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Sinner rinuncia ai Giochi, cosa c'è dietro? Il ranking, le prospettive e il "peso" di essere un numero 1

Jannik Sinner non volerà a Parigi: sulla sua decisione pesa anche la necessità di impostare il lavoro in vista di un autunno "caldo" dove dovrà difendersi dalla minaccia Alcaraz.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Tutti esperti di tennis quando vince Sinner, tutti esperti di medicina quando decide di saltare un torneo Sinner. Tipico degli italiani: tuttologi si nasce, ma alla bisogna si diventa. E il caso della tonsillite che ha impedito al numero 1 del tennis mondiale di prendere parte al torneo olimpico di Parigi non fa eccezione. Sul web se ne leggono di tutti i colori, col tennista accusato di aver scambiato una tonsillite per un malanno “epocale”, quindi biasimando la scelta di non giocare. Ma se uno va più in profondità non troverebbe difficoltà a capire che questa è stata una decisione che ha una sua ragione d’esistere, pensando anche a quel che attende Jannik da qui a fine anno.

Il precedente di Tokyo: una rinuncia… da rincorsa

Che con i Giochi Olimpici il feeling non sia mai realmente sbocciato lo si era intuito già nel 2021, quando Sinner rinunciò alla convocazione per Tokyo per concentrarsi sulla sua crescita “in campo e fuori”. “Non ho giocato bene negli ultimi tornei e ho bisogno di tempo per lavorare sul mio gioco. Sono sincero con voi e spero che potrete capire il mio ragionamento dietro a questa decisione. Sento che questa sia la scelta migliore per il mio futuro”, scrisse all’epoca, motivando la scelta di non prendere parte al torneo olimpico.

Col senno di poi, una decisione che ha pagato dividendi: Sinner nell’estate del 2021 era reduce da tre eliminazioni consecutive al primo turno al Queen’s, a Wimbledon e ad Atlanta, ma proprio nei giorni immediatamente successivi al torneo di Tokyo conquistava il suo primo ATP 500 in carriera battendo McDonald nella finale di Washington. Si sarebbe poi ripetuto a Sofia e Anversa (entrambi 250) nelle settimane seguenti, fino a sbarcare per la prima volta nella top ten a fine ottobre, partecipando alle Nitto ATP Finals come sostituto di Berrettini dalla seconda giornata in poi.

Sinner e gli “affari” del ranking: la situazione

Tre anni dopo, la situazione è completamente differente. Stavolta la rinuncia è arrivata per motivi di salute, perché Sinner teneva eccome a rappresentare l’Italia, forte anche del trionfo di Davis Cup dello scorso novembre che gli ha mostrato quanto è bello vincere indossando la maglia azzurra.

Va ricordato che anche quel trionfo fu preceduto dal “rifiuto” di prendere parte alla fase a gironi di Bologna, reduce dalle fatiche degli US Open e ammaliato dalla prospettiva di salire nel ranking con un po’ di riposo “strategico” a metà settembre. Tutto sommato, la scelta di rinunciare a Parigi è un po’ anche figlia di un’ipotetica “strategia” che da qui a fine anno dovrà garantire a Jannik la permanenza sulla vetta del ranking ATP.

Questo perché da agosto, a differenza di quanto successo nella prima metà dell’anno, Sinner comincerà ad avere un numero sempre maggiore di punti da difendere, anche se fino agli US Open Alcaraz (1.500) e Djokovic (3.000) ne avranno di più rispetto ai 1.180 di Jannik. Poi però il quadro muterà radicalmente.

Autunno rovente: Alcaraz minaccia la numero 1

Lo scorso autunno, da Pechino a Torino, Sinner arrivò a mettere assieme 1.930 punti. Nello stesso lasso di tempo Alcaraz ne portò a casa appena 760, con una differenza di 1.170 che di fatto saranno quelli che l’attuale numero 1 del mondo dovrà scartare rispetto a Carlitos, che ad oggi ne ha 1.440 di ritardo.

Chiaro però che se Alcaraz in autunno dovesse proseguire sull’onda lunga mostrata tra Roland Garros e Wimbledon, Sinner dovrà viaggiare fortissimo per non rischiare di farsi raggiungere. Fa meno paura Djokovic, che di punti ne avrà da difendere altri 2.300 (è la combo delle vittorie a Parigi-Bercy e alle Nitto ATP Finals, unici due tornei ai quali ha partecipato in quel periodo), ma la sostanza poco cambia.

Scendere a compromessi a volte è inevitabile

È evidente come nell’analisi di Jannik abbia pesato anche la consapevolezza di non poter prendere troppi rischi proprio in funzione della seconda parte di stagione. Vero, a Parigi l’altoatesino avrebbe voluto regalare a se stesso e a tutto lo sport italiano una gioia immensa, ma il quadro medico ha consigliato di rinunciare anche e soprattutto in funzione a quello che accadrà dopo, con la trasferta nordamericana sullo sfondo.

Tra l’altro a settembre ci sarà di nuovo la Davis Cup a Bologna, e chissà quale sarà la decisione di Sinner, con Volandri che ha già spiegato che la riserva verrà sciolta soltanto dopo aver visto come saranno andati gli US Open. Insomma, che un occhio Jannik l’abbia buttato anche sul calendario ATP non è un mistero: quando si viaggia così in alto, scendere a compromessi a volte è inevitabile. Anche se questa rinuncia fa un male cane, e a ben vedere un po’ a tutti.

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