono pochi. La Juventus reclama senza convinzione un fallo di mano in area nerazzurra, Massa lascia correre e ha ragione lui. Nel finale incandescente diventa tutti contro tutti: anche stavolta, impeccabile nel sedare ogni accenno di rissa ricorrendo ai cartellini rossi e al buon senso.

Il nostro SUPERTOP

Rabiot, un mostro del ruolo. Come lo vai a togliere, adesso, uno così da un undici nel quale sta a pennello? Ci si sbrighi a rinnovargli il contratto, alla finestra ormai si sono messi in tanti. Rabiot è un geometra, un pittore, un calciatore di tale affidabilità ed esperienza che, in un caso o in un altro, di altri – anche soltanto simili – si faticherà trovarne.

Il nostro SUPERFLOP

Lautaro, un disastro. Uomo in meno per i nerazzurri, resta in campo anche troppo perché Inzaghi preferisce affiancarlo a Lukaku e togliere Dzeko, di gran lunga la punta più pericolosa dei nerazzurri. Quale sia la causa del netto peggioramento di un calciatore di cui i nerazzurri, ora più che mai, hanno bisogno come il pane è un mistero. Ma non è lui: Lautaro è l’ombra di se stesso.

Allegri e Inzaghi: il metodo Juve e quello dell’Inter

L’allenatore è una medicina o un alibi. Lo insegna la storia del calcio: paga per tutti e, quando incassa tributi, è solo dopo essersi messo in fila, parecchio dietro a tanti altri. Massimiliano Allegri ha le spalle larghissime, si difende da solo quando deve, trova intorno un capannello di voci in seno alla società pronte a fargli da scudo quando occorre.

Allegri ricompatta l’ambiente quando pare sgretolarsi, cementifica il gruppo quando c’è da fare fronte comune, si esalta in mezzo alle difficoltà e le voci divergenti – di alcuni tifosi, di qualche addetto ai lavori, di chi fa dell’opinione un mestiere – sebbene le ascolti riesce a farsele scivolare di dosso. Anche quando il coro social era fomentato da un #allegriout incessante, la risposta che arrivava puntuale e scandita era sempre la stessa. Allegri non si tocca.

A Simone Inzaghi, invece, le spalle si sono rimpicciolite un po’: è arrivato a quel punto in cui si sono azzerati i crediti e ci si comincia a indebitare. Si difende da solo, lo sa fare, ma il fuoco incrociato nei suoi confronti è trasversale: i tifosi che prima mugugnavano ora sono spazientiti, la società non si sbilancia e spende solo mezze parole che lasciano presagire scenari rivoluzionari; la squadra, anche quando schierata nel suo potenziale più qualitativo e incisivo, involve anziché evolvere. Quali e quante le responsabilità dell’allenatore?

L’Inter di questi tempi è una squadra al buio, fragile, inaffidabile sebbene la rosa sia forse la più forte e completa della serie A e nonostante il fatto che molti dei calciatori nerazzurri, solo un paio di anni fa, celebrava uno scudetto lottato con unghie e denti, strameritato. Dopo l’idillio, il calo; dopo la medicina, l’alibi.

I campioni non fanno i campioni: colpa di Inzaghi? Quando il coro social fomentato da un #inzaghiout incessante si fa sempre più insistente, la risposta che dovrebbe arrivare, puntuale e scandita, in seno al club non arriva. Inzaghi non si tocca: non lo dice nessuno. Anzi, escono puntuali indiscrezioni e smentite che si rincorrono su chi sarà il prossimo allenatore nerazzurro.

Questa è stata e resta una delle differenze più significative che rimarcano altrettante gestioni agli antipodi: la Juventus fa in un modo, l’Inter in un altro.

Il calendario della Juventus: serie A, Europa League e coppa Italia

Aprile incandescente: vale per le big del calcio italiano, figurarsi in casa Juventus, con i bianconeri in corsa per tre obiettivi sebbene la stagione abbia preso una piega negativa rispetto alle aspettative. Un occhio ai tribunali, che potrebbero ulteriormente stravolgere (in positivo o in negativo) un’annata particolare; l’altro occhio al campo.

In campionato, nonostante e a prescindere dalla penalizzazione, il quarto posto e la conquista di un piazzamento in Champions League sono una missione non più impossibile: sei lunghezze separano i bianconeri dalla coppia costituita da Inter e Roma che, a quota 50, si contendono l’ultimo posto utile per l’ingresso nell’Europa che conta.

Il calendario della serie A ha in programma, per la squadra di Allegri, tre sfide da consumarsi nel mese: l’8 a Roma contro la Lazio, il 16 ancora trasferta contro il Sassuolo, il 23 sfida casalinga contro il Napoli. L’Europa League entra nel vivo immediatamente: andata e ritorno dei quarti di finale tra 13 e 20 aprile contro lo Sporting Lisbona, prima gara allo Stadium, replay a Lisbona. La chiosa d’aprile sarà il rematch della semifinale di coppa Italia contro l’Inter, stavolta a San Siro, in calendario il 26.

Prossime partite e calendario completo della Juventus

Il calendario dell’Inter: serie A, Champions League e coppa Italia

Lo scudetto è volato via da tempo: per incostanza, distrazione, superficialità. Troppe le dieci sconfitte inanellate fin qui in campionato per pensare in grande, enorme il divario con il Napoli per nutrire anche la minima speranza. Si volta pagina, con realismo: resta in piedi – irrinunciabile, lo ha ribadito una volta di più anche il tifo caldo dei nerazzurri nel certificare che la pazienza è finita – l’obiettivo minimo del quarto posto.

Le quattro gare di serie A in calendario ad aprile svelano un tris di incontri non proibitivi e una partita delicata: trasferta contro la Salernitana il 7, a San Siro il 15 contro il Monza, a Empoli il 23, di nuovo al Meazza contro la Lazio il 30. Le sere magiche di Champions League saranno almeno due: andata e ritorno dei quarti di finale con il vantaggio di giocare la seconda delle due sfide davanti al pubblico amico.

Primo match a Lisbona, in casa del Benfica, l’11 aprile; seconda sfida a Milano il 19. È ancora San Siro a fare da teatro al grande calcio in occasione del match di ritorno della semifinale di Coppa Italia contro la Juventus, in programma il 26.

Prossime partite e calendario completo dell’Inter

Pagelle di Juventus-Inter 1-1: faro Rabiot. Lukaku, gol e disastri. Bremer ingenuo. Lautaro sparisce

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