Udinese-Juventus 0-1: la 38esima di serie A alla Dacia Arena è un match che si conclude con un solo gol ma l’unica rete – di Federico Chiesa al 24′ della ripresa, a finalizzare una manovra corale – non trasmette lo sviluppo di una gara piacevole, in bilico fino alla fine e aperta a ogni risultato. Bianconeri qualificati per la Conference League per le concomitanti vittorie di Milan e Roma. Squadre allungate, occasioni da una parte e dall’altra, portieri attenti ma mai costretti all’intervento miracoloso. Poche insufficienze e solo tra i padroni di casa.
Le pagelle della Juventus regalano un paio di piacevoli sorprese: Chiesa (7,5), prima di tutto, tornato l’elemento capace di spezzare la partita. Almeno tre conclusioni che potevano avere migliore sorte e una serie infinita di sterzate che hanno fatto male alla retroguardia avversaria. Poi, Leonardo Bonucci (6,5): ci voleva, per Leo, un match simile. Ha capito e ha fatto capire che certi livelli sono ancora i suoi livelli. Una traversa all’attivo. L’ultima di Rabiot (6) non è una partita da incorniciare. Nella norma. Gli scampoli finali di Di Maria (6,5) servono a rispettare il gran campione regalandogli il giusto commiato. Tra i friulani: Walace il migliore, Beto e Thauvin sufficienti. Samardzic da rivedere.
Cosa conta l’ultima di campionato per Udinese e Juventus? Pochissimo. Meno per i friulani che per i piemontesi, per la verità. Perché alla Juve non era (non è) ancora preclusa la porta che introduce in Europa. Il pre partita, per cominciare, mette in chiaro una cosa: i tifosi dell’Udinese non hanno dimenticato quanto accaduto in occasione della sfida interna contro il Napoli, quella che ha sancito i partenopei campioni d’Italia: i primi cori, non d’affetto, sono rivolti proprio a Napoli.
Andrea Sottil (fresco di rinnovo) sceglie l’abito consueto: nel 3-5-2 dell’Udinese il duo d’attacco è formato da Thauvin e Beto, alle cui spalle agisce la cinquina di centrocampisti composta da Pereyra, Samardzic, Walace, Lovric e Udogie.
Allegri decide che nel 3-4-1-2 iniziale non c’è spazio per l’ultima da titolare di Di Maria, relegato tra i panchinari: Milik e Chiesa di punta con Miretti a fare da collante tra reparto offensivo e mediana, le cui chiavi sono affidate a Cuadrado, Locatelli, Rabiot e Kostic.
Serata di addii, arrivederci, non so. Il presente resta sospeso a mezz’aria quando si fatica a prevedere il futuro. L’ultima di campionato è anche un sospiro di sollievo: perché i bianconeri friulani mettono in archivio l’ennesima stagione in cui gli obiettivi sono centrati appieno; la Vecchia Signora, invece, manda in soffitta un romanzo mal riuscito. Episodi, circostanze, demeriti, accanimenti.
Gli accadimenti sportivi, extracalcistici, giudiziari sono stati un trittico di sventure che avrebbe demolito parecchi altri club. Non la Juventus: non quella che garantisce ai suoi tifosi una linea di continuità sempiterna con la tradizione; non quella del fresco restyling, che ha avvallato una linea di demarcazione tra un certo tipo di approccio e un altro; non quella che – più di altri club – ha fatto proprio un principio inalienabile: calciatori e dirigenti passano, il club resta.
La diretta live della 38esima giornata di serie A e i verdetti definitivi
- Le pagelle dell'Udinese
- Le pagelle della Juventus
- La pagella dell'arbitro
- Il nostro SUPERTOP
- Il nostro SUPERFLOP
- Qui Juve: tra ripartenza e ricostruzione
- Il futuro di Massimiliano Allegri
- Il futuro di Angel Di Maria
- Il futuro di Dusan Vlahovic
- Il futuro di Adrien Rabiot
Le pagelle dell’Udinese
- Silvestri 6,5: mette i guanti su una conclusione a colpo sicuro di Cuadrado e al 25′ serve il primo grande intervento della serata. Non perde concentrazione, bene in uscita e nel dialogo col reparto arretrato.
- Abankwah 6: è Milik ad agire con maggiore frequenza dalle sue parti, mentre Kostic gl icrea meno difficoltà. Non molla mai un centimetro e, sebbene costretto a stringere i denti quando il polacco prova ad accelerare, lo contiene bene. Quando c’è da spazzare non si fa problemi, approccio che, in molti casi, è un valore aggiunto.
- Nehuen 6,5: è un martello. Si impunta e ci riesce. Lo punti e non gli vai via. Il duello con Cuadrado, ripetuto, è stato uno dei migliori del match. Tiene a bada anche Milik, fa più fatica con Chiesa ma, con gl isprazzi del Chiesa visto stasera, farebbero fatica quasi tutti i suoi omologhi.
- Guessand 6,5: il tandem con Udogie non garantisce spinta propulsiva. Quanto Cuadrado fa il satanasso lui deve fare gli straordinari. Gli riesce qualche spunto che strappa applausi.
- Pereyra 6: fa il geometra ma non il pittore. Gli manca lo spunto per fare male. Non riesce a prendere per mano la squadra. Meglio in fase di contenimento.
- Samardzic 5,5: è il potrei ma non voglio. Che abbia dosi di grande talento lo si capisce dalle movenze, dal tocco di palla, dalla velocità di pensiero di certe giocate. Però si spegne come un fiammifero esposto al vento.
- Walace 6,5: diga invalicabile, frena chiunque e poi ha la gamba giusta per innescare la controffensiva. Grande gara per intensità ma colpisce ancora di più la semplicità con cui trasforma in facili le giocate complesse. Fraseggio pulito, concreto fino alla fine.
- Lovric 6: quando decide di velocizzare la manovra, l’Udinese diventa pericolosa. Il problema è che lo fa poche volte. Non sfrutta a dovere la fisicità e resta spesso imbrigliato nei movimenti della mediana juventina. Lo abbiamo visto fare meglio, molto meglio di così.
- Udogie 6: il commiato davanti al pubblico amico è stato un match in cui non è eccelso ma è stato ordinato e tatticamente impeccabile.
- Thauvin 6,5: epilogo di una stagione mai decollata. le aspettative non hanno corrisposto i risultati: ha avuto poco minutaggio ma non sempre lo ha saputo sfruttare a dovere. Stasera è parso in vena, ha scelto di fare il rifinitore, qualche bella giocata e, in assoluto, la migliore partita con la maglia dell’Udinese.
- Beto 6,5: è tornato per il gran finale ed è in forma. Scorrazza e fa a sportellate, si lancia in velocità e tenta spesso la giocata d’anticipo. Spina nel fianco costante anche se i palloni giocabili non sono tanti.
- All. Sottil 7: alla stagione ma anche alla partita di stasera. Udinese a testa altissima davanti a una Juventus bella, poche altre volte bella e offensiva così. La riconferma voluta dal club è meritata.
Le pagelle della Juventus
- Szczesny 6: gestone lineare delle conclusioni non pericolose dei friulani. Ottimo colpo d’occhio poi lo spavento dopo una conclusione di Samardzic che gli crea qualche problema, gli suggerisce di chiedere addirittura il cambio prima di capire che può continuare.
- Gatti 6,5: punto fermo. La ripartenza non può prendere il là senza di lui. Incarna al meglio lo spirito Juve ed è degno erede della tradizione difensiva bianconera. Arcigno, ostico, puntuale, porta a casa il risultato sempre e con ogni mezzo. Bene anche quando prova l’incursione offensiva. L’irruenza rischia a volte di metterlo in difficoltà: anche oggi un giallo nel primo tempo che ne ha condizionato, inevitabilmente, il proseguo. Fonte:
- Bonucci 6,5: la traversa gli nega il gol e sarebbe stata la ciliegina sulla torta di una serata che gli ha sorriso. Mai una disattenzione, nessuna incertezza. Fa bene a tutti, a lui per primo, sapersi ancora in grado di esserci ad alti livelli.
- Danilo 7: prende il tempo e ruba palla. Si coordina e impedisce l’ultimo tiro agli avversari. Si coordina bene con Bonucci e Gatti, il colpo da campione del difensore sa essere tanto decisivo quanto quello dell’attaccante. Danilo e pochi altri ne sono la dimostrazione.
- Cuadrado 6,5: decide che l’ultima di campionato vada onorata. Torna a essere il calciatore che dà la sensazione di spaccare la partita con una giocata. Fascia masticata e rimasticata, al tiro è un pericolo costante ed è anche l’assist man più efficace.
- Locatelli 6: giro palla lento, comincia col freno a mano tirato e non riesce a farsi artefice di impostazioni e ripartenze. Cresce col passare dei minuti ma non alza il livello qualitativo: tanta quantità condita dall’assist per Chiesa in occasione del gol.
- Rabiot 6: l’ultima non si lascerà ricordare che, per uno come Rabiot, vuol dire aver fatto il suo. Porta sulle spalle il reparto ma manca il quid per svoltare. Gara che basta a se stessa. Ha sui piedi la palla del vantaggio, la sbaglia malamente.
- Kostic 6: ha messo tante palle in mezzo, è stato uno dei calciatori più cercati dai compagni. Non brillante ma efficace. Allegri decide che la sua prova dura solo 45′.
dal 1′ st Iling Junior 6,5: conferma quanto di buono ha fatto vedere nel minutaggio concessogli da Allegri. Valore aggiunto e pericolo costante. - Miretti 6: duttile e mobile, si muove tra le linee e agisce alle spalle del duo d’attacco proponendosi in rifinitura con personalità. Non disdegna le sortite solitarie ma gli manca lo spunto conclusivo. Manda in archivio la stagione in cui è diventato grande. Nota lieta, siamo solo all’inizio. Fonte:
dal 16′ st Di Maria 6,5: fa l’ordinario per una decina di minuti, si scalda. poi decide che il commiato vale una trivela improvvisa su cui Silvestri si allunga. Vedergli il pallone tra i piedi è una goduria ma quanto fa male sapere che il destino di un giocatore così sarà, con ogni probabilità, lontano dall’Italia. Fa i numeri. Tra i tifosi qualcuno piange. Di Maria a fine carriera vale più di tanti colleghi nel pieno dell’attività.
- Milik 6: parte bene, gli basta poco per entrare in partita e rendersi pericoloso. Non si risparmia in niente, va in sovrapposizione e fa pressing. Il problema – ormai atavico – è che le palle giocabili sono davvero poche.
- Chiesa 7,5: incontenibile. Vederlo straripare, strafare, strabiliare in certe giocate che gli mancavano da parecchio tempo è un toccasana. L’ultima di campionato ha detto che merita una grandissima chance. L’obiettivo è che la Juve riparta da lui.
- All. Allegri 7: dirà che ha portato la Juventus in Champions League nonostante la classifica – e la penalizzazione – releghino la squadra a una misera Conference League. Misera, vero, ma da aggrapparvici con le unghie e con i denti, nella speranza che la Uefa non decida di fare la voce grossa. La partita di Allegri, quella vera, comincia da stasera. Sul piatto c’è il suo futuro, quello del club, della squadra. Farà di tutto per convincere gli scettici a garantirgli un’altra chances. Meritata o meno, si rischia di scoperchiare il vaso di Pandora e di stare qui fino a prossima settimana. La verità è che senza riconferma, Allegri andrà via con una camionata di denaro. E male male che va, non è come finire in una brace.
La pagella dell’arbitro
Marco Guida di Pompei ha avuto la buona sorte di dover gestire una gara facile, in cui la vivacità e i cambi di direzione frequenti non hanno generato episodi dubbi. Ha gestito con personalità e messo mano al cartellino quando non poteva farne a meno (all’indirizzo di Gatti). In sintonia con i collaboratori Imperiale e Tolfo.
Il nostro SUPERTOP
CHIESA. parte male poi carbura. Le sirene di mercato, se ci sono davvero, ha mostrato di non sentirle, almeno stasera. Folate di vero Chiesa ce ne sono stati più di uno ed è l’elemento più positivo: adesso gli serve solo rimettersi in sesto definitivamente, staccare con la testa e ripartire con una preparazione mirata. Un paio di conclusioni costringono Silvestri all’intervento importante. Nell’uno contro uno stasera ha fatto tremare tutti i difensori friulani.
Il nostro SUPERFLOP
SAMARDZIC. Perché è un talento certo, ha un piede raffinato, la visione di gioco dei grandi registi, il potenziale di una decina di gol a stagione. Invece, stasera, niente di tutto questo. Solo una lunga attesa: è sembrato di stare davanti alla fermata del bus aspettandone l’arrivo. E si è solo accumulato ritardo su ritardo.
Qui Juve: tra ripartenza e ricostruzione
Ripartire sarà come rifondare, va messo da conto. La tabula rasa potrebbe arrivare laddove l’Uefa escludesse il club da qualunque competizione europea. In quel caso, trattenere i campioni o convincerne altri a sposare la causa rischia di diventare un ostacolo insormontabile. L’epopea dei successi in una continuità da fare invidia agli orologiai della Svizzera è un passato prossimo, va da sé: si farà la conta di chi resta convinto, chi parte ugualmente determinato, chi verrà accompagnato all’uscio e chi diventerà un riferimento per i prossimi anni.
Il futuro di Massimiliano Allegri
Nomi e cognomi. Massimiliano Allegri: il contratto lo blinda, i tifosi della curva stanno con lui mentre quelli da tastiera lo hanno etichettato con l’hastag out da mesi, la società è in un limbo. Che fare? Le critiche per i mancati successi e per un gioco solo per miseri tratti qualitativo portano con sè motivazioni superiori a quelle sottintese dal fatto che nessuno come Max, in questi mesi, ha saputo essere volto e immagine di un club ferito? Ci ha messo la faccia sempre, anche al posto di altri.
La sua scelta, del resto, l’ha fatta quando declinò l’offerta del Real Madrid per tornare alla Juventus. Gli basterà? Sarà sufficiente? Il campo ha parlato, ha parlato lo spogliatoio, hanno parlato anche le segrete stanze dirigenziali: quel che ne viene fuori è un grande boh dal quale è complicato districarsi. Allo stato attuale è solo facile intuire che il peso di un contratto oneroso è un’ancora che tiene il tecnico saldamente inchiodato alla panchina.
Il futuro di Angel Di Maria
Angel Di Maria. Indizi social lo danno per partente: in questo senso è stata letto il post di qualche giorno fa di Nicolò Fagioli, che ha pubblicato una foto della sua maglia con dedica all’argentino:
Fide sei stato un esempio dentro e fuori dal campo. Ti voglio bene.
Tuttavia, si tratta di un bene non trasversale. Non universale. Molte le critiche a Di Maria nel corso della stagione per aver fatto mancare una incisività attesa e messa in mostra solo tratti. Diranno che anche a metterci Leo Messi, in questa squadra, non sarebbe cambiato granché. Fatto sta: il calore con cui il centrocanmpista ha sempre raccontato la sua esperienza a Torino si è rafffreddato negli ultimi tempi. Sono segnali? Sono segnali. Dove, quando, perché: lo diranno i prossimi giorni. Due opzioni tra le altre: la Juve non lo rinnova, lui rifiuta di continuare.
Il futuro di Dusan Vlahovic
Dusan Vlahovic. Chiude la stagione e mezza in bianconero guardando i compagni giocare. Non convocato, pone fine dalla tribuna a un’annata che non può lasciargli grandi soddisfazioni. 42 presenze e 14 reti sono numeri che non si buttano via ma nemmeno si mettono in vetrina se di mestiere fai l’attaccante titolare della Juventus e vieni etichettato come uno dei 10 più forti al mondo.
Quanta parte di responsabilità all'(ex) bomber? Quante al modulo? Quante all’allenatore? Ognuno ci metta la percentuale che crede, nel frattempo Bayern Monaco e Chelsea stanno cominciando a preparare le carriole per metterci dentro soldi cash e convincere la Juve a cederlo. La sensazione è che convincere Vlahovic sarà più facile.
Il futuro di Adrien Rabiot
Adrien Rabiot. Rischia, tra tutti, di essere il rimpianto più grande. Calciatore e club non hanno raggiunto l’intesa sul rinnovo. Partirà al termine della unica vera grande stagione regalata ai tifosi, quella in cui è stato il vero fuoriclasse della squadra.
Ha segnato (11 gol) quasi quanto Vlahovic. Mediana al sicuro, uomo d’ordine, di impostazione, di marcatura e di graffio. Il vero problema sarà sostituirlo: di Rabiot versione anni precedenti, quanti se ne vogliono; di Rabiot ultimo modello, pochissimi e carissimi.