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Che cos'è l'effetto porpoising e perché condiziona la F1

Il fenomeno di cui più si discute in F1 è l'effetto porpoising: che cos'è e le ragioni che rischiano di condizionare la resa in pista delle monoposto.

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La stagione di F1 2022 appena conclusa, che ha visto Max Verstappen e la sua RedBull bissare il trionfo iridato dell’anno precedente, è stata caratterizzata da una forte innovazione tecnica e regolamentare: le nuove monoposto sono state riprogettate per essere in grado di scendere in pista e lottare tra loro in maniera più ravvicinata, ridando così entusiasmo a uno sport che mira a espandersi su nuovi mercati. Riavvolgendo il nastro ai test invernali di Montmelò e Sakhir, il fenomeno più chiacchierato dei paddock è stato senza alcun dubbio quello del “porpoising”.

Cosa vuol dire porpoising?

Porpoising” è un termine piuttosto buffo, preso in prestito dal gergo marittimo (porpoise = focena) che sta a intendere “saltellamento” e paragona, nel contesto della Formula 1, la vettura al simpatico cetaceo che emerge e si rituffa tra le onde di un mare agitato, il che non dev’essere affatto piacevole per il timoniere di un vascello che viaggia a più di 300 chilometri all’ora, tra ghiaia e guardrail.

Che cos’è l’effetto porpoising in F1

Il porpoising è tutt’altro che una nuova conoscenza: a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, successivamente all’introduzione del cosiddetto “effetto suolo”, le scuderie avevano già affrontato questo tipo di problema, la cui risoluzione fu sicuramente semplificata dall’assenza di restrizioni sui test in pista (l’entità reale del porpoising può essere verificata solo in questo modo) e sull’uso di sospensioni attive.

Tra il 1982 e il 1983, per motivi di sicurezza, una serie di nuove regole determinò l’abolizione dell’effetto suolo e l’introduzione del “fondo piatto”, il che portò inevitabilmente alla scomparsa del porpoising stesso.

Nonostante sia sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori da inizio stagione, quindi, l’effetto porpoising non è una novità per il mondo della F1. Si parla di porpoising o, come abbiamo visto, in italiano “saltellamento“, quando le monoposto cominciano ad oscillare, e appunto saltellare, in rettilineo.

Il fenomeno, visto e rivisto in questo avvio di stagione, porta le automobili di F1 a rimbalzare a terra, con tanto di scintille sull’asfalto, a causa di una improvvisa perdita di carico aerodinamico che porta a effetti oscillatori e perdita di prestazioni. L’effetto non è prevedibile in quanto sono le condizioni in pista che lo causano, ecco perché non è stato ancora del tutto risolto dalle scuderie.

Come si lega l’effetto porpoising all’effetto suolo

Ma perché l’effetto porpoising è tornato con decisione in questo 2022 di Formula 1? L’oscillazione, come detto, è dovuta da una improvvisa perdita di carico aerodinamico in rettilineo, proprio quando l’ala posteriore del DRS si apre e fa cambiare gli equilibri della monoposto. Il perché è presto spiegato, in quanto a giocare un ruolo chiave quest’anno sono i canali Venturi “riscoperti” dalle scuderie.

L’effetto Venturi, o meglio noto come effetto suolo, è una dinamica che le monoposto di Formula 1 “subiscono” nel corso dei giri in pista, ovvero vengono spinte verso il basso restando di fatto incollate a terra e facendo aumentare il grip in curva. Il porpoising è l’effetto collaterale, in quanto maggior grip in curva si traduce in perdita di contatto in rettilineo e in zona DRS quando la monoposto cambia l’equilibrio in apertura d’ala e l’aria cerca di passare sul fondo.

Ferrari, l’effetto porpoising risolto: la linea di Binotto

L’effetto porpoising può essere lesivo per i piloti, che nella prima parte di questa stagione hanno lamentato mal di testa e vertigini una volta abbandonato il volante delle monoposto. Solo il lavoro permetterà a tutte le scuderie del Circus si risolvere il problema, ma c’è chi ha fatto passi avanti ed è soddisfatto del proprio lavoro.

Parliamo della Ferrari, che domina in classifica piloti e costruttori, che ha trovato la soluzione per il porpoising. A sottolinearlo è il team principal Mattia Binotto: “Per quanto riguarda il porpoising, onestamente non so perché gli altri non siano così veloci come noi. Si tratta di trovare il giusto compromesso tra prestazione e gestione del rimbalzo”.

Che cos’è successo in Bahrain e a Barcellona

Per raggiungere l’obiettivo, Ferrari ha studiato nei minimi dettagli la propria monoposto nel corso dei test, fornendo ai piloti Charles Leclerc e Carlos Sainz varie soluzioni. Dal carico aerodinamico mutevole al fondo modificato, la F1-75 si è dimostrata reattiva al lavoro di ingegneri e meccanici sotto consiglio dei piloti e ora Ferrari sorride e guarda tutte le altre scuderie preoccupate.

Porpoising: il confronto con gli anni ’80

Come spiegato in precedenza, l’effetto porpoising è un “mostro” del passato che torna a far visita alle scuderie quest’anno. Negli anni ’80, per ovviare al problema, veniva utilizzate le cosiddette “minigonne“, ovvero delle bandelle laterali mobili che venivano montate sulle monoposto per isolare il sotto-vettura dall’esterno in modo da avere un flusso costante sotto di essa. Questa soluzione, nel 2022, non è più legale e i team sono costretti a provare di tutto per cercare di risolvere il problema.

Effetto porpoising in Formula 1 nel 2022

Lo spettacolo della F1, si sa, è fatto principalmente di sorpassi. Arnoux contro Villeneuve a Dijon, il traverso di Piquet su Ayrton a Budapest, Hakkinen che passa Zonta e Schumacher in un colpo solo: sono solo alcune delle scene che affollano, da sempre, le sigle d’apertura di qualsiasi trasmissione motoristica.

Il problema è che non si sorpassa più, e la questione è (anche) un fatto di aerodinamica: per generare downforce, ossia il carico verticale che spinge la vettura sull’asfalto e la tiene in pista, nel corso degli anni si è fatto ricorso ad ali anteriori e posteriori sempre più grandi e piuttosto complesse, le quali svolgevano, sì, il loro lavoro senza ombra di porpoising, ma poco si preoccupavano di lasciare alle loro spalle aria pulita e priva di turbolenze.

Quest’aria “sporca” era tutt’altro che ideale per chi si trovava a inseguire, tant’è che la soluzione era, sovente, quella di alzare il piede dall’acceleratore e seguire il proprio rivale a circa 2 secondi di distacco: non esattamente ciò che si definisce materiale da sigla.

Le vetture 2022 sono state concepite con quest’idea in mente: devono potersi seguire a distanza ravvicinata senza distruggere le gomme, devono consentire ai piloti di dar sfoggio di tutta la loro tenacia e di lottare in pista proprio come facevano i signori della sigla d’apertura.

Grazie alle nuove conoscenze in campo aerodinamico, l’effetto suolo può fare il suo rientro trionfale senza che le vetture rischino di decollare alla minima variazione di carico: i presupposti per un lieto fine sembrano esserci tutti ma, proprio come in un film d’azione, il “cattivo” si rialza (e riabbassa) sempre.

Gli effetti negativi del porpoising

Non tutti i problemi legati all’effetto suolo sono stati risolti, dunque, e quello del porpoising arriverà a costituire un vero e proprio caso, come poi si vedrà con l’introduzione della direttiva tecnica numero 39 (la famigerata TD39/22, introdotta in corso d’opera) invocata a gran voce da alcune scuderie (in primis, la Mercedes) in nome della sicurezza dei piloti.

Infatti, il porpoising ha numerosi effetti negativi: oltre, ovviamente, a rendere difficile la gestione della vettura, dei punti di frenata e di sterzata durante i sobbalzi, molti piloti hanno sofferto dolore persistente al collo e alla schiena, altri addirittura problemi temporanei alla vista e al senso di equilibrio.

Per ritrovare l’effetto suolo, il fondo delle vetture non è più piatto, come negli anni precedenti, ma caratterizzato da grosse prese d’aria dette canali Venturi, attraverso i quali l’aria acquisisce velocità e perde pressione “risucchiando”, di fatto, la monoposto al suolo senza opporre resistenza all’avanzamento (come farebbe, ad esempio, un alettone): una soluzione ideale sia in curva, sia in rettilineo. Quest’aria trova poi via d’uscita dal diffusore posteriore della F1, anch’esso progettato in modo da non creare turbolenze e da mantenere il fondo quanto più vicino al suolo possibile.

Simulazioni e prove in galleria del vento sembrano confortare le tesi degli ingegneri senza alcuna traccia di porpoising ma, all’atto pratico, al di sopra di una certa velocità (all’incirca 250km/h), molte delle vetture in pista cominciano ad oscillare anche vistosamente, in alcuni casi. Cosa succede?

Porpoising in Formula 1: cosa accade alle monoposto

L’aria entra nei canali Venturi posti sul fondo della vettura di Formula 1 a una certa velocità, subisce un’accelerazione, genera carico verticale (o deportanza, la forza che schiaccia la vettura al suolo) e poi rallenta, passando dal diffusore: più alta è la velocità, maggiore è la deportanza generata, più il fondo si avvicina al suolo.

Quando l’aria raggiunge una velocità troppo elevata, il flusso in uscita si stacca dal diffusore, si crea una fase di stallo e l’incantesimo svanisce: l’effetto suolo non genera più carico verticale e le sospensioni, inevitabilmente, tenderanno ad alzare l’auto dal suolo.

La focena è dunque fuori dall’acqua: come fa a rituffarsi, completando così l’effetto porpoising?

Una volta rialzato il fondo e “azzerato” l’effetto suolo, l’aria passa attraverso i canali Venturi a velocità minore e ricomincia il suo lavoro di “aspirazione” della vettura verso il suolo fino a raggiungere nuovamente la velocità limite, generando così un circolo vizioso che porta, appunto, al saltellamento in rettilineo: bentornato, porpoising.

Una direttiva contro il porpoising

Inizialmente, le squadre si sentono abbastanza sicure di poter eliminare o almeno ridurre il fenomeno del porpoising lavorando sul fondo o sul settaggio che regola l’altezza della vettura rispetto al suolo, ma il team che sembra patire maggiormente gli effetti negativi del porpoising è proprio il colosso Mercedes.

Entra in scena Toto Wolff, team principal della scuderia di Brackley, che da mesi fa pressione sulla FIA perché approvi una direttiva tecnica straordinaria che contrasti il fenomeno del porpoising, ritenuto troppo pericoloso nonché dannoso per la salute dei piloti, come testimoniato dalla schiena del pluricampione del mondo Lewis Hamilton dopo le 51 tornate del GP di Baku, in Azerbaijan.

Al coro si unisce anche Sebastian Vettel, altro habitué del trofeo iridato nonché direttore della GPDA (l’associazione dei piloti): “A un certo punto ci sarà il botto, e tutti diranno ‘l’avevamo detto’”.

Nel GP di Spa, in Belgio, subito dopo la pausa estiva, la direttiva anti porpoising impone nuove limitazioni al fondo vettura che dovrebbero ridurre drasticamente (non senza effetti collaterali e relative controversie) il saltellamento in rettilineo.

Attraverso una serie di verifiche sul consumo di assi e pattini e sulle geometrie delle monoposto, la FIA ha minacciato di penalizzare gli assetti più temerari, rendendo le oscillazioni del porpoising, di fatto, “illegali”, per salvaguardare la salute dei piloti.

Porpoising in F1: quali benefici (e per chi)

La Formula 1, si sa, è uno sport di precisione estrema, e anche una variazione millimetrica può avere risultati fenomenali o disastrosi: tutt’oggi, a bocce ferme, risulta complicato dire chi abbia tratto beneficio o subito maggior danno dalla lotta al porpoising.

Quel che però sembra certo è che non ci sia stato alcuno stravolgimento delle vetture in pista, nonostante questo preoccupasse alcuni addetti ai lavori molto più di quanto non lo facesse il porpoising stesso.

Tra i top team, la più soddisfatta è ovviamente la RedBull, che ha ripreso con maggior vigore la sua cavalcata verso il quinto titolo costruttori e sesto titolo piloti, mentre la Mercedes, paradossalmente, ha inizialmente subito gli effetti negativi della direttiva chiesta proprio dal suo stesso team principal, ma ha poi lentamente preso confidenza con la poco vincente W13, fino a portare il giovanotto George Russell alla sua prima, commovente vittoria in F1.

La Ferrari, invece, ha gradualmente perso terreno, quanto c’entri la TD39 e il porpoising non si sa, fino a giocarsi il secondo posto (costruttori e piloti) all’ultimo appuntamento di Abu Dhabi, ma con la testa già al 2023.

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