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Giro d'Italia, il pagellone dell'edizione 107: Pogacar alieno, Narvaez e Alaphilippe emozionano, Milan e Merlier pari e patta

Pogacar "salva" la corsa, Narvaez e Alaphilippe sempre all'attacco. Milan e Merlier da applausi, l'Italia sorride con Tiberi e Pellizzari

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Alla fine tutto è andato secondo le previsioni: Tadej Pogacar munifico e senza rivali, Martinez e Thomas puntuali sul podio che li chiamava (seppur a distanza siderale dal gradino più alto), Milan e Ganna che la pagnotta se la sono portata a casa e tanti giovani pronti a lanciarsi sul palcoscenico del ciclismo che conta. Il Giro edizione 107 non ha deluso le attese: certo, senza Pogacar sarebbe stata una corsa che più anonima non avrebbe potuto essere (e che rimpianto aver perso Van Aert a un mese e mezzo dal via), ma alla fine i conti sono tornati e questa è (per l’appunto) l’unica cosa che conta. Con vincitori e vinti che meritano un approfondimento.

Giro d’Italia, il pagellone: Tiberi e Pellizzari speranze azzurre

  • POGACAR 10 E LODE. Che fosse di un altro pianeta per la carovana presente in corsa non era certo un mistero. Pogi però ha fatto di più: ha dominato dall’inizio alla fine, pagando dazio soltanto a uno strepitoso Narvaez sul traguardo di Torino (altrimenti avrebbe fatto come Bugno nel 1990, maglia rosa dalla prima all’ultima tappa). Ha avuto un pregio enorme, Tadej: pur cannibalizzando la corsa, ha saputo farsi amare, rispettare e apprezzare da tutti, in corsa come fuori. Ha salvato letteralmente un Giro che aveva perso i pezzi prima di cominciare, regalando perle favolose come la rimonta a cronometro su Ganna a Perugia, le imprese solitarie a Oropa, sul Mottolino e sul Grappa e prodigandosi anche a lavorare per i compagni. Campione a tutto tondo, volto bello e pulito di un ciclismo che piace. E adesso tutti faranno il tifo per lui al Tour, dove tenterà una doppietta che manca dal 1998, cioè da Marco Pantani. Impossibile non volergli bene, impossibile non ringraziarlo.
  • JHONATAN NARVAEZ 8,5: l’ecuadoriano veniva da un periodo terribile, segnato da problemi e infortuni, ma al Giro è sembrato letteralmente rinascere. S’è preso un lusso enorme mettendo la propria ruota davanti a quella di Pogacar a Torino, conquistando la prima (e unica) maglia rosa della corsa. Poi ha tentato almeno altri tre affondi: a Napoli è stato ripreso a 50 metri dall’arrivo (e tutti tifavano per lui), poi c’ha privato altre due volte partendo da lontano e dimostrando di avere cuore e coraggio. Un Giro vissuto da protagonista vero che gli è valso (forse) una chiamata dalla UAE nella prossima stagione: meglio di così…
  • JONATHAN MILAN 8: l’altro volto copertina del Giro, maglia ciclamino d’imperio e grande protagonista delle volate. Anche se Milan avrebbe potuto vincerne di più: le tre vittorie di tappa valgono tanto, ma forse hanno fatto più rumore quelle che non è riuscito a vincere (passi l’ultima a Roma, dove comunque ha fatto un’impresa clamorosa arrivando secondo). Deve ancora perfezionare qualche meccanismo, ma di sicuro Milan è al momento nella top 3 degli sprinter in circolazione assieme a Merlier e Jasper Philipsen. Ora tornerà a concentrarsi sulla pista, perché l’Olimpiade è il vero obiettivo estivo, tanto da fargli rinunciare anche al Tour. Dove pure prima o poi andrà a battagliare per puntare alla maglia verde.
  • TIM MERLIER 8: meno appariscente di Milan, ma dannatamente più concreto. Tanto che alla fine riesce persino a pareggiare il conto delle tappe vinte (finisce 3 pari). Merlier sta conoscendo davvero una grande fioritura negli arrivi in volata: aveva mandato segnali all’UAE Tour, ha risposto da par suo al Giro, riuscendo a sfruttare ogni minima defaillance del friulano. Bella presa per la Soudal Quick Step, che adesso sa come dire la sua anche nelle volate.
  • ANTONIO TIBERI 7,5: era alla prima corsa a tappe di tre settimane doveva aveva un ruolo da capitano conclamato, e Tiberi ha risposto presente. Pagando una giornata di crisi a Livigno, ma poi dimostrando di avere grinta da vendere. Sempre presente con i migliori negli arrivi che contano, è stato l’unico che nell’ultima settimana ha provato a far saltare il banco nel Giro “degli umani”. Questo Giro era un test per capire a cosa potrà ambire in futuro: prova superata per il (quasi) 23enne, con tanti preziosi insegnamenti di cui far tesoro e una maglia bianca da mostrare a casa (che non era cosa scontata).
  • JULIAN ALAPHILIPPE 7,5: dopo una primavera passata a rispondere alle critiche di Lefevere e di chi non aspettava altro per dire che fosse finito (senza sapere che stava correndo con un perone fratturato…), LouLou arriva al Giro e puntualmente rifiorisce. È in tutte le fughe che contano, non molla mai neanche per un metro, dimostra di avere la stoffa del campione e si prende una tappa meravigliosa a Fano, domando i muri marchigiani. Una risposta bellissima per ribadire a tutti che c’è ancora vita sul pianeta del moschettiere.
  • DANIEL MARTINEZ 7: primo podio in un grande giro, anche se poi quei 10 minuti di ritardo da Pogacar la dicono lunga su quella che è stata la sua corsa. Il colombiano ha vivacchiato di rendita: Thomas s’è mostrato un gradino più sotto a quello ammirato l’anno precedente e lui ha semplicemente controllato la situazione, accontentandosi di arrivare secondo senza mai dare la sensazione di voler affondare il colpo. Un podio al Giro è sempre un podio al Giro, però…
  • GIULIO PELLIZZARI 7: il futuro è dalla parte di questo giovanotto marchigiano, l’atleta più giovane di tutta la carovana rosa, che non appena la strada comincia a salire dimostra di avere le gambe giuste per provare a spingersi oltre i propri limiti. Un battesimo di fuoco al Giro, con Pogacar che due volte gli nega la gioia di una vittoria di tappa pur provando a portarlo al traguardo con sé. Non tutti possono dire di aver impressionato lo sloveno in così poco tempo: Giulio è un altro pezzettino di futuro del ciclismo italiano. E andrà gestito come si deve per crescere bene

Giro d’Italia, il pagellone: Thomas e Ganna, sufficienza stiracchiata

  • GERAINT THOMAS 6,5: dopo la delusione cocente di un anno fa, il britannico torna sulle strade della corsa rosa e si prende un altro podio, stavolta dal sapore decisamente diverso. Thomas dimostra di essere ancora un signor corridore, ma paradossalmente mostra difficoltà sul suo terreno preferito (cioè a cronometro) dove non fa la differenza. L’ultima settimana paga dazio alla fatica e rischia di scivolare in classifica, ma si salva con esperienza. Terzo e contento: in mezzo a tutti questi giovani, GT sa ancora stare al posto che gli compete.
  • FILIPPO GANNA 6: la sufficienza alla fine arriva, anche se Top Ganna non può dirsi del tutto soddisfatto. Perché la crono di Perugia gli scappa via dalle mani negli ultimi km, quando Pogacar aziona il motore e in salita fa la differenza. Sul Garda però Filippo non vuole sentire storie e aumenta sensibilmente i giri del proprio motore, dominando e poi lasciandosi andare anche a un po’ di commozione. Resta sullo sfondo anche la sparata di Andora, dove tenta di anticipare il gruppo, sfiorando l’impresa. Poi lavora per Thomas e Arensman, ma senza dannarsi l’anima. L’importante sarà far tornare i conti a Parigi: quello è il vero obiettivo.
  • OLAF KOOIJ 6: non era arrivato al Giro in grandi condizioni, eppure alla fine una zampata l’ha data a Napoli, nel giorno della (quasi) impresa di Narvaez. C’era comunque affollamento nelle volate, ma l’olandese ha già fatto capire di voler stare al passo con i migliori da qui agli anni a venire. E dire che per la Visma questo Giro è stato davvero stregato: senza Van Aert e con Uijtdebreoeks a casa dopo poche tappe, fino a Roma è stata un’agonia.

Giro d’Italia, il pagellone: bocciati Bardet, Loepz e Ewan

  • BEN O’CONNOR 5,5: era atteso tra i papabili per un posto sul podio, ma a conti fatti non ha mai dato la sensazione di poterci salire. Il quarto posto finale ha il sapore di un volersi accontentare, anche se poi nelle ultime tappe di montagna ha finito per staccarsi più di una volta e preferire andarci cauto. Poteva e doveva osare di più.
  • LORENZO FORTUNATO 5: peccato non aver rivisto il Lorenzo che tre anni fa trionfava sullo Zoncolan, dando la sensazione di essere pronto per alzare l’asticella e diventare un uomo da classifica. Stavolta proprio le gambe non ne vogliono sapere di girare: ci restano male all’Astana, la squadra che gli ha dato fiducia, sin qui decisamente non ripagata.
  • ROMAIN BARDET 4,5: in un Giro dove nessuno dei big di classifica sembrava così irreprensibile o inattaccabile, il francese si ritrova a caracollare lontano dalla top 5. Davvero imperdonabile: spreca una grossa occasione per andare sul podio, vivendo davvero tre settimane difficili. Le immagini sul Pinei, a bocca spalancata e con la bava penzolante, sono la cartolina che ne certifica il crollo. Forse è stata l’ultima recita al Giro: chissà se davvero a fine stagione non deciderà di ritirarsi…
  • JUAN PEDRO LOPEZ 4,5: chi l’ha visto? Un mese fa al Tour of the Alps aveva messo tutti nel sacco, mostrandosi fortissimo in salita. Qui già a Oropa si capisce che la musica è cambiata: i big salgono e lui si stacca, e da quel momento comincia un autentico calvario. Male, anzi molto male.
  • CALEB EWAN 4: arriva fino a Roma perché vuol provare a vincere una volata, ma non trova mai neppure una top 5. Incredibile il crollo del tasmaniano, che in pochi anni è passato dall’essere il terrore di ogni velocista a semplice comparsa. A 29 anni, aver imboccato tanto repentinamente la via del tramonto è davvero preoccupante.

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