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Sarri: la polemica sul calendario, il derby, la storia con il Napoli e il futuro in Arabia Saudita

Le emozioni del calcio, l'opzione Saudi League e un calendario definito "Uefa Virus". E poi, il suo erede Roberto De Zerbi: tutta la verità di Maurizio Sarri

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Pietro De Conciliis

Pietro De Conciliis

Giornalista

Giornalista pubblicista e speaker radiofonico, per Virgilio Sport si occupa di calcio con uno sguardo attento e competente sui campionati di Serie B e Serie C

A tutto Maurizio Sarri. L’allenatore della Lazio, con un passato sulle panchine di Empoli, Napoli, Chelsea e Juventus, sfida il calcio moderno in una lunga intervista concessa ai microfoni de La Repubblica, opponendosi ancora una volta al calendario imposto dalla UEFA, senza dimenticare il presente biancoceleste e le scelte fatte nelle precedenti stagioni. Dal modello Premier League all’opzione Arabia Saudita per il futuro, con un occhio al suo erede Roberto De Zerbi.

Sarri sul calendario: “In Spagna lo chiamano Uefa Virus”

Polemizzare sul calendario resta uno dei cavalli di battaglia di Maurizio Sarri. Il tecnico della Lazio, attualmente al decimo posto in Serie A con 17 punti all’attivo, non ci sta e rincara la dose, al termine dell’ultima sosta dedicata alle nazionali in questo 2023.

Ne parlo da cinque anni, eppure mi accusano di cercare alibi e basta. In Spagna sta venendo giù il mondo in questi giorni per l’infortunio di Gavi, lo chiamano Uefa Virus. Spero che qualcuno abbia l’onestà intellettuale per riconoscermi che certe cose le dico da una vita.

Sarri, in un mondo sempre più frenetico, intravede una soluzione, capace di mettere d’accordo gran parte delle componenti, senza perdere la bellezza delle emozioni.

L’unico modello sostenibile è quello inglese. Il più tradizionalista, dove la finale di FA Cup è la partita più vista dopo la finale di Champions e si gioca ogni anno a Wembley, mica in Arabia. Lì, almeno, c’è il tentativo di non far cadere il movimento nella globalità. Così, sono tutti ricchi, mentre i nostri ricchi sono i poveri d’Europa. Il calcio resta uno sport emozionale e l’emozione la tiene viva il bambino che va allo stadio, ma non c’è futuro se si mira al pubblico degli highlights.

Da tempo, giocare ogni tre giorni non rientra tra le priorità di Maurizio Sarri, per usare un eufemismo. Spiegato il perché.

Se non ti alleni subentrano il decadimento tecnico e fisico e la stanchezza mentale, quindi lo spettacolo peggiora. Anche chi non ha giocato, tra l’altro, non è avulso dalla stanchezza, perché si trova a vivere in un ambiente stanco. Ormai ci si allena solo al video. Io dico che un calciatore dovrebbe giocare un massimo di 50 partite l’anno, rinunciando almeno alle tournée estive e riportando la Coppa Italia ad agosto anche per le grandi, facendole giocare sui campi di Serie C. La Coppa Italia è un evento clandestino cucito su misura per l’audience televisiva degli ultimi turni.

Il Sarrismo e il discorso fatto a Immobile

Impossibile dimenticare gli anni di Napoli. All’ombra del Vesuvio, Sarri ha segnato un’epoca, sfiorando il successo più volte e riportando il sorriso sui volti dei tifosi azzurri. La consacrazione del “Sarrismo” e la capacità di vincere partite giocando un calcio spettacolare, figlio di uno stadio approfondito, a tratti maniacale, in grado di fare impazzire decine di avversari.

A Napoli, io non devo e non posso fare quel calcio per forza, anche se la gente pretende da me sempre la stessa maniera di giocare. Avere dei palleggiatori non è come avere dei contropiedisti, mi devo adattare, la Lazio non potrà mai essere come il mio Napoli. Immobile, per esempio, non può giocare contro le sue qualità e le sue caratteristiche, deve attaccare la profondità. L’altro giorno gli dissi: devi fare quello che hai sempre fatto, attaccare la profondità e scavare la difesa, senza venire incontro.

Sarri sul derby di Roma: “Mi trita”

Siamo reduci da uno dei derby capitolini più brutti degli ultimi dieci anni, sotto il profilo tecnico e dal punto di vista dello spettacolo, ma Sarri non baratterebbe con nulla le emozione vissute durante la settimana che porta alla stracittadina con la Roma di José Mourinho, nonostante gli eccessi e la pressione extra.

Il derby mi trita. Da fuori ti sembra un’esagerazione, poi quando lo vivi è micidiale. Tutto quello che respiri diventa derby. C’è il magazziniere in clima derby, i cuochi in clima derby… Il derby ti rovina la vita, ma è bellissimo.

Sarri e il passato alla Juventus

I rimpianti non mancano nella carriera di Maurizio Sarri. Un solo anno alla guida della Juventus di Andrea Agnelli, il primo dell’era Covid. Problematiche di spogliatoio e un cambio di filosofia mai accettato fino in fondo. Tornare in Italia, ha sottolineato il trainer toscano a La Repubblica, non è stata una delle sue scelte migliori.

Alla Juve tutto era dovuto e dovevamo solo vincere la Champions, ma era un messaggio inquinato. Ho vinto lo Scudetto con un gruppo a fine ciclo e una società che ha preso me perché aveva la voglia, ma non la convinzione, di cambiare stile. Ho fatto fatica anche al Chelsea, a calarmi in un ambiente atipico senza ds, ma negli ultimi mesi mi sono divertito e ho sbagliato a voler venir via. Non dal Chelsea, ma dalla Premier League. Tornare in Italia è stato un errore.

Roberto De Zerbi, l’erede di Sarri

Un erede lo ha trovato. Un confronto non solo mediatico, ma soprattutto tecnico e filosofico. Una mentalità che accomuna Maurizio Sarri e Roberto De Zerbi.

Roberto, è il più vicino a me. Ci sentiamo ogni tanto, anche se non ha mai giocato con me. Del resto, io mi sono innamorato del calcio vedendo le squadre di Sacchi, per il senso di ordine che mi davano e che prima non avevo visto. Arrigo l’ho conosciuto molti anni dopo, ma è stato lui ad ispirarmi.

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